Intervista / Lella Cutuli del centro “La rete d’oro”: “Proteggere dalla violenza le donne, ma far curare gli uomini”

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Lella Cutuli

La violenza contro le donne è un argomento sempre attuale. I giornali non finiscono di parlare di un omicidio, che ecco spuntarne un altro, a volte più feroce del precedente. Forse non aiuta il fatto che i giornalisti aprono dibattiti sul tema con ipotesi di soluzioni solamente in ricorrenze  speciali come l’8 marzo e il 25 novembre.
Sarebbe il caso che si continuasse, per tutti i mesi dell’anno, a ribadire che siamo stanchi di sentire parlare di uccisioni di donne proprio da parte di quegli uomini che avrebbero dovuto proteggerle.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Lella Cutuli presidente dell’associazione “La rete d’oro”, sportello antiviolenza che, assieme a tanti professionisti, si adopera affinchè si ponga fine ai femminicidi.

Dottoressa Cutuli, quando è nata l’associazione “La rete d’oro” contro la violenza alle donne e come sono cambiati gli approcci dopo il covid?

La nostra associazione è nata nel 2018 per venire in aiuto delle donne in difficoltà all’interno della famiglia.  Naturalmente durante il periodo del lockdown non sono state molto numerose le telefonate di richieste di aiuto. I nostri telefoni hanno iniziato ad diventare caldi subito dopo le riaperture. Purtroppo le situazioni che già erano problematiche, con una convivenza continua e forzata, hanno prodotto fratture maggiori in situazioni già sul filo del rasoio.

A chiamarci, oltre a signore in difficoltà, sono stati anche i genitori di alcune donne preoccupati per le problematiche delle figlie. Naturalmente il percorso poi continua solamente con le interessate. La chiamata dalla famiglia non è il procedimento ottimale, perché uno dei principi cardine della metodologia dei servizi di uno sportello antiviolenza è che sia la donna a prendere contatto direttamente con il centro.

Lella Cutuli e il sindaco Alì
Lella Cutuli e il sindaco di Acireale Stefano Alì

Questo è necessario perchè assume il connotato di una sua scelta consapevole. Vuol dire prendere consapevolezza di essere vittima di violenza e di volersi attivare per mettere fine alla situazione in cui versa. Questo porta le donne ad aprirsi completamente a noi senza schermi e con tanta fiducia. Diversamente da quando devono parlare davanti alle Forze dell’ordine e ai Sevizi sociali, dove ogni parola può avere un peso.

Violenza alle donne: dottoressa Cutuli, quali sono le tappe fondamentali dei vostri contatti?

La prima telefonata è fondamentale in quanto è su questa che si gioca la relazione futura del centro con la donna. A partire da questo primo contatto lo sportello fornirà una risposta concreta per interrompere relazioni violente fatte di comportamenti persecutori, minacce, ingiurie. Ma anche vere e proprie lesioni, danneggiamenti o addirittura tentati o, purtroppo, consumati omicidi.

L’aiuto che viene offerto non è di tipo assistenziale: la sola assistenza, anche se fornisce risposte immediate, lascerebbe la donna in una situazione di passività. Gli aiuti da parte dello Stato, reddito libertà, bonus psicologici, voucher vari, sono molto importanti, ma avere un lavoro rende le donne più forti. E’ fondamentale, quindi, rafforzare le donne e cercare un lavoro che dia loro la possibilità di continuità e di formulare progetti.25 novembre

Naturalmente per risolvere alcune problematiche facciamo rete con le istituzioni o altre realtà presenti nel territorio come la Società San Vincenzo de’ Paoli o la Caritas Diocesana. Il lavoro della nostra associazione parte dalla narrazione della storia personale della donna, dalla lettura in chiave sociologica del vissuto di violenza. Sono passaggi, questi, che portano ad esternare i propri sentimenti e quindi anche i sensi di colpa che essa vive.

Questo crea una relazione di fiducia con le operatrici del centro che la sosterranno nel progetto di autonomia e a ricostruire, soprattutto, l’autostima. Le donne che si rivolgono a noi appartengono a tutti i tipi di ceti sociali, con diversi gradi di istruzione. Malgrado questo, hanno tutte la stessa fragilità, la stessa insicurezza. Perché per tanto tempo sono state disprezzate e ferite profondamente nel corpo e nell’anima.

Dottoressa Cutuli, secondo lei cosa manca alle leggi contro la violenza alle donne perché siano più efficaci?

Ogni due giorni in Italia una donna viene uccisa e tante altre rimangono vittime di violenza inaudita da parte dei loro partner, che lasciano su di loro un segno che mai si potrà cancellare. Si impone una riflessione. Come mai le leggi, compresa l’adozione del codice rosso, non riescono a fermare queste violenze. La violenza va combattuta, va denunciata ma, penso proprio, va soprattutto curata.disegno violenza donne

Abbiamo visto che né gli arresti domiciliari né il divieto di avvicinamento, né tantomeno la reclusione, hanno fermato la loro violenza. La violenza ha radici lontane. Gli uomini violenti hanno imparato la violenza, il più delle volte, nelle loro famiglie dove erano presenti dolore e violenza. Questo ha strutturato in loro gravi disturbi di personalità che li ha portati a reagire a certe dinamiche come avevano imparato.

La donna che sfortunatamente incontra un uomo violento praticamente perde la propria libertà per tutta la vita, quando non perde la vita stessa. Infatti, di fronte alle denunce, gli uomini aumentano la loro rabbia e il loro odio per essersi sentiti, a modo loro, superati da una donna. Ecco perché, il più delle volte, viene fuori, incontrollato, il raptus di una punizione, un odio che vuole mettere la donna al suo posto.  E’ necessario, indispensabile ed urgente che il legislatore preveda un percorso obbligato di cura, seguito da specialisti, che accompagni questi uomini alla guarigione.

Mariella Di Mauro

 

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