“La Bibbia non parla solo di Israele: è un linguaggio universale. Quindi anche noi possiamo riconoscere i nostri cari, in quella distesa di ossa destinate a tornare carne e spirito E possiamo affidare al Dio dei nostri padri la speranza della resurrezione e della vita eterna”. In questa riflessione può condensarsi l’ispirazione per Il Dio dei nostri padri di Aldo Cazzullo. Una rivisitazione di alcuni passi biblici, un libro sul Libro, che prima ancora delle digressioni dell’autore, è soprattutto figlia di un’esperienza vissuta.
L’incontro con l’opzione della fede e la percezione della sua ineludibilità, quale prezioso ed estremo retaggio genitoriale. Ereditato al capezzale del padre, negli ultimi mesi di vita, per il suo convinto affidarsi a Dio. Lascito non infrequente in ragione del quale la fede nutrita e trasmessa dai padri ci interpella.
L’incontro con l’Autore nell’invitante cornice del Duomo di Acireale, induce a delle riflessioni. Scevre dai facili entusiasmi, frutto anche di un lancio editoriale supportato con grandi mezzi; volte invece e ricercarne le motivazioni più intime e ove possibile a vagliarne le implicazioni.
Interrogato sulle suggestioni che lo hanno indotto a confrontarsi con il Libro dei libri, Cazzullo lo configura come una montagna alla cui scalata, prima o poi nella vita, ogni divulgatore non può non cimentarsi. Da qui la decisione di ripercorrerne la narrazione in una carrellata di personaggi e vicende che non ha certo pretesa dell’esaustività o della valenza catechetica.
“Il Dio dei nostri padri” di Cazzullo induce a riflessioni
Il suo sottotitolo, Il grande romanzo della Bibbia, ne indica una chiave di lettura metastorica.
In ciò sta il pregio ma pure il limite, di quest’occasione di rivisitazione dell’Antico Testamento. Intenti di più penetrante intelligenza dei brani per la ricognizione di risposte ai propri quesiti, onestamente non perseguiti dallo scrittore, sarebbero deludenti per il lettore; e inescusabili. Facendogli incorrere il rischio di lasciarlo, alla fine della lettura, con ancor più dubbi irrisolti.
E tuttavia, il notevole successo riscosso dal libro anche fra i credenti, deve farci interrogare. In quanto rivelatore di una carente conoscenza e di una scarsa frequentazione coi testi sacri. Mi chiedo se sia necessario un libro, pur improntato a ragioni sincere, per rileggere la Bibbia. Indulgendo a profili affioranti qua e là, frutto del sincretismo imperante in questa fase storica.
Il Dio dei nostri padri si è rivelato in Gesù e in Lui si dona a tutti (Eb.1,1-2). In tale senso può dirsi Unico; non nella fuorviante e fatale semplificazione di un dio uguale per tutte le religioni. Non si giunge al Padre e non lo si riconosce tale, se non attraverso il Figlio (Giov. 14, 6-11). Indi unicità da intendere non nella comunanza di credi, ma della Paternità per tutta l’umanità.
Ciò posto, in una visione personale che non può certo nutrire ambizione alcuna di infallibilità, il percorso dell’autore sembra trovarlo oggi, forse al suo punto più critico, a metà del guado. Mosso dall’impeto di lasciare una comoda sponda, ignorando le sirene della cultura laicista, ma senza ancora un chiaro punto di approdo all’altra, impreziosita dalla luce della Sapienza (Sap. 8, 9-11; Sir. 24, 1-3; Giov.1,9) l’unica che ci rivela la figliolanza di Dio (Giov.1, 12-13).

Nel libro “Il Dio dei nostri padri” di Cazzullo una sincera ricerca di Dio
Dovendo affrontare scogli e incavi che costituiscono itinerario di ogni vero cammino di Fede. Trame del sempre misterioso, in accezione biblica, disegno di Dio; a cui come Cazzullo ama ipotizzare, si è forse ispirato Manzoni, quando nella pagina ineguagliabile di Addio, monti asserisce: “Dio non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande”.
Resta comunque il senso, questo sì accomunante, di una sincera ricerca di Dio. L’assenza di ineludibili riferimenti al nuovo testamento però, segna una lacuna e individua una urgenza. Chissà che giungendo a maturazione di una fede non solo come tradizione storica ma come incontro personale col Signore, Aldo Cazzullo non voglia ancora sorprenderci con un sequel; magari la testimonianza del suo approdo a Gesù, dal titolo rivelatore il Dio dei nostri fratelli...
In limine è l’autore stesso a proporci la chiosa più consona proprio nelle ultime frasi del libro. “Non con la ragione troveremo conforto alle nostre paure. La speranza dell’al di là non può prescindere dalla fede nell’esistenza di Dio. Non un Dio generico, ma un Dio misericordioso che si chini sul solco delle nostre piccole vite, si prenda cura delle sue creature e non le abbandoni mai. La fede ci promette che alla fine torneremo a Lui restando noi stessi”. Di qui la nostra: l’auspicio che possa incontrarlo nella sostanza viva della misericordia, l’Eucaristia.
Giuseppe Longo