“The fighter”, storia di un riscatto sul ring della vita

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La boxe è uno di quegli sport molto amati dal cinema. Fin dalle origini della settima arte, infatti, è stata il soggetto di tante pellicole e questo sport veniva utilizzato come metafora della vita, simbolo di chi deve lottare, fisicamente e psicologicamente, per prendersi una rivincita e arrivare a una qualche vittoria. Modelli insuperati in questo senso sono Rocky e Toro Scatenato di Scorsese, differenti eppure molto simili nel raccontare attraverso la boxe la caduta e la rinascita di un uomo. E negli ultimi anni si deve a Clint Eastwood la realizzazione di un film sulla boxe in cui il protagonista non è un uomo bensì una giovane e agguerrita donna. Anche se poi “Million Dollar Baby”, questo il nome della pellicola di Eastwood, prendeva tutta un’altra piega finendo per toccare un tema complesso come quello dell’eutanasia. Oggi una nuova pellicola torna a raccontare una storia in cui la boxe è il motore per risollevarsi e tornare sul ring della vita.

Tratto da una storia vera, “The fighter”, diretto da David O’Russel, racconta la storia di due fratelli, entrambi pugili, che vivono in una cittadina di provincia americana in cui la vita è magra di soddisfazioni. Il fratello più grande è l’idolo locale perché una volta ha messo al tappeto il grande pugile Sugar Ray ma subito dopo si è perso nel mondo distruttivo delle droghe, diventando un tossicomane. Il minore, che vive nell’ombra del maggiore, si fa allenare da lui e con la madre manager si fa organizzare incontri che però sono sempre impossibili. Quando finalmente riuscirà ad ottenere, per suo conto, un incontro serio per il titolo dovrà fare i conti con la sua famiglia e con le dinamiche complicate che la muovono.

Il film segue il classico schema delle pellicole sportive: allenamenti, incontri, sguardo nel privato, discesa e risalita. Ma il regista è bravo nel non cadere nei cliché del genere dando un’ambientazione realistica molto ben caratterizzata e puntando molto sulle dinamiche affettive e familiari. Inoltre l’interpretazione di Christian Bale, che recita il ruolo del fratello maggiore, è superlativa, non a caso gli è valsa un Oscar.

È la storia di un riscatto personale (il più piccolo sul più grande), sociale (un uomo proveniente da una cittadina che non ha molto da offrire) e umano (una persona capace di vincere i disagi in cui vive, senza però rinnegare le sue radici), una storia molto americana, in cui il messaggio finale è che se t’impegni e fai il massimo, riesci ad ottenere quello che vuoi. Ma c’è anche un altro tratto interessante della pellicola, il fatto che racconti una realtà di provincia devastata dalla noia, dalle droghe, dalla solitudine, in cui le famiglie si possono sfaldare ma che alla fine riescono in qualche modo a ricostruirsi e trovare così la forza per andare avanti. Un mondo desocializzato che a volte può creare “mostri” (come la madre dei protagonisti), ma che se si affida a valori veri (l’affetto, l’impegno, il coraggio, la solidarietà) può tornare a vincere sul “ring” della vita.

Paola Dalla Torre

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