1° Maggio / Il lavoro esprime il senso della vita

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1 maggio, lavoro
Foto Ansa/ Sir

C’è un filo rosso che lega l’immagine del popolo d’Israele che costruisce le mura di Gerusalemme e la riflessione di Papa Francesco.
Nel libro biblico di Neemia troviamo l’esclamazione entusiasta: “E al popolo stava a cuore il lavoro” (3,38). La preoccupazione di continuare a costruire le mura per difendere la città è più importante delle critiche di chi vuol demolire e demotivare. In “Fratelli tutti” 162 Francesco afferma che “il grande tema è il lavoro”, definendolo come ciò che è veramente popolare.

Lo vediamo tutti in questo tempo di pandemia: il lavoro è motivo di salvezza (medici, personale sanitario e della distribuzione, agricoltori…) ma è anche motivo di grande sofferenza.

Il 1° Maggio ricorda che in molti soffrono la perdita del lavoro

Dietro a molti lavori ci sono sogni e investimenti personali: basti pensare a imprenditori o partite iva o commercianti che hanno spesso fatto sacrifici per aprire e mantenere un’attività lavorativa.
Molti di loro stanno soffrendo e le piazze di queste ultime settimane lo ricordano. L’intervento pubblico con ristori e sostegni per alleviare la condizione di difficoltà non basta a dare risposte alle paure di vedersi scappare il sogno di una vita. I fallimenti lasciano ferite aperte.

1 maggio, lavoro
Foto Ansa/ Sir

C’è anche però chi vive il lavoro nella forma di una precarietà assoluta. I disoccupati, gli inattivi, gli irregolari, i lavoratori in nero si sono assuefatti a una insicurezza che spesso sfocia nello sfruttamento più amaro. Il lavoro, in questo caso, pur rappresentando una delusione, è visto come àncora di salvezza per mantenere una famiglia. O per sopravvivere in quartieri o ambiti sociali segnati dal degrado. Molti di loro chiedono un lavoro più che un reddito, appellandosi alla dignità personale: come dargli torto?

Un’attività che riempie l’esistenza

La popolarità del lavoro, che dalla Bibbia arriva ai nostri tempi, si spiega perché è una delle esperienze umane in grado di riempire l’esistenza. O di svuotarla, se manca. O di distruggerla, se si riduce a schiavitù. Davvero il lavoro esprime il senso della vita. Insegna a vivere perché non esiste attività che si può pensare come solitaria.
Il lavoro si fa con altri, dentro a condivisione di idee e progetti, in tempistiche che prevedono un prima e un dopo con qualcun altro, la competenza di uno e l’abilità di un altro e la manualità di tutti. Attraverso il lavoro ciascuno esprime le proprie capacità e costruisce una comunità.

“Tanta roba”, direbbe qualcuno. Sono implicati tanti valori. Ognuno sa parlare di lavoro, per esperienza. Ogni persona pensa al lavoro come a una prospettiva futura (giovane), come a un impegno concreto e presente (adulto) o come a ciò che riassume la propria vita (anziano).
Le stagioni della vita sono segnate dal lavoro: per questo è davvero popolare!
Siamo in una fase di trasformazione. Il messaggio della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro della Cei lo ricorda. Si parla di transizione ecologica verso un nuovo modello di sviluppo che sappia tenere insieme lavoro e salute, economia ed ecologia…
La Chiesa italiana è in cammino verso la Settimana Sociale di Taranto e vede nella transizione ecologica il paradigma per realizzare la conversione necessaria al nostro tempo.

“Tutto è connesso”, dice Laudato si’. Sono connesse le vite dei lavoratori tra loro. È connessa la speranza della Chiesa e quella di tante famiglie di lavoratori italiani. È ora di abitare con generatività un mondo fatto di interconnessioni. Come scrivono i vescovi: “Nulla ci distolga dall’attenzione verso i lavoratori”. Vanno sostenuti, incoraggiati, rimotivati, accompagnati dentro una stagione che offre più paure che certezze. La cura per la vita passa anche attraverso il lavoro. Ci sta a cuore.

Bruno Bignami

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