Riportiamo il parere dell’esperta, la dottoressa Pamela Cantarella, riguardo la condizione di vedovanza, difficile da affrontare soprattutto nella delicata fase della vecchiaia.
La Terza Età impone al soggetto condizioni difficili da superare. In questa particolare stagione della vita, non è possibile evitare traumi e lutti che riguardano sé stessi, il proprio corpo e la relazione d’amore con gli altri. Tra i più dolorosi vi è sicuramente la perdita del coniuge. Non avere più accanto la persona con cui si è scelto di trascorrere tutta la vita risulta davvero difficile da superare. Soprattutto se questo accade in età senile, quando ci si trova a dover affrontare il lutto della persona con cui si è costruita una famiglia e condivisa gran parte della propria esistenza.
Bisogna sottolineare che gli anziani di questa generazione hanno vissuto in un’epoca in cui la famiglia e il matrimonio erano dei valori fondamentali, assoluti e indiscutibili. Hanno sempre considerato un’eventuale separazione come un tabù, e pertanto non l’hanno quasi mai presa in considerazione nella pratica. Ciò ha comportato matrimoni lunghi e duraturi che continuavano a prescindere da ogni difficoltà interna alla coppia. Tra due persone che si sono ritrovate così ad affrontare i momenti belli e brutti della vita sempre insieme. Tra due persone la cui rottura del legame era contemplata solo con la scomparsa di uno dei due componenti della coppia.
Terza età / La vedovanza durante la vecchiaia
Molte sono ancora oggi le coppie anziane in cui la cura reciproca, anche in situazioni di malattia grave, è la testimonianza di un rapporto che compie con fedeltà quella “promessa nuziale”. Una promessa che prevedeva la condivisione di momenti difficili, accanto ai momenti belli, ma soprattutto fino alla fine dei propri giorni: “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e finché morte non ci separi”.
Proprio in virtù di ciò, quando purtroppo questo drammatico evento si verifica, accade che la persona rimasta sola venga investita da “forti sentimenti ed emozioni”. Sentimenti mai sperimentati prima, che influiscono inevitabilmente in maniera negativa sulla sua salute mentale e fisica, comportando un cambiamento radicale nella gestione della quotidianità. Ma soprattutto richiedendo un lungo processo di elaborazione non sempre affrontabile in maniera autonoma.
Vecchiaia / Affrontare la morte del partner in tarda età
Dal punto di vista neurofisiologico, secondo una ricerca americana effettuata presso l’Università di Seoul, i vedovi anziani sono più esposti al declino cognitivo. Concetto sostenuto anche da numerosi altri studi e ricerche effettuate in proposito. La morte del proprio compagno di vita causa un’accelerazione dell’invecchiamento mentale ed una maggior propensione all’Alzheimer. Ciò a dimostrazione che le relazioni sociali, ed a maggior ragione la relazione sentimentale di coppia, rappresentano un “cuscinetto” importante per contrastare il deterioramento cognitivo. “Essere sposati garantisce il supporto emotivo da parte del coniuge, ed offre maggiori opportunità di impegno sociale e di stimolazione cognitiva”.
Tutti questi benefici purtroppo si perdono nella vedovanza, in quanto la morte del partner rappresenta un evento altamente stressante che risulta avere delle conseguenze deleterie anche sulle funzioni cognitive. È quindi molto importante attenzionare gli “effetti fisiologici” di questa particolare condizione, concentrandosi sulla categoria dei vedovi, soggetti particolarmente suscettibili a questo tipo di declino, in modo da poter intraprendere un lavoro di prevenzione e predisporre eventuali interventi ad hoc.
Vecchiaia / La vedovanza in età senile
Dal punto di vista psicologico la persona che perde il partner di una vita intera viene colta da un improvviso “senso di vuoto e disorientamento”. A parte la sofferenza per la mancanza fisica della persona amata, il ripensare continuamente agli eventi vissuti insieme in un confronto con la quotidianità improvvisamente spezzata, può originare delle vere e proprie “crisi di identità”. Come se non ci si riconoscesse più senza il proprio compagno, per via del lunghissimo tempo trascorso in sua compagnia. Ma soprattutto, a ricoprire il ruolo di coniuge, identificandosi totalmente nell’essere membro di una coppia, che l’evento della morte ha però ormai distrutto.
Un altro sentimento sperimentato da chi rimane vedovo/a in età avanzata è un opprimente “senso di colpa” per essere ancora in vita rispetto al compagno, che purtroppo è stato il primo a dover lasciare questo mondo. Ciò viene ritenuto “ingiusto” tanto che non è inconsueto scoprire che il desiderio di tante coppie anziane sia quello di poter “morire insieme”. Nello stesso momento o, tutt’al più, a distanza di pochissimi giorni. In altri casi la scomparsa del partner può lasciare un “sentimento di rabbia” nei confronti dello stesso, poiché ci si percepisce come “abbandonati” e lasciati da soli a continuare un percorso che aveva un senso solo se fatto insieme.
Vecchiaia / Vedovanza: un grande senso di solitudine
Da tutte queste considerazioni nasce nell’anziano rimasto improvvisamente solo un “grande senso di solitudine”. Questo risulta impossibile da evitare nonostante spesso i familiari provino a stargli vicino. A volte, per scappare da una casa divenuta d’un tratto troppo grande e troppo vuota ci si trasferisce dai figli. Ciò, se da una parte rappresenta un tentativo di cercare di alleviare il senso di solitudine, dall’altra accentua il disorientamento e lo smarrimento dovuti ad un cambio radicale del proprio habitat.
In casi meno fortunati l’anziano si può ritrovare completamente solo perché i parenti e i familiari più giovani vivono distanti. Se non del tutto autosufficiente, o anche solo perché ritiene non più sopportabile continuare a vivere da solo nella propria casa, si trova quasi costretto ad andare a trascorrere ciò che resta della propria esistenza in una casa di riposo. Con tutto quello che a livello emotivo tale scelta “forzata” comporta.
Vecchiaia / Vedovanza: convivere con il dolore
Riuscire a convivere con il dolore e a superare la sofferenza di un lutto così grave come quello della perdita del proprio compagno di vita sono questioni che non si possono né rinviare all’infinito, né accelerare innaturalmente. Inoltre non possono avere luogo senza un lavoro di consapevolezza ed un forte impegno e coinvolgimento personali. Tra l’altro l’elaborazione del lutto è un processo intimo e soggettivo. Ogni persona ha i suoi tempi e l’affronta in modo diverso, e quasi mai lo si riesce ad intraprendere in modo adeguato totalmente da soli.
Ecco perché iniziare in questi casi un percorso di tipo psicologico può aiutare l’anziano rimasto vedovo. Principalmente nella gestione di tutti gli aspetti emotivi legati alla sua improvvisa condizione di fragilità e vulnerabilità. Ma può tornare utile anche i suoi familiari per trovare il giusto modo di poter aiutare il proprio caro. Gli specialisti del settore sono presenti in questi casi per offrire un sostegno fatto di comprensione e ascolto. Sostegno che faciliti e favorisca i processi di accettazione ed elaborazione del lutto, agevolando il passaggio attraverso questa difficile fase della vita. Grazie all’aiuto specializzato, si può riuscire ad accettare e “dare un senso” a quanto successo. Evitando che le emozioni negative prendano il sopravvento e diventino un peso insopportabile da gestire.
Vecchiaia / Vedovanza: l’esperienza del lutto
È fondamentale che l’esperienza del lutto non venga vissuta come una strada senza via d’uscita. E che la persona che soffre per la perdita del proprio partner nutra la speranza di trovare una “nuova condizione” per poter ricordare il passato, vivere il presente e prendere in considerazione l’idea di un futuro ancora possibile. È vero: “Tutto ciò che ci è di più caro ci può essere strappato da un momento all’altro”. È altrettanto vero che “ciò che non ci può essere tolto è il potere di scegliere quale atteggiamento assumere dinanzi a questo avvenimento” (Victor Frankl).
Ecco che allora si può provare a riprendere pian piano le piccole attività quotidiane che si svolgevano prima del lutto. Si può provare a stare il più possibile con familiari ed amici per uscire dal tunnel degli stessi pensieri. Si possono portare avanti i progetti, le attività, gli ideali che si condividevano con il coniuge (ad esempio la cura di una proprietà, una collezione di oggetti, la funzione educativa verso i nipoti). Senza avere paura di mostrare le proprie emozioni e i propri limiti, soprattutto emotivi, rispetto alla gestione di una situazione tanto complessa.
Rispettando così i propri tempi personali e riuscendo a chiedere aiuto senza il timore di essere respinti e giudicati. Con la vicinanza dei propri familiari e il supporto di figure specializzate, ci si ritroverà in possesso degli strumenti adeguati per provare ad uscire dalla solitudine e dal silenzio ed affrontare e superare il dolore della perdita, evitando che il lutto rimanga un evento “irrisolto”.
Dott.ssa Pamela Cantarella, Psicologa Clinica, Responsabile Settore Comunicazione Pronto Soccorso Psicologico-Italia