USA / L’unità del Paese la prima sfida di Biden

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Il passaggio di potere tra il Donald Trump e Joe Biden alla guida degli Stati Uniti d’America è stato segnato da una giornata di proteste, disordini e violenze in diversi Stati degli Usa, culminata, dinanzi e dentro il Parlamento di Washington, in assalti e atti di vandalismo gratuiti, che hanno provocato la morte di cinque persone. Le proteste, i disordini e le violenze sono stati inscenati subito dopo l’ennesimo discorso nel quale il presidente uscente ha ancora una volta accusato il Partito Democratico di avere vinto le elezioni grazie a una serie di brogli.

Si è temuto per la tenuta democratica degli Usa

Si è temuto che i disordini e le violenze potessero sfociare in un vero e proprio colpo di Stato, mentre unanime, seppure con sfumature diverse, è stata la condanna in tutto il mondo. Il Parlamento ha quasi subito innescato la procedura per la messa in Stato di accusa di Trump, ufficializzata proprio nei giorni scorsi, per istigazione all’insurrezione. L’America entra in una fase delicata e incerta mentre saluta il successore.

Biden secondo Presidente cattolico

Intanto, la proclamazione di Joe Biden, il vincitore della corsa per il 2020, il 46° presidente americano, pone immediatamente in evidenza le peculiari caratteristiche del nuovo capo dell’Esecutivo statunitense: l’essere il più anziano tra gli eletti all’alta carica, con i suoi 78 anni, ed essere  anche la seconda  personalità al vertice della Nazione, a professare la fede cattolica, dopo John Fitzgerald Kennedy, il Presidente della “Nuova Frontiera“ dei primi anni ’60.

Joe Biden e Donald Trump

Dura campagna elettorale

Accanto a questi elementi importanti e significativi della sua biografia, è necessario ricordare pure i problemi organizzativi sorti in questa ultima, importante sfida elettorale per la Casa Bianca, combattuta ed aspra nei toni e nel dibattito politico, e dominata soprattutto dalle misure necessarie per far fronte all’emergenza del coronavirus.
Dopo l’esercizio del diritto di voto, il duro confronto tra i due schieramenti ha avuto un seguito anche nei cinque Stati in bilico (Pennsylvania, Georgia, Michigan, Wisconsin ed Arizona) con ricorsi ed iniziative giudiziarie, messi in atto dal Partito Repubblicano, che hanno avuto ampia risonanza, nazionale ed internazionale, e hanno accompagnato le fasi ed i passaggi, successivi alla manifestazione di voto del 3 novembre 2020, fino alla proclamazione o certificazione dell’operato dei grandi elettori, decisiva e definitiva del Congresso, il 6 gennaio 2021, giorno dei disordini e delle violenze ricordati.

Usa, Biden da subito riappacificatore

Occorre ricordare che il presidente eletto e non ancora insediato in carica, Joe Biden, ha colto subito l’essenza del problema, e cioè la primaria necessità che la polemica politica abbassi i toni e moderi la vis della disputa tra i gruppi contrapposti, così operando per un riavvicinamento delle posizioni, nell’interesse di contribuire allo studio ed alla soluzione di obiettivi comuni.

Usa, lunga serie di divisioni e violenze interni

Nel passato, il Paese è stato attraversato pure da gravi momenti di tensione e dura protesta politica: basti ricordare le lotte che accompagnarono l’ approvazione delle importanti riforme sui diritti civili, negli anni ’60, gli stessi moti di ribellione (che interessarono tutto il Paese) susseguiti all’assassinio del grande leader integrazionista dr. Martin Luther King jr, il 4 aprile 1968 a Memphis, ed anche le marce e le opposizioni al conflitto nel Vietnam, nella seconda metà degli anni ’60 ed all’ inizio dei ’70.

Richard Nixon, 37^ presidente degli Stati Uniti

Divisioni vi furono anche, con frustrazioni e polemiche politiche, nel corso del procedimento insorto per porre in stato d’ accusa il californiano presidente Richard Nixon e nella decisione dell’ allora capo della Casa Bianca di ritirarsi dalla scena politica, una volta ottenuto dal suo successore costituzionale, il presidente Gerald Rudolph Ford, il perdono giudiziario, nell’ agosto del 1974. In quel frangente, si parlò pure di Ford come del “ presidente della pacificazione “, dopo i veleni del caso Watergate, l’operazione cioè di spionaggio politico dei repubblicani ai danni del Partito Democratico, all’interno del Palazzo di Washington, allora sede del Comitato nazionale elettorale e dell’ Asinello nelle “presidenziali” del ’72.

Il precedente di Richard Nixon

Ma la situazione attuale, pur irta di ripicche e veleni politici, può sotto qualsiasi aspetto essere ritenuta simile o collegabile a quella del ’74, che portò al voto della Camera dei Rappresentanti, prodromico a quello del Senato che doveva condannare Richard Nixon se non avesse rassegnato prima le dimissioni da presidente? In quel caso, quello fu l’epilogo di una lunga e laboriosa inchiesta giudiziaria, avviata nei due anni precedenti.

Contro Trump procedimento ingiustificato

L’attuale procedimento accusatorio, con sollecitudine aperto dalla Camera dei Rappresentanti, contro il Presidente uscente Donald Trump ha tutti gli aspetti per essere ritenuto un altro atto di persecuzione politica contro il Capo dell’Amministrazione scaduta, ad una settimana circa dalla conclusione del mandato alla Casa Bianca. Nuove accuse, ingiuste, infondate ed inverosimili, come lo furono le precedenti. Il Paese è emerso da tutte queste lotte politiche pure condotte in modo spregiudicato, moralmente, socialmente e politicamente diviso. L’emblema, o se vogliamo, la prova di questa contrapposizione sociale è visibile nei risultati del voto per il rinnovo del Congresso. Il nuovo Senato è oggi perfettamente ripartito tra Democratici e Repubblicani, con 50 senatori per parte. Dal suo lato, Trump ha vivamente criticato, con argomenti e prove, all’esame degli organi inquirenti, l’esito delle elezioni nei cinque Stati che erano in bilico.

La ricerca di Dario Rivolta

Dario Rivolta ha riassunto in una interessante ricerca, pubblicata su Internet, i problemi sul tappeto, chiarendo che “la Corte Suprema Americana ha rigettato per una questione formale e senza entrare nel merito la richiesta del Texas e di altri Stati americani di bloccare la nomina dei delegati che poi il 14 dicembre dovevano convalidare l’ elezione di Biden.

Similmente e sempre per motivi formali, nessun tribunale statale ha convalidato la richiesta degli avvocati di Donald Trump di invalidare le elezioni in alcuni Stati dopo che vari testimoni avevano sostenuto di avere assistito a brogli sistematici“ e che “in tutta la storia degli Stati Uniti non era mai successo che un  presidente uscente che avesse aumentato i propri voti popolari rispetto alla prima elezione non fosse stato riconfermato (Trump nel 2020 ha ottenuto 11 milioni di voti in più del 2016)“, portando gli elementi che non confermerebbero i risultati elettorali ottenuti in Nevada, Wisconsin, Pennsylvania, mentre in Georgia sussisterebbero prove di irregolarità elettorali, indagate dall’ex procuratrice Sidney Powell (scrutatori che fanno sparire casse di schede).

Donald Trump parte lesa?

In base agli elementi d’accusa, il presidente uscente Donald Trump può o potrebbe con molta probabilità essere ritenuto parte lesa di un procedimento giudiziario, e non certo considerato addirittura soggetto attivo di reato, come pure ha invece ipotizzato la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, nel promuovere il procedimento d’impeachment, incardinato proprio, tra l’altro, alla scadenza del mandato del presidente uscente.

Trump avrebbe evitato guai peggiori?

In questo clima politico inclemente, anzi arroventato, attraversato da pesanti dubbi ed adombrato da consistenti sospetti, circa l’insoddisfacente esito, per i Repubblicani, dell’elezione presidenziale 2020, è possibile che sia balenato il convincimento, in qualche gruppo “ultras“ di manifestanti, ostaggio pure d’impulsi psicologici irrefrenabili, di dover promuovere addirittura l’assalto al Congresso e violare, così facendo, la sacralità delle Istituzioni democratiche americane.

John Fitzgerald Kennedy, 35^ presidente degli USA

È stato proprio il Presidente Trump che si è immediatamente attivato con l’ordine, impartito o ingiunto, ai dimostranti, di fare ritorno a casa, senza proseguire nella violenza vandalica. E proprio questa iniziativa, senza dubbio tempestiva del capo dell’Esecutivo, ha fermato altri possibili e più gravi ancora reati, ed ha impedito altre contestazioni probabilmente già programmate.

Trump lascia l’America in condizioni migliori?

Donald Trump lascia pertanto alla nuova Amministrazione il Paese in condizioni senza dubbio migliori, rispetto a quelle trasmesse in eredità dal precedente Esecutivo, nel 2016. La lotta alla disoccupazione, che è stata condotta in modo molto efficace e, nonostante il coronavirus, ha dato risultati importanti, ha collocato il fenomeno economico negativo, sotto la soglia del minimo storico degli ultimi 40 anni. I bassi tassi d’interesse e la riforma fiscale sono stati pure gli altri evidenti e più significativi e positivi risultati, del lavoro del Presidente Trump a vantaggio del popolo americano. In politica estera, l’Amministrazione uscente ha cercato e trovato una intesa con la Russia di Putin, sul problema del terrorismo medio – orientale, ed ha contribuito a debellare l’ISIS e soprattutto ha proposto un nuovo rapporto politico tra Israele e gli emirati arabi, da un lato, ed un nuovo rapporto collaborativo tra Israele ed il Bahrein, dall’ altro. Sono stati già tracciati quindi anche i piani per il ritiro delle forze armate americane, di stanza in Afghanistan ed Iraq.

Un’eredità assai pesante

Intorno a questi indirizzi programmatici dell’Amministrazione uscente, il nuovo presidente dovrà studiare globalmente le iniziative di politica estera da assumere e gli altri atti politici da collegare ad esse. Sul fronte dei rapporti con l’Europa e su quello, pure molto importante, delle risposte calibrate e coraggiose da organizzare per l’emergenza ambientale, Joe Biden è chiamato a sostenere, con più vigore di Trump, gli accordi climatici di Parigi, in linea con le iniziative già prese dalla Commissione Europea.

Sarà un corso molto diverso

Su questo versante, la nuova Amministrazione si muoverà certamente secondo le direttive impartite in precedenza da Obama. Per il resto, sui rapporti con l’Europa, l’ex senatore dello Stato del Delaware, abolirà i dazi e le tariffe doganali dell’ Amministrazione Trump ed attiverà un commercio internazionale più ampio e più libero, ed uno scambio con le altre nazioni del mondo sicuramente in linea con la filosofia economica del Partito Democratico e secondo l’interdipendenza tra le due sponde dell’Atlantico, che fu allora solennemente proclamata dal Presidente John Fitzgerald Kennedy, nel corso della cerimonia per la festa dell’indipendenza nazionale, a Filadelfia, il 4 luglio 1962.
I rapporti con l’Iran e con la Cina saranno riportati al livello tenuto nel periodo della Presidenza Obama.

L’incognita russa

Incertezze sussistono invece circa il mantenimento della promessa, prodotta da Trump a Putin,  sulla riammissione della Russia entro il gruppo delle nazioni già facenti parte del G/8. Tale esclusione fu infatti decretata proprio dall’Amministrazione Obama, nel 2014, ma questo atto non dovrebbe precludere che tale indirizzo possa essere mutato dall’Esecutivo attuale.

Conclusioni

La necessità, quindi l’obbligatorietà d’intraprendere quelle drastiche misure per poter far fronte alla pandemia con la massima efficacia possibile, non disgiunta dall’impegno di salvare il maggior numero possibile di persone colpite negli Stati Uniti, costituiranno certamente le emergenze più importanti a cui dovrà far fronte, ed in tempi molto ristretti, la nuova Amministrazione democratica americana.

Insieme con la messa a punto dei necessari provvedimenti, amministrativi e sanitari, per la guerra alla pandemia, l’Amministrazione dovrà lavorare molto per riunire il Paese, come da promessa ed impegni solennemente assunti dal Presidente Biden, nel corso del messaggio inaugurale d’insediamento alla Casa Bianca.
Joe Biden è ben determinato a raggiungere questi due obiettivi primari fondamentali, nel più breve  tempo possibile. L’unità e la concordia degli animi richiedono che vengano abbandonati tutti quegli atti politici, quali, per esempio, la richiesta d’ impeachment della Camera dei Rappresentanti contro Donald Trump, che si dirigono appunto nella direzione opposta a quella auspicata dalla nuova Amministrazione. Tuttavia, questa “semplice” buona volontà potrebbe anche non essere sufficiente.

Occorre, pertanto, che siano inequivocabilmente chiarite, ed in modo esauriente e trasparente, come chiesto dai Repubblicani, tutte le circostanze che hanno provocato le contestazioni e le azioni giudiziarie mentre era in corso l’esercizio del diritto di voto per l’elezione del nuovo presidente. Se l’azione della nuova Amministrazione in questa direzione si sarà dimostrata efficace, rapida e soprattutto convincente, l’altra metà del Paese, che non ha votato per il Partito Democratico, accetterà l’offerta di riconciliazione ed unità proposta dalla Casa Bianca.

L’immagine del Presidente uscente Donald Trump, amareggiato, deluso e ferito, che ha rinunciato a partecipare alla cerimonia d’insediamento del successore, non può essere ritenuta certo una esemplare e lusinghiera prova di un corretto funzionamento della macchina istituzionale statunitense.

 Sebastiano Catalano   

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