Quirinale / Elezione del Capo dello Stato: votazioni dal 24 gennaio

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Le votazioni per l’elezione del Capo dello Stato inizieranno il 24 gennaio alle 15. Lo ha comunicato il presidente della Camera, Roberto Fico, a cui secondo l’art. 83 della Costituzione spetta il compito di convocare “in seduta comune” il Parlamento e i delegati regionali “trenta giorni prima che scada il termine” del settennato presidenziale.

Sergio Mattarella ha giurato come presidente il 3 febbraio 2015. E quindi l’avviso di convocazione doveva vedere la luce ed essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale proprio il 4 gennaio 2021. Il comunicato di Montecitorio informa inoltre che la convocazione è stata decisa “sentito il presidente del Senato della Repubblica”. Peraltro nel Parlamento in seduta comune si applica il regolamento della Camera e il dominus è il presidente di questo ramo, bilanciando in un certo senso il ruolo di supplente del Capo dello Stato che tocca, secondo l’art. 86 della Costituzione, al presidente dei senatori.

Sempre la Carta, al terzo comma dell’art.83, stabilisce che l’elezione del presidente della Repubblica “ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea”. Ma “dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta”.

1009 grandi elettori per il Capo dello Stato

I cosiddetti “grandi elettori” (i parlamentari più i delegati regionali) dovrebbero essere 1009 ma attualmente il conto si ferma a 1007 in quanto un senatore risulta decaduto e non ancora sostituito. E c’è da integrare la Camera dopo che Roberto Gualtieri si è dimesso da deputato per fare il sindaco di Roma. L’elezione suppletiva nel collegio capitolino rimasto vacante si svolgerà il 16 gennaio e quindi il neo-eletto potrebbe fare in tempo (passaggi formali permettendo) a partecipare al voto per il Quirinale. Queste residue incertezze sul numero dei “grandi elettori” spiegano le oscillazioni relative ai quorum necessari per eleggere il Capo dello Stato: 672-673 per i primi tre scrutini, 504-505. Definito il perimetro del corpo elettorale, i quorum saranno comunque fissi, in quanto calcolati non sui presenti o sui votanti, ma sui componenti dell’assemblea.

Sui tempi è impossibile fare previsioni, anche se la situazione del Paese sembra rendere auspicabile un’elezione a larga maggioranza. E quindi nell’ambito dei primi tre scrutini. Ci sono precedenti di tutti i tipi: Cossiga e Ciampi, per esempio, vennero eletti al primo colpo, per Leone furono necessari 23 tentativi.

C’è poi da considerare il fattore Covid. La prassi era di due votazioni al giorno, ma per esigenze di sanificazione e scaglionamento si dovrebbe svolgere un solo scrutinio quotidiano. Le misure organizzative sono in via di definizione e sono anche occasione di dibattito. Per evitare di concentrare in unico palazzo oltre mille persone, per esempio, il costituzionalista e deputato Pd, Stefano Ceccanti, ha proposto di far votare i “grandi elettori” da remoto, ciascuno all’interno delle rispettive sedi istituzionali di provenienza.

Il boom di contagi condizionerà la partecipazione al voto?

Si era inoltre parlato dell’abolizione del “catafalco”, vale a dire la cabina introdotta da Scalfaro per garantire la segretezza del voto. Oggi, con l’avvento dei cellulari, rischia di essere utilizzata in senso contrario poiché rende possibile fotografare la scheda. Ma allo stato la prassi sembra destinata a essere confermata. La pandemia e il nuovo boom di contagi rappresentano un problema anche perché potrebbero condizionare l’effettiva partecipazione al voto e alterare gli equilibri politici dell’assemblea. Problema che sarebbe ovviamente relativizzato da un accordo ampio sul successore di Mattarella.

Nel frattempo i Consigli regionali dovranno provvedere a eleggere i delegati previsti dal secondo comma dell’art.83 della Costituzione. Tre per ogni Regione (uno per la Valle d’Aosta) e “in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze”. Solitamente si eleggono il presidente, un consigliere della maggioranza e uno dell’opposizione. Ma nulla in teoria  escluderebbe che nella terna si possa indicare il sindaco di uno dei Comuni della Regione, come pure suggestivamente proposto in queste settimane.

Una soluzione che andrebbe nella direzione di rafforzare ulteriormente il ruolo di rappresentante dell’unità nazionale che la Carta solennemente attribuisce al presidente della Repubblica e che lo stesso Mattarella ha fortemente sottolineato nel suo messaggio di fine anno.

                                                                                                          Stefano De Martis

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