Otium et negotium 39 / Austu e riustu è capu di ’mmernu

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Partendo da un proverbio popolare, il nostro amico ing. Ortolani ci propone oggi una breve riflessione sul mese di agosto (austu), che interessa anche il successivo mese di settembre (riustu). A questo proverbio se ne contrappone un altro simile: “jnnaru è capu di stati”. Infatti nei due mesi di agosto e gennaio avviene, dal punto di vista meteorologico, la cosiddetta “rottura” delle condizioni climatiche, rispettivamente estiva e invernale, il che fa pensare ad una conclusione delle stagioni in corso ed alla anticipazione delle successive stagioni.

Cari amici,

Ad agosto avvengono alcuni “eventi” astronomici. Di notevole rilievo per l’antico Egitto era la comparsa, poco prima dell’alba, della stella Sirio: segnava l’arrivo delle piogge e, quindi, il grande lavoro nei campi.

In questo mese, nel lungomare di Trezza si vede, fino a poco prima che sorga il Sole, tra un Faraglione e l’altro, il “Cane Maggiore” sotto la cintura della costellazione di Orione. Da quel momento sorge sempre prima fino a vedersi, alta nel cielo, nella novena di Natale.

I pescatori chiamano “Stiddazza” questa stella bellissima: la più luminosa dopo il Sole; e quando la vedevano apparire, specie ai tempi dei “Malavoglia”, avvertivano il freddo e le difficoltà (la fame) dell’inverno.

Austu è il mese in cui paesi come Acitrezza (già dai tempi del famoso Verga) brulicavano di “villeggianti”. In questo periodo, da un punto atmosferico, avvengono nuovi fenomeni nel mare e nel cielo: forti correnti marine ben visibili tra gli “Scogli dei Ciclopi” e la Terra ferma, e, improvvisamente, arrivano nuvoloni bianchi accompagnati da temporali e tuoni (riuturi d’austu).

Il proverbio prosegue: “… e cu ad austu non s’ha vistutu, malu n’vernu ci’ha vinutu”. Il “vestito” è simbolo di benessere. Viceversa, chi non era “vistutu”, era “a nura”, segno della peggiore forma di povertà: la miseria. Per questo, Luchino Visconti faceva indossare ai pescatori de “La Terra trema” vestiti logori per indicare il livello più basso del “proletariato” in quel periodo del dopoguerra.

L’inizio dell’estate è caratterizzato dal maggior numero di “ore lavorative”, e se ad agosto non si aveva lavorato abbastanza, non si aveva, cioè, guadagnato tanto da comprare “’u vistitu” , l’inverno sarebbe stato “di fame e di freddo”.

Cordialmente

Nino Ortolani

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