“Il tempo di un errore” – 3 / Attimi di poesia a cura di Rita Caramma: Rita Pacilio, Nino Barone, Maddalena Capalbi

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La voce della poesia, la voce vera s’intende, può presentare diverse espressioni di suono, al pari dei contenuti di pensiero di chi scrive.

cop1 PacilioPuò evocare, può raccontare, può denunciare con la morbidezza del verso che si dipana in coraggio e impegno civile, come in Quel grido raggrumato (La Vita Felice ed.) della poetessa beneventana Rita Pacilio. Il titolo è già espressione d’intenti che si concretizza in componimenti raffinati e colti per dare voce a chi sa di non essere ascoltato. “Sono sacre le voci dei bambini, tiepidi le fronti / eppure o glutei hanno croste, boomerang colpiti nel segno / fino ai fianchi pulsano inverni consumati domani / intorpidite le rupe si muovono come nembi folli le bufere”.

cop5 BaroneAll’urgenza della denuncia si affianca una ricerca stilistica, ricerca che non viene meno nella fascinosa cifra linguistica di Nino Barone, potente poeta siciliano che in “Petri senza tempu” (Drepanum ed.), prefazione di Marco Scalabrino, raccoglie componimenti in vernacolo che nascono da un’analisi esistenziale che si tramuta in riflessione attenta, che si esprime in una immediata consapevolezza del verso, forte e incisivo: “Pinseri / pritènninu miràculi / e fannu cuncumedda / spàscianu / la menti / cu li cialòmi ncutti / nchiuvatu / nta ddu lignu / ci dugnu soccu / vonnu / e comu scardi / nèscinu / facènnusi / palora”.

cop2 CapalbiE se la parola incarna il nostro dire, il dolore è sempre in agguato, pronto a riaffiorare con la denuncia poetica di Maddalena Capalbi, poetessa romana, con il suo “Testa rasata (Moretti & Vitali ed.), prefazione di Mariolina De Angelis, dove la figura femminile sa emergere dalla sublimità espressiva in tutta la bellezza violata, dopo quell’inevitabile prostrarsi al dolore, racchiuso in un (in)conscio demone che incatena ancora il corpo ma che non imprigiona lo spirito, elemento purificatore: “Quelle come me non trovano pace / sono tra le braccia di Lucifero, / dell’inferno che non sa più bruciare. / L’immagine del viso è la fotocopia / di Marilyn con incisi i testi / imparati a memoria / stretti come reliquie, come malattie nascoste nel mare troppo calmo / che travolge come un’agonia”.

Rita Caramma

 

 

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