Sentenza / La Corte di Cassazione riconosce la perdita del figlio in gestazione come se fosse già nato

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Tema introduttivo delle mie lezioni è da sempre illustrare agli studenti l’importanza del diritto naturale per la tutela dei diritti inderogabili dell’uomo. E quindi, quanto più il diritto positivo, cioè in atto, ne sia influenzato, tanto più sia a dimensione umana. E di contro, quanto più se ne discosti, tanto più sia eticamente disdicevole.
In ciò si rivela decisivo pure il tenore delle sentenze che lo applicano. Nel caso in commento, la cui portata dirompente non è stata ancora colpevolmente o dolosamente, adeguatamente evidenziata, la magistratura come fa di rado, ha battuto un colpo… a favore della vita!

Portando a conclusione l’indirizzo già introdotto in modo embrionale nella risalente sentenza n.26301 del 2021, nella recente pronuncia n.26826 dello scorso 6 ottobre la Corte di Cassazione ha sancito un principio, inerente al diritto naturale, che al di là del caso specifico a suo vaglio, ha effetti deflagranti.

Si tratta del riconoscimento di un risarcimento ad entrambi genitori, ed esteso pure ai fratelli, per la morte di un feto, una bimba estratta dal grembo materno priva di vita, per responsabilità dei medici.

Al di là dalle circostanze specifiche della vicenda e dall’entità del risarcimento, esulanti dalla nostra riflessione, la pronuncia inerisce a un principio la cui compiuta applicazione manderebbe in frantumi la legge sull’aborto e il diritto stesso ad abortire. Essendo la vita fetale già filiale e indi a fortiori piena!Sentenza Cassazione su perdita feto

Sentenza Cassazione / Riconosciuta la perdita del figlio sin dal concepimento

La Cassazione ha infatti sancito che il rapporto genitoriale sussiste già durante la vita prenatale, e così implicitamente già dal concepimento. Consolidandosi progressivamente nel corso della stessa, a prescindere dal fatto che il feto sia poi venuto alla luce.
Indi già in gravidanza sussiste in capo ai genitori in modo paritetico, e come vedremo pure reciproco, e persino esteso ai fratelli, un diritto alla sua tutela. Sì che il danno per la morte del feto è morfologicamente assimilabile al danno parentale di un bimbo già venuto alla luce.

In sostanza, la sua vita è giuridicamente tutelata come se fosse nato. Rimarchevole pure per le sue implicazioni metagiuridiche è l’assunto su cui si basano i giudici. E cioè che esso possa ritenersi come una massima di comune esperienza, tanto da essere presupposto nell’insegnamento di molte scienze umane. E quindi di validità indiscussa sul piano scientifico e etico.

Per ciò, dopo aver evocato l’art.8 della Convenzione Europa dei Diritti dell’uomo, la Cassazione ha finalmente fatto riemergere il principio di diritto naturale, che la vita è tale sin dal suo concepimento.  Il feto, figlio di un padre e una madre, non è un aliud ma è vita umana già nella sua intangibile dignità.

Sentenza Cassazione / La vita del feto va tutelata sin dall’iniziofiglio neonato

E poiché la Corte non fa questione di mesi o di settimane dal concepimento, ma contempla l’intera gravidanza, ne deriva che la legge sull’aborto che lo consente nei primi tre mesi, è in sè inammissibile. Il feto, dall’inizio è già figlio; amato come essere umano, nella sua integrità, che va tutelata tout court.

Opinando al contrario solo per un istante e per assurdo, si perverrebbe al paradosso che se la sua morte avviene per fatto colposo di personale medico, costituisce fatto illecito. Se deriva invece dalla volontà e atto doloso della madre, sarebbe lecita. Il che è un controsenso non solo giuridico ma già per logica.

Il feto appartiene ad entrambi i genitori

Deve poi trarsi un’altra implicazione che è diretta conseguenza delle precedenti e altrettanto esplosiva. Se è sancito il principio che già durante la gravidanza sussiste il rapporto parentale col figlio in utero; e quindi riconosciuti i rispettivi diritti e tutelati in modo congiunto e paritetico per entrambi i genitori. Se la madre volesse abortire, uccidendo il feto violerebbe il cogente diritto del padre ad averlo in vita. Sì che sulla base del  principio sancito in sentenza, la cui portata è forse sfuggita persino agli estensori,  il padre potrebbe legittimamente attivarsi, opponendo all’intento omicida della madre, i propri diritti. Fino al punto di chiedere e ottenere un provvedimento inibitorio dell’attuazione della volontà abortiva.

Non si dica che non potrebbe inibirsi un evento lesivo con danno alla vita solo potenziale. Perchè ciò già avviene giuridicamente per donne tutelate da eventi lesivi minacciati per potenziali femminicidi.

Ben si comprende come, alla luce dei principi sanciti dagli Ermellini, la madre non può più considerarsi attrice unica del destino della vita che porta in grembo, la cui tutela andrebbe ora riformulata ex novo.
Il che rende il becero slogan l’utero è mio e me lo governo io, per quello che è: un’assurda nefandezza.
Invece viene meno l’intero impianto della L.194/78 e si rimette in discussione il diritto ad abortire.

Madonna col Bambino di Bernardino  Luini
Madonna col Bambino di Bernardino Luini (foto Getty images)
La stampa faccia sentire la sua voce a difesa  della vita del feto

Un’ultima digressione s’impone. A fronte della novità dei principi sanciti a sentenza si rileva la scarsa se non pressochè nulla, diffusione. Il che richiama la responsabilità dei mass media, stampa in primis. Sempre attenti e solerti nel riecheggiare notizie “mortifere” nel senso letterale del termine, specie se involgenti decisioni giudiziali. Di contro, colpevolmente latenti e silenti quando si tratta di divulgarne altre, come quella commentata, che invece ripropongono, in tal caso dal massimo collegio giudicante, il valore assoluto e intangibile della vita. Soprattutto se considerata nel contesto dei rapporti parentali. Proprio perciò osteggiate dal mainstream mediatico imperante nei mezzi di comunicazione sociale. Un’evidenza che induce a domandarsi se parlare in difesa della vita oggi renda financo impopolari. Sorprende e amareggia, poichè tutti quanti si dimostrano refrattari al dono della vita ricevuto, divino e genitoriale nello stesso tempo. Ne rimangono comunque, pure loro malgrado, per sempre debitori…

Sarebbe bene che la CEI per prima, ma tutte le diocesi e le organizzazioni cattoliche, clericali e laicali, tenessero desta ed anzi amplificassero la notizia. Evitando così che sia artatamente relegata nell’oblio. Facendo sentire la loro voce presso parlamentari sedicenti credenti. Invitandoli a essere coerenti verso una fede spesso declamata, se non ostentata, ma di rado vissuta. Per un’iniziativa legislativa che sulla scorta dei principi sanciti dalla Cassazione e quindi dell’acquisita accezione giuridica che la morte di un feto è la morte di un già figlio e indi d’un essere umano vivente, sia volta all’abolizione della legge sull’aborto. Legge confutata proprio nei presupposti, censurati in nuce e resi giuridicamente inammissibili.

Da oggi la campane risuonino a morto per… la morte e la sua più crudele e inumana legittimazione: l’aborto. Facciamole risuonare in ogni sede per la vita, a preludio di un tardivo risveglio della ragione.

Giuseppe Longo