Testimonianza / La Terra Santa vista con occhi diversi, laddove Gesù nasce e muore ogni giorno

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Forse la Terra Santa si può visitare in due modi: o visitando semplicemente i luoghi dove Gesù è nato, ha predicato ed è stato crocifisso, alla scoperta dell’Uomo-Dio che ha riscattato l’umanità dal peccato; oppure cercando di trovare, negli stessi luoghi, dove Gesù continua ad essere presente, a soffrire, a identificarsi nelle persone che vivono in quei posti, posti che – purtroppo – non sono luoghi di pace ma di guerra, dove si continua a scontrarsi per orgoglio, per superbia, per quella sete di possesso e di conquista che ha sempre caratterizzato l’animo umano.

Francesca, originaria di Santa Venerina, mamma di due figli già grandi (un maschio ed una femmina), catechista, volontaria fortemente impegnata, studiosa di teologia, ha visitato poche settimane fa quei Luoghi Santi, alla ricerca di Cristo – sì – ma anche dei fratelli che continuano a soffrire, in situazioni di disagio e di difficoltà d’ogni genere, soprattutto i bambini. A pochi giorni dalla Pasqua vi proponiamo la sua testimonianza.

“Come alcuni di voi sanno, sono appena rientrata da un viaggio in Terra Santa sulle orme di Gesù, insieme a Paolo Curtaz. Al di là dei siti storici ed archeologici che testimoniano il passaggio certo di nostro Signore su questa terra, ho avuto modo di vedere anche dove nasce e vive Gesù oggi, e in parte ho capito perché il nostro Dio dell’impossibile ha deciso di incarnarsi e vivere in un paese così complesso e contraddittorio. Così sono arrivata nella striscia di Gaza, a Ramallah, e ho visitato alcuni campi profughi abitati da palestinesi. Al di là di ogni posizione politica, ho toccato con mano una realtà sconvolgente. A Betlemme ad esempio, non lontano dalla basilica, ho visto che Gesù nasce ogni giorno.

Ospedale di Betlemme

Ho visitato un ospedale pediatrico, il ‘Caritas baby hospital’, che è l’unico in Cisgiordania. I bambini palestinesi bisognosi di cure vengono assistiti al di là della loro etnìa o religione. Certo non è possibile sottoporli ad interventi chirurgici importanti e in questi casi l’ospedale deve chiedere un permesso ai militari israeliani e uno all’ospedale israeliano che deciderà se accogliere o no il paziente. I requisiti per ottenere i permessi sono diversi, ad esempio è necessario che nessun familiare diretto o indiretto del bambino sia stato ucciso per mano dei soldati israeliani o coinvolto in attività anti governative. Bisogna trovare un’ambulanza palestinese che porti il bambino fino al check point e una israeliana che lo carichi fino all’ ospedale. Ma la cosa che più mi ha colpito è che gli ospedali israeliani non accettano bambini con gravi patologie perché in caso di morte rovinerebbero le loro statistiche di sopravvivenza. Così i bimbi gravi vengono abbandonati al loro destino. Le tre suore dell’ospedale aiutano le mamme che hanno partorito alla vita a ‘partorire alla morte’, e preparano i bambini a questo momento guidandoli verso la gioia del paradiso e la certezza della resurrezione. Non potete immaginare cosa ho provato sentendo le loro testimonianze.

Un’insolita immagine di sister Lucia (del Caritas baby hospital), serena e sorridente

Comunque, per farla breve, suor Lucia mi ha incaricato di diffondere questa realtà. Inoltre mi ha invitato a partecipare al Rosario che recitano in ospedale ogni venerdì alle 17.30 (in inverno) e alle 18 (in estate) a favore di questi bimbi e delle loro famiglie. Mi sembra un bel modo per stare loro vicino. Inoltre l’ospedale vive di offerte e se qualcuno fosse interessato mi contatti pure e fornirò tutte le informazioni utili.  Grazie a tutti per l’attenzione, il Signore ci benedica.”

Francesca è partita da sola, e non è la prima volta che intraprende queste iniziative, spinta dall’entusiasmo e dal desiderio di potere essere – anche così – utile agli altri. Le chiediamo se ha in cantiere altri progetti del genere. “Mi piacerebbe tanto fare il cammino di Santiago”, ci ha risposto. “Anche questo da sola?”, insistiamo. “Certo!” è stata la pronta risposta.

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