Fildis / Contro la violenza assistita, a difesa dei bambini invisibili

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Conferenza Fildis su Violenza assistita

Un appuntamento di alto valore civile e umano si è tenuto nella sede del Seminario Interdiocesano di Catania. In questa occasione, la Fildis (Federazione Italiana Laureate e Diplomate Istituti Superiori), sezione di Catania, ha tenuto la conferenza dal titolo Violenza assistita, bambini invisibili”.

L’iniziativa, fortemente voluta dalle socie dell’Associazione Fildis, è stata moderata dalla prof.ssa Nella Inserra, presidente della Fildis Catania. La conferenza è nata con l’intento di porre l’attenzione su un tema di estrema attualità e urgenza: la violenza assistita. Si parla, nello specifico, di una violenza subita indirettamente dai bambini che vivono in contesti familiari in cui si verificano episodi di maltrattamento o abuso.
Questi “bambini invisibili”, pur non essendo colpiti fisicamente, portano con sé le ferite psicologiche della paura, della rabbia e della confusione.

«Parlare di violenza assistita significa difendere il diritto all’infanzia e alla dignità di crescere in sicurezza – ha affermato la presidente Inserra. La Fildis, in linea con la propria missione, vuole offrire occasioni di conoscenza e confronto per promuovere una cultura del rispetto, della legalità e della prevenzione».

All’incontro, concepito come momento di formazione civica, è stata oratrice principale la dott.ssa Marisa Scavo, già coordinatrice del gruppo di lavoro specializzato nel contrasto alla violenza di genere in qualità di procuratore aggiunto, giusta delega del Procuratore della Repubblica.

da sx Marisa Scavo e Nella Inserra
A sx la dott.ssa Marisa Scavo, relatrice e prof.ssa Nella Inserra , presidente Fildis

Fildis: oltre un secolo di impegno per l’educazione, la cultura e i diritti

Si ricorda che la Fildis è stata fondata nel 1920. È una delle più antiche e attive associazioni femminili italiane, affiliata alla Graduate Women International (GWI), rete mondiale di donne impegnate per l’uguaglianza di genere, l’educazione e i diritti umani.
La sezione catanese, guidata dalla prof.ssa Nella Inserra, si distingue da anni per la qualità delle proprie attività. Si rammentano, de facto, innumerevoli eventi come conferenze, premi di studio, eventi di divulgazione e progetti formativi nelle scuole, volti a costruire una società più consapevole, equa e solidale.

La conferenza, come ha ribadito la presidente, «non è solo un evento culturale, ma anche un richiamo al senso civico e morale della comunità. Nessun bambino deve essere invisibile e nessuna violenza può essere giustificata dal silenzio».

Il procuratore Marisa Scavo sulla violenza assistita: riflessioni giuridiche e sociali 

La dott.ssa Marisa Scavo ha affrontato il tema con il rigore del magistrato e la sensibilità di chi da anni opera in prima linea per la tutela delle vittime e dei minori. Ha definito la violenza assistita come una particolare forma di abuso a cui un bambino assiste, o è esposto indirettamente, ad atti di violenza fisica, psichica, verbale, sessuale o economica. Azioni gravi e distruttive perpetrate tra persone a lui vicine, genitori o figure parentali, nell’ambito familiare o relazionale. Una violenza invisibile, spesso sottovalutata, ma dalle conseguenze profonde sullo sviluppo psico-emotivo del minore. Oggi la legge riconosce come persona offesa non solo chi subisce la violenza diretta, ma anche il minore che vi assiste.

Due forme di violenza assistita

La relatrice ha distinto due categorie di violenza. Nella fattispecie, ha illustrato la violenza diretta, che si rivela quando il minore assiste fisicamente all’atto violento. A seguire, ha descritto la violenza indiretta, che si manifesta quando il minore percepisce la sofferenza del genitore – di solito la madre – anche senza assistere all’episodio.Pubblico alla Conferenza Fildis su Violenza assistita

I segnali d’allarme emergono spesso in ambito scolastico. All’uopo, si elencano disturbi del sonno o dell’alimentazione, sensi di colpa, regressioni, difficoltà relazionali, comportamenti aggressivi o adultizzati.
In più, il bambino può sviluppare un ruolo di “piccolo protettore” del genitore vittima o, al contrario, riprodurre modelli violenti, perpetuando il ciclo della violenza.

Il quadro normativo: dalla Costituzione alla Convenzione di Istanbul

La dott.ssa Scavo ha richiamato i principi costituzionali che tutelano la dignità e i diritti fondamentali della persona – art. 2, 3, 30, 31 e 32 – con particolare attenzione alla tutela della famiglia, dell’infanzia e alla salute come bene primario.
Sul piano internazionale, ha ricordato la Convenzione di Istanbul (ratificata nel 2013), che rappresenta un punto di riferimento nella lotta contro la violenza di genere e domestica. Si citano, in tal contesto normativo, l’art. 26: sui bisogni dei bambini vittime o testimoni di violenza; e l’art. 56, c.2: sul dovere di considerare tali minori soggetti pienamente tutelati.

In Italia, la Legge n. 119 del 15 ottobre 2013 ha introdotto la definizione di violenza domestica e rafforzato la rete di tutela. Si intende per violenza domestica “uno o più atti gravi o non episodici di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o tra persone legate da una relazione affettiva, indipendentemente dalla convivenza”.

Le diverse forme di violenza

Nel prosieguo della sua relazione, la dott.ssa Scavo ha esaminato le diverse forme di violenza. Si è soffermata anzitutto su quella psicologica, che compromette l’autostima della vittima e conduce il soggetto a una condizione di dipendenza emotiva.
Ha successivamente richiamato la violenza sessuale, presente anche in ambito coniugale in assenza di consenso esplicito e continuativo.

prof.ssa Nella Inserra
Prof.ssa Nella Inserra, presidente Fildis Catnia

Ha tratteggiato poi la violenza economica, che emerge quando la donna non è libera di gestire autonomamente le proprie risorse. Ha richiamato l’attenzione su una forma insidiosa di violenza economica, quella della “testa di legno”. Tale forma subdola si palesa quando la vittima, spesso inconsapevole, presta il proprio nome per operazioni patrimoniali o finanziarie gestite dal partner, diventando così parte di un meccanismo di controllo e prevaricazione.

Famiglia, scuola e servizi sociali: i primi presìdi di tutela

Secondo la relatrice, la prevenzione inizia dalle agenzie educative – famiglia e scuola – che devono saper riconoscere i segnali di disagio e attivare protocolli di ascolto protetto.
Gli insegnanti e gli operatori sociali – ha ricordato – possono ricorrere a registrazioni video o audio, per documentare in modo non invasivo lo stato emotivo del minore.
Il mancato intervento o la mancata segnalazione o denuncia, relativa a una situazione nota, può configurare una complicità omissiva.

Strumenti di prevenzione e tutela

Tra gli strumenti normativi richiamati, si riporta: il Protocollo S.A.R.A. (Spousal Assault Risk Assessment) per la valutazione del rischio coniugale e della recidiva; il D.P.C.M. 24 novembre 2017, che ha istituito nei Pronto Soccorso (PS) percorsi protetti e linee guida nazionali per la gestione dei casi di violenza. Ed ancora, l’istituto dell’ammonimento, misura preventiva che tutela il diritto alla salute e alla vita, riconosciuti quali beni costituzionali.

Le condanne europee e la responsabilità dello Stato

L’Italia è stata più volte condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per omissioni e carenze nella tutela delle vittime di violenza domestica.
Tra le principali sentenze si citano quelle del 2 marzo 2017, condanna per violazione del diritto alla vita (art. 14 CEDU); e del 16 giugno 2022, ulteriore condanna per mancata tutela e reiterazione di episodi violenti non prevenuti. La Corte di Strasburgo rappresenta – ha sottolineato la dott.ssa Scavo – l’ultima istanza per le vittime dopo l’esaurimento dei rimedi interni.

Percorsi di riabilitazione e cultura del cambiamento

Oltre alla repressione penale, la relatrice ha insistito sulla necessità di percorsi di rieducazione e cura per gli autori di violenza, attraverso i C.U.A.V. (Centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere) e i programmi dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (Uepe).
Tali percorsi mirano a interrompere il ciclo generazionale della violenza, restituendo consapevolezza e capacità relazionale ai soggetti coinvolti.

Presenze e contributi

All’incontro, molto partecipato, erano presenti numerosi rappresentanti del mondo accademico, medico e culturale, tra cui: la prof.ssa Teresa Ferlito, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo “XX Settembre” di Catania; il prof. Diego Tosto, docente presso la Facoltà di Teologia “San Luca” di Catania.
Si menziona, poi, la dott.ssa Silvana Papa, presidente dell’Associazione Ande di Catania; la prof.ssa Giuseppina Radice, storico dell’arte e scrittrice. A seguire, si ricorda la dott.ssa Rosaria Puglisi, prima ricercatrice del Cnr e presidente del Lions Club Catania Nord; e, non ultimo, il dott. Vincenzo Caruso, pediatra, scrittore e già direttore del Centro Talassemia dell’Arnas Garibaldi.

Educazione e prevenzione: il cambiamento possibile

In modo unanime, relatrici e astanti hanno condiviso la convinzione che il contrasto alla violenza debba necessariamente fondarsi su un cambiamento culturale profondo e condiviso. La prevenzione deve nascere in famiglia, prima agenzia educativa, e continuare nella scuola, attraverso percorsi di educazione all’affettività e di psicologia dell’età evolutiva, con apposite programmazioni divulgative e scolastiche, come proposto dalle socie dell’Associazione Fildis.

In chiosa, come leitmotiv: “Ogni cittadino, istituzione e agenzia educativa deve contribuire a spezzare la spirale della violenza domestica e assistita, per garantire concretamente il diritto alla dignità, alla sicurezza e alla vita sanciti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali”. Parole che risuonano come un invito profondo alla fede nei valori umani, alla fiducia nel prossimo e nella possibilità di un riscatto collettivo.

È un messaggio di speranza e di fiducia nell’uomo e nella comunità, fondato sulla convinzione che solo attraverso la giustizia, la solidarietà e l’amore reciproco sia possibile costruire una società più equa e autenticamente umana.
L’appello conclusivo si apre così alla forza dell’educazione e della responsabilità condivisa, nella certezza che il dialogo, la cura e la fedeltà ai valori del rispetto possano ricomporre legami feriti e restituire speranza alle nuove generazioni, chiamate a credere ancora nella bontà e nella dignità, a beneficio della vita dell’essere umano.

Luisa Trovato