“Siete contente di essere donna?” è una domanda diretta, un po’ provocatoria e allo stesso tempo generica, alla quale prudentemente non si può che rispondere: “dipende”… dall’epoca storica, dalla nazione di residenza, dalla condizione sociale e di istruzione.
“Siete contente di essere donna” è il titolo del libro scritto da Andrea Giuseppe Cerra, presentato nella sala Cristoforo Cosentini dell’Accademia Zelantea. Un titolo di impatto che incuriosisce, ma che l’autore ha voluto circoscrivere nel sottotitolo: Esperienze di filantropia e istituzioni femminili nel Meridione d’Italia (XIX-XX sec.)
Il presidente della Zelantea dr. Michelangelo Patanè, dopo i saluti ai relatori e al pubblico, ha ricordato come, fino all’inizio degli anni ’50 del novecento, la condizione della maggior parte dei lavoratori, in campagna, nelle fabbriche o peggio nelle miniere, era molto difficile. Ancora di più drammatica era la condizione della donna cui la società imponeva sottomissione ed emarginazione.

La condizione della donna nell’800 e nel ‘900
Su questo tema prosegue la prof.ssa Cettina Laudani, docente di Storia del pensiero politico all’Università di Catania. Con riferimento ad un’indagine condotta a Torino nel 1907 sulla “felicità” femminile, la prof.ssa Laudani sottolinea il carattere di ambiguità nella vita delle donne. Una moneta a due facce dove all’emancipazione silenziosa, fa da contrappunto la sottomissione. La felicità di una donna non può che realizzarsi nella famiglia e nell’adempimento dei ruoli prescritti dalla società: figlia, sorella, moglie, madre, e più in generale nell’accudimento e nella cura. Questi in sintesi i risultati dell’indagine di allora e forse di oggi, anche se espressi con parole diverse e sottintesi, come quando la chiesa parla dei carismi speciali delle donne.
Nella prima metà dell’800 qualcosa era cambiato: donne appartenenti all’aristocrazia e all’alta borghesia cominciano a riunirsi a riflettere sul loro ruolo nella società, creando un giornale tutto al femminile, dove esprimere le proprie idee. Come quello edito nel 1848, in Sicilia, a Palermo dal titolo “La legione delle pie sorelle” con lo scopo di istruire le giovani popolane, e di operare in ambito filantropico. Si tratta, purtroppo di esperienze di brevissima durata.
Il desiderio di emancipazione delle donne rimane, ma continua il suo lento percorso, rigorosamente sotto traccia: la società non è ancora pronta.

Mons. Raspanti: L’opera filantropica delle donne
Nel successivo intervento, mons. Raspanti, vescovo della Diocesi di Acireale e presidente CESI, rimanendo in ambito siciliano, cita l’opera filantropica “Boccone del Povero”. Istituita a Palermo dal Beato Giacomo Cusmano, nell’opera collaborava attivamente anche la sorella Vincenzina, proclamata recentemente dalla chiesa, Venerabile.
Nel 1880, Giacomo Cusmano fonda l’Istituto delle Suore Serve dei Poveri, e una delle prime consacrate è la sorella Vincenzina. La loro missione si concretizza nell’esercizio della carità verso gli ultimi. Le suore li accolgono e curano in tutte le età della vita, dai bambini agli anziani. Le suore vivono di questua, e per raccogliere i “bocconi” con cui sfamare i poveri, non esitano ogni giorno a percorrere le vie di Palermo e a bussare alle porte dei concittadini.
Uno stile rivoluzionario per i costumi del tempo, quando le religiose degli altri ordini, rimanevano chiuse all’interno dei chiostri. Le Serve dei Poveri, vivevano la loro missione, combattendo ogni giorno una battaglia contro la povertà in mezzo alla gente. Nelle strade, nei vicoli e nei tuguri della città.

Le Costantine, una storia di imprenditoria
Conclude la serata l’autore del libro, il dr. Andrea Giuseppe Cerra, citando “Le Costantine”, una storia di imprenditoria. Ma anche di cooperazione sociale e di emancipazione femminile. Nel 1901 le nobildonne Carolina ed Etta De Viti de Marco creano la scuola di merletto a Casamassella nel Salento, per offrire un’opportunità di guadagno alle donne.
In anticipo con i tempi e grande intuito imprenditoriale, hanno trasformato un’antichissima tradizione, quella del ricamo e della tessitura, in un’attività organizzata. Un’attività capace di produrre reddito nel territorio, fino a farla diventare, nei decenni successivi, un’eccellenza nel settore dell’altamoda internazionale. Ancora oggi l’azienda, attraverso la Fondazione “Le Costantine” è gestita dalle discendenti delle due fondatrici. Una gestione con gli stessi antichi valori delle loro antenate: l’elevazione economica e spirituale delle donne.
Rosa Maria Garozzo