Mafia e storia / Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso 40 anni fa, tra solitudine, dovere e sacrificio

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generale Dalla Chiesa

Il 3 settembre 2022 ricorre il quarantesimo anniversario dell’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente della scorta Domenico Russo. Il generale, pur avvertendo una forte sensazione di solitudine e di pericolo, invitò la moglie al ristorante.  Al ritorno dalla cena, in via Isidoro Carini, la loro A112 venne affiancata da una BMW dalla quale partirono raffiche di Kalashnikov AK – 47 che si rivelarono letali. L’atroce agguato fu chiaramente un delitto di matrice mafiosa. È doveroso, dunque, a distanza di 40 anni, rendere omaggio e ricordare chi sacrificò la vita in nome di un ideale e di un impareggiabile senso del dovere.

Dalla Chiesa, una vita in perenne lotta

 Il generale Dalla Chiesa nasce il 27 settembre 1920 a Saluzzo, in provincia di Cuneo. Il padre è vice comandante generale dei carabinieri, ma Carlo Alberto decide di non frequentare l’accademia e passa nell’arma come ufficiale di complemento allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Nel settembre del 1943 passa con la Resistenza partigiana. Finita la guerra, sposa Dora Fabbo, dalla quale avrà tre figli: Nando ( più volte eletto parlamentare ), Rita ( nota conduttrice tv e di recente candidata per Forza Italia in Puglia ) e Simona ( in politica dal 1985 ). Altra importante lotta che intraprende è quella contro il banditismo.generale C.A.Dalla Chiesa

L’arrivo in Sicilia del generale Dalla Chiesa

Nel 1949, giunge in Sicilia, più precisamente a Corleone, per sua esplicita richiesta e ferma volontà. Nel territorio siciliano, Dalla Chiesa si trova ad indagare su 74 omicidi, tra cui quello del noto sindacalista, Placido Rizzotto, ad opera di Luciano Liggio come indicato dallo stesso Generale. Dal 1966 al 1973, assicura alla giustizia boss malavitosi come Gerlando Alberti e Frank Coppola. Iniziò così ad indagare con coraggio e devozione sulle presunte relazioni tra mafia e politica. Ebbe il grande merito, in seguito a numerose sollecitazioni al governo del paese, di formalizzare la figura giuridica del pentito di mafia e di riconsegnare all’Arma dei Carabinieri una rinnovata fiducia popolare confermando la sua immagine di ufficiale integerrimo.

Un Prefetto troppo scomodo 

Il Generale intercetta “ contaminazioni mafiose “ nella democrazia cristiana siciliana con a capo Andreotti. In seguito, diviene prefetto di Palermo con lo scopo di contrastare l’insorgere inesorabile del fenomeno mafioso. Proprio in questa complicata città, lamenta la carenza di sostegno da parte dello Stato. E la totale assenza di poteri speciali, utili a contrastare la mafia. Esprime tutto il suo malcontento nell’intervista che rilascia a Giorgio Bocca il 7 agosto 1982, parlando di fallimento dello Stato contro Cosa Nostra, delle connivenze e delle complicità che ne hanno garantito l’azione indisturbata e l’impunità. Tale intervista non susciterà alcuna reazione da parte dello Stato, bensì della mafia che risponderà tramite il vile attacco che stiamo commemorando. All’indomani della strage, scomparvero le carte relative al sequestro di Aldo Moro, con ogni probabilità sottratte in via Carini o negli uffici del Generale Dalla Chiesa.

 L’eredità di Carlo Alberto Dalla Chiesa 40 anni dopo …

Cosa ne rimane ? L’esempio. Quarant’anni dopo la morte di Carlo Alberto Dalla Chiesa, possiamo rivendicare con fermezza il valore eterno ed indistruttibile degli ideali. Non possiamo più, purtroppo, beneficiare degli esiti della sua azione investigativa e del suo illuminante intuito. Ma ci è permesso, quantomeno, di prendere spunto dal suo esempio per guidare le future generazioni verso un futuro di libertà e giustizia.

Così facendo, il sacrificio non sarà stato vano e i giovani potranno bearsi della più grande lezione del vivere comune. La mano mafiosa uccide, quella della legalità semina.
Dalla Chiesa, abbandonato dalle Istituzioni e ormai rimasto solo, si sentiva un Don Chisciotte che combatteva contro i mulini al vento.
Il nostro impegno è che la lotta alla mafia diventi una battaglia comune, non più solitaria. E coinvolga le nuove generazioni in un nuovo sentire civico che si ispiri agli esempi per costruire un futuro di legalità.

Giovanna Fortunato

 

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