Ricordo / L’esempio del vescovo Russo a sessant’anni dalla morte sprona ad amare la Chiesa

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monsignor Salvatore Russo

L’otto aprile del 1964, nella Città del Fanciullo di Acireale, all’età di 79 anni, concludeva la sua operosa giornata terrena Sua Eccellenza Monsignor Salvatore Russo, sesto vescovo di Acireale dal 1932 al 1964. Da allora sono passati sessanta anni!

Pochi sono, ormai, quanti ricordano questo insigne Pastore eminente per cultura, dottrina e pastorale, che nei lunghi anni di ministero episcopale nella nostra Chiesa ha lasciato un’impronta indelebile.vescovo Salvatore Russo

Egli proveniva dalla vicina Chiesa di Catania dove era stato docente di Teologia in Seminario, Canonico del Capitolo Cattedrale e Rettore del Seminario diocesano. Giunse ad Acireale nel 1932, dopo la celere successione di tre vescovi in un decennio. Nell’aula Magna del Seminario, per l’accademia in suo onore, il Vicario Generale, Mons. Michelangelo D’Amico chiedeva al Vescovo di “restare”. Mons. Russo, nel prendere la parola ripetè per ben tre volte “resteremo” e così fu.

La grande cura del clero e del Seminario vescovile

Certo, a differenza dei tempi attuali, che vede una presenza costante del Vescovo tra la sua gente, allora era raro che ciò accadesse. Ciò permise a Mons. Russo di coltivare la sua indole allo studio, di poter insegnare Teologia pastorale in Seminario. E di dedicarsi anche con particolare premura alla cura del clero e del Seminario, nel quale realizzò “la mirabile impresa” della Cappella.

cappella seminario Acireale
La cappella del Seminario vescovile

Il prof. Cristoforo Cosentini, presidente dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici, scriveva in suo articolo della eloquenza del Vescovo. Della serietà dei suoi discorsi e della profondità spirituale che trasmetteva.
Mons. Giuseppe Costanzo, nella commemorazione tenuta in occasione della traslazione dei resti mortali nella Cattedrale di Acireale, ricordava i tratti salienti e caratteristici del “suo” vescovo evidenziando come, per lui, fosse un “gigante” (seppur non in “statura”). E concludeva dicendo “ero fiero del mio vescovo”!

Mons. Filippo Cutuli, storico amministratore del nostro Seminario, ci raccontava che alle lezioni di Pastorale in Seminario, non partecipavano solo i seminaristi, ma anche tanti sacerdoti. Questi, seduti nel corridoio ascoltavano con attenzione il vescovo, sempre debitamente preparato e mai improvvisato. Potrei continuare in maniera interminabile a dire di detti, aneddoti e impressioni che nel tempo, tanti sacerdoti (molti dei quali ormai defunti), mi hanno raccontato del Vescovo Russo.
A lui, seppur da me non conosciuto, mi sono rivolto con la preghiera nei miei 19 anni di ministero pastorale in Cattedrale, dove riposano le sue spoglie mortali.

Per non cadere nella possibile tentazione che tutto è nato con noi, credo sia necessario fare memoria. O, come ci dice la Lettera agli Ebrei, “Ricordaci dei nostri capi che ci hanno annunziato la Parola di Dio e considerando il loro tenore di vita, imitarne la fede” (13,7).

Ricordiamoci sempre del monito di San Giovanni Paolo II nella sua visita pastorale a Catania (4-5 Novembre 1994): “un popolo che non ha memoria non futuro”.
E impariamo la gratitudine nei confronti di chi ci ha preceduti, che il più delle volte ci consentono di operare oggi.
L’esempio del Vescovo che amò usque ad mortem la Chiesa di Acireale, ci sproni a servirla ed amarla sempre più.

Don Roberto Strano

 

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