Politica internazionale / Delude l’amministrazione di Trump nei primi sei mesi di mandato

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Donald Trump

Il presidente americano Donald Trump ritornato in carica il 20/01/2025 per il secondo ed ultimo mandato alla Casa Bianca, ha subito sorpreso – e ciò continua tuttora – i suoi sostenitori e i simpatizzanti di qua o di là dell’Atlantico. Le azioni e le scelte del capo dell’Esecutivo sorprendono proprio perché sembrano non essere in linea con le promesse e gli impegni assunti con l’elettorato repubblicano durante la campagna del 2024.
E sembrano anche in netto contrasto con lo spirito della prima Presidenza Trump. Motivo dunque ancora più evidente di delusione di promesse o d’impegni. Analizziamo allora brevemente alcuni aspetti, sia per la politica interna che per quella estera. Tenendo però presente che “tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”. E quel cambiamento della politica in generale, rispetto ai democratici di Biden, nella sostanza delle cose, almeno fino ad oggi, non si è affatto notato.

La politica interna: i migranti ed i lavoratori irregolari negli Stati Uniti

Trump, in campagna elettorale, si è speso molto su queste problematiche. Ha affermato, senza giri di parole, che gli immigrati irregolari sarebbero stati scoperti e rimpatriati. Ma, molti di costoro, continuano ad essere inviati a Guantanamo e là detenuti senza processo, senza garanzie di poter esercitare il diritto di difesa per le accuse tutte da dimostrare.
Tale trattamento verso i migranti non è riconducibile solo a questa attuale Amministrazione. In precedenza, era stato riservato anche da Esecutivi di marca democratica (Obama, Biden). Obama aveva, a suo tempo, promesso la chiusura della prigione di Guantanamo. Ma poi non fece nulla.

Trump
(Tutte le foto sono tratte da Agensir)

Gli studenti contestatori

Un altro argomento dell’agenda presidenziale – che ha parimenti attratto precise critiche all’Amministrazione – è stato il trattamento messo in campo contro gli studenti di alcune Università, (Harvard in primis). Sospettati, questi, di avere esposto critiche alla guerra israeliana di Gaza e ad Israele. Poichè le critiche esposte dagli studenti non sono sembrate in linea con gli obiettivi dell’Amministrazione su Gaza, e verosimilmente sullo scandaloso sostegno al governo israeliano, la Casa Bianca ha cercato di intervenire sui professori e sul Rettore affinché, almeno gli studenti stranieri, fossero rimpatriati nei rispettivi Paesi d’origine.
Un giro di vite dunque inappropriato ed inaccettabile. Che ha visto l’Amministrazione sanzionata dalla magistratura americana, su una questione tanto fondamentale riguardante la libertà del dissenso in un Paese democratico. Non è escluso che si possa giungere fino alla Corte Suprema Federale.

La Guardia nazionale ed il suo intervento nei disordini in California

Per quanto concerne la federalizzazione della Guardia nazionale – nel caso dei disordini in California – e perfino il minacciato uso dell’Esercito, occorre precisare che le critiche dei mass media a Trump non sembrano appropriate. La Costituzione americana concede questi poteri al presidente.
C’è anzi, una tradizione di presidenti che ha fatto uso della cosiddetta Sezione 12406. Da Eisenhower in Arkansas nel 1957, a John Kennedy in Mississippi nel 1962 ed in Alabama nel 1963. Da Lyndon B. Johnson in Alabama nel 1965, a George H.W. Bush a Los Angeles, nel 1992. Il presidente Kennedy federalizzò la Guardia nazionale dell’Alabama contro il governatore George Wallace, democratico di destra e razzista, che impedì a due studenti stranieri di accedere all’Università, nonostante ne avessero i requisiti. Episodio che si colloca nel contesto delle marce pacifiche sui diritti civili di Martin Luther King.

I dazi doganali

L’annuncio dell’introduzione di dazi doganali sull’importazione negli Stati Uniti di alcuni prodotti per difendere lo sviluppo del commercio interno dei prodotti americani è stato una sorta di telenovela della Casa Bianca. Dazi prima annunciati, poi sospesi, poi nuovamente introdotti con altri Paesi e via dicendo. Declamazioni che hanno mostrato all’esterno la sussistenza di dubbi, incertezze e vedute contraddittorie all’interno dell’Esecutivo. E fra i diversi consiglieri.

Occorre dire che i dazi potrebbero essere accettabili solo come strumenti economici temporanei e non certo permanenti. Sarebbe, in ogni caso, un fatto piuttosto anacronistico. D’altro canto, la reazione dei mercati finanziari e della Borsa americana non è stata affatto positiva. Cosa che giustifica ampiamente le incertezze dell’Amministrazione. Non sono però fatti senza precedenti: ne fece uso Nixon nel periodo in cui dovette fronteggiare la crisi dell’oro.

I precedenti sui dazi

Sul tema dazi, Nixon forse è il predecessore a cui Trump fa riferimento. Ma, anziché seguire l’indirizzo di Nixon su questo tema, l’attuale capo della Casa Bianca dovrebbe, piuttosto, rileggere il grande messaggio che un altro – e ben più autorevole, ammirato, amato ed indimenticato suo predecessore, – il presidente Kennedy fece il 4 Luglio 1962, all’Indipendence Hall di Philadelfia.
Sui rapporti complessivi (non solo economici), tra gli Stati Uniti e l’Europa da un lato, e poi tra gli Stati Uniti e l’Europa insieme ed il resto del mondo, dall’altro lato.

Cosa affermò il Presidente, eroe e martire della “Nuova Frontiera”, di grande attualità ed importanza ancora oggi? Intanto, l’interdipendenza atlantica. Stati Uniti ed Europa uniti nella stessa forma democratica di governo. Ma anche nella diversità di sistemi politici, amministrativi ed istituzionali. Quindi, società o associazione euro-atlantica nei comuni interessi. Esse erano le aree della difesa comune, dell’aiuto alle nazioni povere, delle soluzioni prospettabili per i problemi monetari e delle esportazioni e, in generale, per tutti i problemi dell’economia, della diplomazia e della politica.

In conclusione, in una riflessione lungimirante e profetica, constatò che “agendo di nostra iniziativa, noi non possiamo instaurare la giustizia nel mondo, non possiamo assicurare la tranquillità interna, né fornire la difesa comune, né promuovere il benessere generale …. uniti possiamo attuare un mondo nel diritto e nella libera scelta, ponendo al bando il mondo della guerra e della costrizione”. Vedi nota in calce (1).

Una grande e nobile allocuzione che già, nel lontano 1962, toccava i temi nevralgici dell’economia, della democrazia, del diritto e della pace. Allora, i problemi che l’Esecutivo attuale attraversa, non potranno dunque che essere visti come iniziative-tampone ed in una visione della realtà piuttosto limitata. Per convincere i Paesi ad accollarsi, sic et simpliciter, parte del debito pubblico americano. Oppure accettare, in cambio, i dazi doganali. I problemi comuni mondiali si risolvono dibattendoli tutti insieme, a livello mondiale, confrontando le diverse opinioni politiche. Nella varietà della ricerca di soluzioni accettabili per tutti.

Considerazioni conclusive

Per quanto dimostrato, almeno in questo primo semestre, dall’Amministrazione, le sue azioni sembrano improntate piuttosto a superficialità, approssimazione, errori di diritto evidenti. Ma quello che è più grave, è il timore che con un intervento militare diretto degli Stati Uniti in Iran, l’Amministrazione Trump possa gravemente danneggiare l’immagine di sé (e naturalmente degli Stati Uniti) che fino ad ora ha mostrato al mondo. Di questo argomento, facciamo riserva di trattarne in maniera analitica ed approfondita, prossimamente.

Sebastiano Catalano
Giovanna Fortunato 

(1)– John Fitzgerald Kennedy, Il peso della gloria, Mondadori, 1964, 158.