Società / La mascherina, da dispositivo di protezione ad accessorio fashion

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È di pochi giorni fa la notizia che il famoso marchio di cappelli Borsalino ha presentato una nuova collezione di mascherine, ispirate all’universo Arts & Crafts, prodotte artigianalmente nella manifattura di Alessandria.
Lo storico marchio italiano, fondato nel 1857 da Giuseppe Borsalino e che agli inizi del ventesimo secolo arrivò a produrre oltre due milioni di cappelli all’anno, stava in realtà attraversando una grave crisi a causa dei cambiamenti di tendenza.
Ma fin dalle sue origini – come ha più volte spiegato il noto marchio – la storia della Casa alessandrina è caratterizzata dalla capacità di interpretare lo spirito del proprio tempo, dunque, anche in questo momento storico in cui l’emergenza covid-19 ha imposto nuove regole e nuove abitudini, il marchio ha deciso di puntare sulle mascherine ritenendo che queste “esaltino l’idea di bellezza ma anche i tratti distintivi del marchio stesso”.
Da semplice dispositivo protettivo, quindi, la mascherina si è trasformata in un fenomeno di tendenza, uno status simbol che forse salverà il mondo della moda? La moda non è solo un intreccio di tessuto, un fatto di abbigliamento che si limita a riprodurre un modello da commercializzare? O piuttosto un fatto di costume, un prodotto creativo della società che standardizza i comportamenti collettivi?  Forse entrambe le cose. Moda equivale a storia di una società in continuo divenire e l’abilità dello stilista è spesso quella di cogliere o anticipare i cambiamenti e di concretizzarli.
Come accadde nel 1918, durante la pandemia di spagnola, quando la mascherina fu ampiamente utilizzata come indispensabile strumento di protezione anche oggi questa è diventata un fenomeno globale. Dunque, nel corso della storia, pur mantenendo una destinazione decisamente pratica e protettiva, ha assunto nel tempo anche una forte valenza simbolica divenendo espressione di comportamenti collettivi.
Così da un lato, obbligati a convivere con un accessorio che spesso abbiamo demonizzato, se proprio non possiamo eluderla, preferiamo che si adatti al nostro look o, addirittura, lo arricchisca e lo renda unico e con le sue stampe colorate e divertenti ci aiuti a salvaguardare il nostro umore e, al contempo, a scongiurare il contagio. E per questo che da quelle bianche, professionali, che spesso ricordavano gli ambienti ospedalieri, siamo passati a veri e propri modelli di stile: dalle più semplici in tinta unita a quelle con stampe zebrate o ai jacquard floreali, a quelle in tessuto lavabile o in jeans, purchè ci faccia stare bene con noi stessi e susciti in noi la voglia di indossarla.
Di contro, è grazie al necessario approvvigionamento di mascherine che molte aziende si sono potute reinventare per sopravvivere al delicato contesto economico, eredità ancora di questa tragica emergenza sanitaria. È vero, altresì, che la moda veste le persone non solo di abiti ma anche di significati, afferma lo stile di vita, crea e manifesta l’identità, il modo di essere. La moda è un’estensione del linguaggio del corpo, un mezzo che ci mette in relazione con gli altri e con il mondo esterno.
Guardando, dunque, oltre a quel semplice pezzo di stoffa, troviamo allora la voglia di reagire positivamente, la voglia di andare avanti nonostante le crisi ma soprattutto il non volersi arrendere passivamente ad un flagello che attualmente grava al livello mondiale sulla salute umana.
La moda ci incoraggia, così, in linea con quanto purtroppo recentemente segnalato anche dalle autorità come indispensabile alla luce dei dati non del tutto confortanti, a non abbassare la guardia per il bene nostro e di chi ci sta vicino.

 Cristiana Zingarino

 

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