Spettacolo e fede – 2 / Agata, la Santa fanciulla: storia di un martirio ancora attuale

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L’accostamento di due periodi storici lontani, la Seconda Guerra Mondiale e il III sec. d.C., accomunati dal fatto di essere entrambi lo scenario di “un martirio”, esercitato su tante vite umane il primo, su una soltanto, sulla vita di “Agata, la Santa fanciulla”, il secondo, ha caratterizzato la singolare maniera di mettere in scena la vicenda della Santa tanto venerata a Catania e di cui, proprio in questi giorni, cade la ricorrenza religiosa.
Nelle scorse settimane ne è stato rappresentato il dramma sacro nella chiesa della Badia di Sant’Agata, con la regia di Giovanni Anfuso.
Un parallelismo, come detto, tra due momenti: nel secondo conflitto mondiale agiscono gli attori per salvare il tesoro della Santa e fare in modo che rimanga nella terra di Sicilia, scongiurandone il trafugamento. Una scelta di intrecciare due fasi cronologiche che si toccano, si alternano, si riuniscono con il fine di mettere in evidenzia la storia di Agata.
Pochi personaggi ne caratterizzano l’articolarsi degli eventi e ciascuno di loro si muove rispettando lo spazio materiale assegnatogli. La Badia, infatti, offre un ambiente circoscritto ma di grande bellezza artistica che diventa preziosa cornice per lo sfondo della storia. Nella navata centrale, a ridosso dell’altare, si muovono i personaggi: la badessa, Barbara Gallo, la giovane Antonietta, Giulia Antille, il cavaliere Pennisi, Ivan Giambirtone, il proconsole Quinziano, Davide Sbrogiò e Agata, Giulia Messina.
La ricerca di ulteriori punti in cui poter snodare le vicende ha portato a sfruttare anche i piccoli balconcini interni, chiusi con le grate in ferro, sporgenti lateralmente dal piano superiore all’interno della chiesa, dietro le quali un tempo le suore di clausura assistevano alla celebrazione della messa. Da lì alcuni dei personaggi hanno fatto sentire la loro voce, interessata in dialoghi concitati, ed intravedere la loro figura.
A contribuire a creare l’atmosfera delle diverse situazioni le luci: bianche nei momenti dei colloqui, gialle per accendere maggiormente le scene e dare un’indicazione temporale, quale il mezzogiorno, e rosse per i momenti di trasporto e di comunicazione di un sentimento di sofferenza, sottolineati dalle frasi “urlate” del gruppo di ragazzi che accennavano passi di danza e accompagnavano il momento centrale del martirio della Santa. “Ma lui tutto disprezza”, dichiaravano, con voce decisa, riferendosi a Quinziano, che nulla temeva e continuava ad inveire contro Agata. I movimenti ben calcolati degli attori lungo la navata centrale avvicinavano le loro figure agli spettatori, creando una rappresentazione che non ha proposto limiti o nette separazioni fisiche tra gli stessi.
Una storia rappresentata tra i fatti noti e le invenzioni teatrali, che ha riguardato la Santa, le sue reliquie e il tesoro a lei legato, ma soprattutto la forte unione ed il trasporto nei suoi confronti della città di Catania. Una vicenda riproposta con corredi scenici essenziali ma con la scelta di momenti, frasi, e situazioni precise atte a  coinvolgere lo spettatore.
A completare il cast gli attori Angelo D’Agosta, Elena Ragaglia, Davide Pandolfo, Alberto Abbadessa, Renzo Conti, Francesco Rizzo, Rosa Lao, Francesca Castro, Michela Di Francesco, Anna Gagliano, Roberta Lazzaro, Giordana Montesilvano, Rachele Ruffino e Darwin Michener Rutledge. Si è occupato di scene e costumi Riccardo Capello, ha curato la musica Nello Toscano, ha realizzato la coreografia Fia Distefano mentre ha contribuito alla regia Agnese Failla.

Rita Messina

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