I 50 anni dell’Aris / “Da Stato e Regioni nessuna risposta alla sanità cattolica”

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La delusione espressa da fratel Mario Bonora, presidente dell’Associazione religiosa istituti sociosanitari. Monsignor Giuseppe Merisi, presidente della Commissione Cei per la pastorale della salute, ha ribadito che la sanità cattolica “non è una sanità di parte”. Don Carmice Arice, direttore dell’Ufficio Cei: “Preoccupazione per lo scenario di grave crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando”
 
sanità“Preoccupazione”. È la parola adoperata più di frequente, per esprimere la situazione in cui versano le strutture sanitarie di ispirazione cristiana, alle prese con le “difficoltà” di un sistema sanitario, quale quello italiano, messo a dura prova dalla crisi. Se ne è parlato durante le celebrazioni per i 50 anni dell’Aris (Associazione religiosa istituti sociosanitari), che riunisce 260 strutture sanitarie, socio-sanitarie e di ispirazione cristiana, che garantiscono 17.500 posti letto dell’area ospedaliera e 14.200 posti letto dell’area extraospedaliera, grazie a 10 Irccs, 19 ospedali classificati, 5 presidi ospedalieri, 48 case di cura, 125 centri di riabilitazione, 20 Rsa e hospice e 33 strutture federate. “Chiediamo che la politica dei tagli sia compensata e guidata dal criterio che al centro vi sia sempre la persona del paziente: quale che sia la sua età e condizione, va prioritariamente salvaguardata”. A rinnovare, citandolo, l’appello fatto dal cardinale Bagnasco nella prolusione del Consiglio permanente del gennaio 2012 è stato don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della salute, che ha espresso “preoccupazione per lo scenario di grave crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando e per le sue sensibili ripercussioni sul Sistema sanitario nazionale”. “Sono preoccupanti – ha detto – i possibili ulteriori tagli alla spesa sanitaria; preoccupa la situazione di famiglie che già in difficoltà per le spese ordinarie, si vedono talvolta costrette a rinunciare a cure necessarie per la difficoltà a contribuire alla spesa sanitaria sempre più onerosa per un bilancio familiare già compromesso; preoccupa la crescente domanda di assistenza degli anziani non autosufficienti a cui è sempre più difficile rispondere adeguatamente”. La sanità cattolica “non è una sanità di parte, ma una componente integrante del Sistema sanitario nazionale”. A ricordarlo è stato monsignor Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente della Commissione nazionale della Cei per la pastorale della salute, secondo il quale le strutture sanitarie di ispirazione cattolica devono “favorire un collegamento costante fra i soggetti aderenti e una rinnovata attenzione all’identità delle istituzioni”.
Quale futuro? Per quanto riguarda le regioni, secondo don Arice c’è da registrare “un insufficiente sviluppo dei servizi in territori più poveri con una differente quantità e qualità dei servizi offerti da regione a regione”. Senza contare che “la competenza in materia sanitaria attribuita alle Regioni dalla modifica del titolo V della Costituzione talvolta ha purtroppo aggravato situazioni di crisi irrisolte che erano già pesanti”. Preoccupa, infine, anche “la faticosa sostenibilità del sistema universalistico del servizio sanitario”, e i “tentativi di revisione che sembrano essere premessa per lo smantellamento di un sistema di garanzie per le persone più fragili e di un servizio essenziale al bene comune”. Non ultimo, “preoccupa il futuro delle numerose opere sanitarie di ispirazione cristiana”, che – come ha ricordato il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata – “svolgono un servizio totalmente equiparato a quello pubblico, sono molto apprezzate dai cittadini e che spesso spendono meno degli ospedali pubblici, ma che, a differenza degli ospedali pubblici, in molte regioni non vengono adeguatamente rimborsate per il loro servizio e sono comunque pagate in ritardo e costrette a indebitarsi con le banche”.
Nessuna risposta dal Ministero. “Alle richieste delle istituzioni sanitarie religiose – il grido d’allarme del presidente dell’Aris, fratel Mario Bonora – non sono venute risposte dal Ministero, nonostante sia stato riconosciuto lo stato di sofferenza delle medesime istituzioni rispetto alle istituzioni pubbliche”. Nonostante avesse annunciato la sua presenza, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, non era presente: al suo posto c’era Francesco Bevere, direttore della programmazione sanitaria del Ministero della salute, il quale ha parlato della necessità di “mettere in campo un fronte unitario per una risposta concreta alla crisi”. “Nessuna risposta”, quindi, lamenta fratel Bonora, alle domande contenute nella sua relazione sul “perché alle nostre strutture convenzionate viene richiesto il costante aggiornamento tecnologico senza il corrispettivo che per lo stesso aggiornamento viene riconosciuto agli ospedali pubblici e perché, visto che un posto letto nelle strutture convenzionate costa circa la metà di meno di un posto letto nella struttura pubblica, i tagli colpiscono le strutture convenzionate”. “Per le istituzioni religiose vengono spesi tanti riconoscimenti formali – ha concluso Bonora – ma nella sostanza nulla cambia e tante nostre strutture hanno dovuto chiudere i battenti e tante ancora saranno costrette a farlo”.
 
M. Michela Nicolais
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