Famiglia / Per la Corte Costituzionale la maternità è ormai soltanto un’opinione

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Mai e poi mai gli antichi giuristi romani avrebbero potuto immaginare che un caposaldo del diritto di famiglia fondato da sempre sul brocardo mater semper certa est potesse un giorno essere… confutato. Eppure è il paradosso a cui giunge la Corte Costituzionale nella recente sentenza n.68 del 22 maggio.

Che le ultime pronunce della Consulta siano in aperto contrasto coi principi del Diritto Naturale e del buon senso comune, è già acquisito. Ma in tale sentenza si giunge persino a disegnare un’altra Natura.   Che il relatore Patroni Griffi intenda cambiare lavoro e seguire le orme del suo parente sceneggiatore?

Filippo Patroni Griffi
Il relatore della sentenza Filippo Patroni Griffi

E così mentre il Santo Padre appena eletto riaffermava alle delegazioni diplomatiche del mondo intero la necessità di dover investire sulla famiglia, società piccola ma vera ed anteriore a ogni civile società, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna (ns. articolo del 25 maggio), la Consulta disconosceva la natura stessa dell’uomo nella sua maternità.
Per la Corte c’è la madre naturale e la madre intenzionale.

Madre naturale e madre intenzionale

Dichiarando incostituzionale il divieto per la madre intenzionale, di riconoscere pure come proprio il figlio nato in Italia da procreazione medicalmente assistita praticata all’estero, si è così elevato a rango costituzionale l’assunto folle che un bimbo possa avere una seconda madre: chi intenda sentirsi tale.
Il che ha suscitato un’enormità di critiche per i profili che attentano all’integrità della dignità umana.

Solo a volerne riassumere i più evidenti e marchiani: per il padre, così definitivamente estromesso dalla coppia genitoriale; per il figlio, a cui viene violato il fondamentale diritto di avere un padre; per la società, fondata su famiglie formate da soggetti ben definiti, padre, madre, figlio, in vincoli naturali.
Non è più la persona, per i legami familiari, a rivestire un ruolo, ma è il ruolo che definisce la persona.

Palazzo della Consulta
Palazzo della Consulta sede della Corte Costituzionale

Già la Corte ha eclissato l’egida del Diritto Naturale, generando perplessità (ns. articolo del 4 agosto).
Adesso appare muoversi lungo un crinale dai profili vertiginosi, a rischio di possibili rovinose cadute. Essa argomenta infatti lungo una linea speculativa che può farsi risalire ai pensatori di cultura tedesca.
Da un canto, come negare le tracce di quel nichilismo esistenziale, ereditato da Heidegger dagli scritti di Nietzsche e definito da Augusto del Noce la “grandezza tragica di una finitezza senza redenzione”.

L’uomo per la norma e non la norma per l’uomo

Dall’altro e al contempo, gli esiti di correnti di pensiero che partendo da Hegel giungono fino a Kelsen. E nel sancire la supremazia etica della norma giuridica in sé, la imputano a una potestà autogenerativa.
Non bisogna certo essere accademici di filosofia per comprendere la pericolosità di tali aberrazioni.

Hans Kelsen
Hans Kelsen

Negato ormai il valore assoluto di principi etici disancorati dalla Legge che risale al Creatore, il diritto trova così fondamento in sè stesso, nelle sue regole; esse, invece ritenute vincolanti in futuro per tutti. Il che prelude ad esiti alienanti, in quanto configura l’uomo per la norma e non la norma per l’uomo.

Peraltro suffragati dagli esiti nefasti che la loro attuazione statalista ha dispiegato in tutto il XX secolo. Fornendo il pretesto ideologico per i regimi più disumani, nel senso letterale del termine, mai visti. Non sorprenda come si ripropone uno dei temi di aspra contesa tra Gesù e la casta dominante, che lo rivolge contro di lui. Ma “Il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27-28). Ora cambia l’apparente vocazione dei sapienti ma non il loro ruolo di potere. All’opera come sacerdoti di un dio che è l’uomo, attraversato da forze oscure, e di cui sentono depositari di scienza e coscienza.

Perciò qualunque forma di ignavia potrebbe essere esiziale; si impone una posizione chiara e risoluta.
Ciò rilevato, nelle sue distopiche prospettive, data ormai per scontata la fisionomia degli assetti curati dalla corte nella sua attuale composizione, voglia il Legislatore porre immediato rimedio, ribadendo con una norma legislativa inequivoca quanto è in natura: un figlio ha un solo padre e una sola madre.

                                                                                                                          Giuseppe Longo