Leggere con singolare leggerezza Storie di trine e di filet di Rosaria Anna Rita Zammataro, ed. Albatros, 2025, offre un viaggio coinvolgente in un tempo relativamente lungo, animato e solcato da persone che, empaticamente, diventano care al lettore tanto da creare un legame accostante e trepidante per la loro sorte.
La narrazione è una saga familiare i cui personaggi coprono un periodo storico di circa 150 anni, dal 1830 al 1951. E operano, in precisi contesti storici abilmente indicati, soccombendo o reagendo agli eventi lieti o tristi con una dignità singolare.
I personaggi entrano nella storia in modo immediato, con pennellate di descrizioni fisiche. Ma con un profilo morale e caratteriale forte che il lettore coglie dalla forza delle loro decisioni espresse o agite, oppure dai loro silenzi loquaci ed eloquenti.
Dallo stile delle relazioni interpersonali, infatti, si evince la loro personalità. L’autoritarismo di Giovanni Cauchi (dimentichi mia figlia Maria, non è per lei) sparata in faccia al giovane innamorato Giuseppe. La silenziosa obbedienza della moglie Candida Vella nel comunicare alla figlia l’impossibilità di alimentare quell’amore. La tenerezza dei familiari di Giuseppe nell’accogliere e rispettare la maltese quando sola decide di seguire un sogno.
E quando si impone un cambiamento di vita con sconvolgenti trasferimenti da Riposto a Napoli e viceversa o addirittura in Argentina, risalta la forza dell’affetto e dell’amore che lega i protagonisti della storia. E tra le righe affiorano il rispetto, la fiducia, il senso di protezione familiare.
L’amore fil rouge di “Storie di trine e di filet”
Il filo rosso che lega tutti i personaggi è l’Amore, come la stessa autrice dichiara nell’ultima pagina dedicata al lettore. L’amore manifesto nell’affrontare e curare la quotidianità con i suoi gravami. Amore nel rispettare le tradizioni per farle resistere al turbinio delle innovazioni. L’amore nel rievocare ricordi e usanze, amore nel dono di sé.
Assieme all’Amore, declinato appunto nella compostezza dei sentimenti, nella cura di una nonna anzi delle nonne, nella fedeltà coniugale, nel sincero legame fra fratelli costretti a spostarsi, a vivere lontano, un altro elemento prepotente, espresso in modo discreto, quasi silente, è la mitezza. Una virtù dialogica che si esplica nei rapporti interpersonali.
La mitezza viene fuori con sobrietà. Non è sottovalutazione di sé o un modo per accettare la “teoria dei vinti” di verghiana memoria. Ma un atteggiamento composto di rispetto e di condivisione dei problemi che, come dice il filosofo Norberto Bobbio, ”è talento, virtù, femminile e non propriamente maschile”.
Anche nello sconforto, nella malinconia assoluta, nei turbamenti più desolanti come la tragica morte di Giuseppe, sposo amatissimo, non c’è mai disperazione. Maria, e come lei altri personaggi, nella temperie di gravi accadimenti, prendono in mano la propria vita e quella dei familiari. E testimoniano come “il mite è l’uomo di cui l’altro ha bisogno per vincere il male dentro di sé” (N. Bobbio).
La mitezza non è remissività, “Nina trova una carezza al suo cuore con Saro”, ma la virtù di chi sa donarsi e di chi si impegna a controllarsi e a guardare oltre l’orizzonte. E in questo, oltre a sottolineare i sentimenti di meraviglia che la scoperta del nuovo suscita in Candida a Napoli, si scopre la duttilità di Candida e Gemma alla corte della baronessa Caracciolo, da dove traggono vantaggiosi apprendimenti che non cancellano o assottigliano la bontà con cui Candida a Napoli accarezza o pulisce gli occhi a bambini poveri che non hanno ricevuto amore.
“Storie di trine e di filet”, storia di donne determinate
Il forte senso di appartenenza alla famiglia perché “l’unione fa la forza” è il collante nelle varie temperie. E la resilienza permette di sopportare, perché accolti, i cambiamenti epocali o il “trasferimento in altra terra”, sia in senso fisico sia in diritti e responsabilità.
Il pregevole mondo di pizzi e merletti, a cui le ragazze sono avviate in tenera età, senza rimpianti o rifiuti per una cultura fortemente radicata, si trasforma in nuove aspirazioni.
Le nuove generazioni si fanno contaminare dal nuovo, dalla cultura, dai libri, dallo studio e, nel contesto sociale, diventano risorse preziose.
Lo studio e il confronto portano una nuova mentalità e Rita non ha fretta di trovar marito, quanto quella di raggiungere un grado di autonomia e libertà. Pensare liberamente, pur entro certi confini, apre la possibilità di seguire un sogno per la propria autodeterminazione. E permette “di contribuire, democraticamente attraverso il voto di donna, alla nascita di nuovi corsi giuridici di parità”.
Come conclude l’autrice, questo libro è la storia di donne straordinarie che hanno saputo tener banco negli anni. E, come in un gioco a staffetta, hanno corso con forza inesauribile per alimentare i legami: Fortunata non volle più lasciare né la nonna né Riposto.
Un profondo approfondimento meritano le due composizioni. La forte presenza nella sua assenza effonde luce e speranza, e nella certezza dell’attesa diventa sostegno tangibile e stella che illumina ogni passo della vita.
Cettina Scavo