Otium et negotium 3 / La Risurrezione, mistero della fede che trascende e supera la storia

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Caravaggio, Cena di Emmaus

Carissimo lettore,

a partire dalla domenica di Pasqua a mezzogiorno abbiamo pregato il “Regina caeli” soffermandoci sul “laetare… quia resurrexit” (rallegrati o regina del cielo perché Colui che hai portato al mondo è risorto). È il saluto alla madre che ha ancora i segni delle lacrime per aver assistito alla morte e alla sepoltura del figlio. “Si racconta che san Tommaso d’Aquino, ogni anno in questa festa, consigliasse i fedeli che non smettessero di felicitarsi con la Vergine per la Risurrezione di suo Figlio” (F. F. Carvajal, Parlare con Dio, Domenica di risurrezione).

Caravaggio, Cena di Emmaus
Caravaggio, Cena di Emmaus

La risurrezione, ci insegna il Catechismo della chiesa cattolica al n. 128, è un “avvenimento storico, constatabile e attestato attraverso testimonianze”. Ma nello stesso tempo “trascende e supera la storia come mistero della fede. Per questo motivo Cristo risorto non si manifestò al mondo, ma ai suoi discepoli, rendendoli testimoni davanti al popolo”.

Questo “mistero di fede” è stato annunciato e proclamato da una generazione all’altra, da padre in figlio fino a ciascuno di noi. E ciascuno è chiamato a trasmetterlo alle generazioni future fino al Suo ritorno glorioso.

Nei Vangeli leggiamo che Cristo risorto si presenta ai suoi fisicamente: cammina, discute… mangia con loro; anche se sono sospese le leggi della fisica. Infatti passa attraverso le porte chiuse, appare e scompare improvvisamente, ecc. Questo nuovo modo di stare con i suoi da parte di Gesù ha la durata di alcune settimane. Il secondo mistero della gloria del santo rosario, l’Ascensione di Gesù al cielo, così veniva proclamato nelle nostre chiese: “dopu poi quaranta jorna Gesù Cristu ‘n celu torna, e Maria a li so amici li abbrazza e li binidici”.

Dopo l’ascensione il modo di stare da parte di Gesù con i suoi è avvenuto (e avviene) in modo diverso. Nei primi anni, al tempo degli Apostoli, i cristiani si riunivano per la frazione del pane. E da allora, fino ad oggi, lungo i due millenni di storia che ci separano dal quel “giorno del sole” subito chiamato “domini dies”, “domenica”, ogni giorno nella Chiesa è stata celebrata e si celebra la Santa Messa.

Quando sono pronunciate le ultime parole della consacrazione: “fate questo in memoria di me” (memoriale del mistero Pasquale), è Gesù che, servendosi del suo ministro, ci dice che è avvenuta la transustanziazione. È il momento di adorarlo con profonda riverenza e di parlargli perché ci vede e ci ascolta. Infatti nelle mani del sacerdote non c’è più il pane che c’era prima. Gli occhi, il tatto, il gusto (sostiene San Tommaso nello “Adoro te devote”) ci ingannano perché bisogna utilizzare solo l’udito e credere ciò che ci ha trasmesso il Figlio di Dio. Tutto ciò è solo questione di fede e non può essere accettato da chi, come molti scienziati (matematici, fisici, ecc.) accetta solo ciò che può essere analizzato dai sensi.

“La presenza di Gesù vivente nell’Ostia è la radice e il culmine della sua presenza nel mondo” (San Josemaria Escriva, È Gesù che passa, n. 102)

Nella speranza di poterci vedere durante l’estate ormai prossima, ricevi cari saluti da

Nino Ortolani

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