Lo sport che non vogliamo: il caso di doping in India

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Lo sport è tutto passione e valori, sulla carta. Ma il caso di doping in India ci riporta alla triste realtà: ad uno sport che non vogliamo e non ci meritiamo.

Una vicenda assurda

Il doping nasce insieme allo sport e, purtroppo, ormai neanche stupisce più che qualche atleta si dopi. Stupisce, però, come il dopaggio possa diventare un fenomeno di massa e provocare la fuga di molti atleti. Questo è quello che è successo ai campionati di Atletica di a Dehli, in India all’arrivo degli ispettori antidoping.

Ha davvero dell’incredibile, infatti, la vicenda che ha visto coinvolti oltre il 50% degli atleti impegnati al Campionato federale di Atletica di Delhi, svoltosi dal 23 al 26 settembre. È proprio in questa occasione che si sarebbe registrata la più grande fuga di atleti della storia dello sport. Il motivo? I controlli antidoping.

Tantissimi atleti, infatti, durante l’ultimo giorno di competizioni, avrebbero lasciato il campionato per via della paura dei controlli antidoping che erano stati resi necessari a seguito di un video diventato poi virale, in cui si mostrava un bagno dello stadio pieno zeppo di siringhe di Eritropoietina. A richiedere i controlli erano sati gli stessi organizzatori e  il segretario della Delhi Athletics Association Sandeep Mehta che afferma: «Avevamo scritto alla NADA il secondo giorno della competizione chiedendo loro di venire per i test».

I tentati controlli

A seguito della richiesta, ben ventisei medici si sarebbero presentati allo Jawaharlal Nehru di Dehli per dei controlli a sorpresa durante le gare del 26 settembre. Molti, però, sono dovuti rimanere con le mani in mano visto che oltre il 50% degli atleti si sarebbe improvvisamente ritirato dalle competizioni e, addirittura, anche dalle cerimonie di premiazione. E se molti agenti non hanno potuto lavorare, qualcuno ha dovuto molto sudare per svolgere il proprio lavoro. È il caso di uno dei medici che ha dovuto rincorrere un’atleta per poterla sottoporre ai test. «Nella corsa a ostacoli junior, una ragazza ha continuato a correre anche dopo aver tagliato il traguardo. Un agente del controllo antidoping ha dovuto inseguirla per ottenere il suo campione», questa la testimonianza di un allenatore senior all’Indian Express.

Una situazione a dir poco preoccupante e assolutamente fuori controllo in India come ricorda il presidente della Delhi State Athletics Association, Sunny Joshua, che ha ribadito come lui e gli altri organizzatori non potessero fare molto: «Il nostro compito è educare gli atleti e gli allenatori, ma non possiamo monitorare costantemente cosa stanno facendo durante gli allenamenti o alle nostre spalle». Nonostante l’impossibilità di prevenire certi atteggiamenti, però, gli organizzatori sembrano sicuri delle conseguenze che verranno prese. «Ci sono anche alcuni lanciatori che sono scomparsi prima della competizione e tutti avrebbero dovuto essere testati dalla NADA. – ha affermato Sandeep Metha – Stiamo condividendo con loro i dettagli degli atleti che sono fuggiti. Se qualcuno di loro sarà testato positivo, lo bandiremo a Delhi e raccomanderemo alla Federazione indiana di atletica leggera di fare lo stesso».

L’atleta onesto in uno sport sporco

L’ “atleta onesto in uno sport sporco”, così è stato chiamato Lalit Kumar. Il ventenne indiano è, infatti, diventato un eroe sui social dopo aver corso la finale dei 100 metri da solo. Tutti e sette i suoi avversari si erano infatti improvvisamente ritirati dalla gara durante la finale dei 100 metri maschili. I motivi dichiarati erano stati crampi o problemi muscolari all’ultimo minuto. E cosi, il giovane atleta era rimasto da solo a correre la finale. «Un solo ritiro strano è comprensibile, ma quando sette corridori si ritirano, sai che c’è qualcosa di sospetto». Questo il commento di Sandeep Mehta alla Reuters.

Lalit -alla sua prima esperienza nella categoria senior e, visto i suoi tempi, assolutamente sfavorito – non aveva idea che sarebbe stato l’unico a scendere in pista e pensava di non avere alcuna speranza in finale come aveva detto anche al padre la sera prima della gara. Solo dopo essere arrivato in campo aveva capito che avrebbe corso da solo. «Avevo sentito che la NADA sarebbe venuta a testare gli atleti, ma non era mai successo prima e quindi non ci ho pensato troppo. Ma la mattina ho visto i loro ufficiali e mi sono reso conto che non c’era nessuno dei miei avversari».

Il fatto di correre da solo, oltre all’evidenza di farlo vincere, ha però inevitabilmente inciso sulla sua prova. Lalit ha infatti corso in uno dei tempi più lenti della sua carriera: 11,6 secondi. Come spiegato dallo stesso atleta «È strano correre da solo. Non senti alcuna pressione. Non sai nemmeno quanto velocemente stai andando».

Comunque, la corsa solitaria e pulita di Kumar lo ha davvero reso agli occhi di tutti come un «atleta onesto in uno sport sporco». Per questo la Federatletica di Delhi ha dichiarato di aver deciso di assegnare a Kumar una medaglia anche se era l’unico corridore nella finale e il regolamento non lo prevede per gare con meno di tre partecipanti. E Kumar questa medaglia se la merita perché la sua faccia pulita ci permette di credere ancora che il vero sport, quello che ci meritiamo, esiste.

 

Noemi Di Benedetto

 

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