A 35 anni dalla morte / Le periferie esistenziali di Vittorio Bachelet: eredità e impegno

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“Perché così pochi conoscono le borgate periferiche delle nostre città?”. Era il 1948 quando un giovanissimo Vittorio Bachelet, riflettendo sui presupposti dell’impegno civile, a suo modo anticipava un tema, quello delle “periferie esistenziali”, caro alla riflessione di Jorge Mario Bergoglio, niente meno che il futuro Papa Francesco. Non si può essere al servizio del bene comune se non si conoscono le persone, la propria terra, la propria città, le “attese della povera gente” – come aveva scritto solo pochi mesi prima un altro gigante dell’impegno cristiano nella storia, Giorgio La Pira.Bachelet
Vittorio Bachelet, classe 1926, trucidato dalle Brigate Rosse il 12 febbraio 1980, è stato ricordato ieri a Roma nel 35° della morte, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Bachelet docente universitario, giurista stimato (fu ucciso mentre ricopriva la carica di vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura), laico impegnato nella vita ecclesiale, avendo ricoperto fra l’altro l’incarico di presidente nazionale dell’Azione Cattolica, traghettandola nel difficile ma fervido periodo del post-Concilio.
Uomo di pensiero e d’azione. Alle periferie urbane ed esistenziali resterà fedele, come quando, durante la campagna elettorale che lo porterà a diventare consigliere comunale a Roma nel 1976, “girò a piedi e in autobus la sua città per raggiungere e incontrare le persone nelle più lontane periferie” della capitale.
Si deve a Giuseppe Notarstefano, docente universitario palermitano e vice presidente nazionale di Ac, la ricostruzione, presentata ieri all’Università La Sapienza, dell’impegno civile di Bachelet. Alla base del quale stava una riflessione “politica” approfondita proprio a partire dal Vangelo e da una spiritualità feconda. “Agire, bisogna, certamente – affermava Bachelet ancora in età giovanile -. Parlare, anche a voce alta e sicura, tutte le volte che sia necessario, e spesso, molto spesso, è necessario agire e parlare con coraggio. Ma soprattutto è necessario agire e parlare con amore”. Notarstefano commenta: “I laici credenti possono e devono prendere parola nello spazio pubblico, contribuire con il proprio originale contributo alla ricerca del bene comune possibile, ma è soprattutto lo stile cordiale e accogliente che deve connotare il loro apporto all’edificazione della città comune”. Così “l’impegno per la città è cura delle sue vulnerabilità e delle fragilità delle persone che in essa abitano e vivono, il bene comune non può che essere che il perseguimento del bene di tutti, e in particolar modo dei più deboli e dei piccoli”. La tensione sociale di Bachelet anzitutto “riconosce la presenza del Cristo che chiede di essere amato e servito nei suoi figli più fragili”; è intimamente connessa alla cura della fede e al compito incessante che il credente deve avere in ordine all’evangelizzazione.
Lo stesso Vittorio Bachelet scrive nel suo taccuino personale nel 1964, recentemente pubblicato dalla casa editrice Ave: “Bisogna ricordarsi di non identificare mai se stessi o i propri interessi, o anche le proprie idee, con il bene comune”. C’è un orizzonte vasto di fede e carità, di cultura e di passione civile che segna la biografia di questo “martire civile” proveniente dalle fila del mondo cattolico, come lo furono altri, fra i quali, solo per fare due nomi, Piersanti Mattarella o Roberto Ruffilli. Storie personali divenute patrimonio del Paese che oggi, anni dopo, conservano tutta la loro freschezza e indicano senza incertezze, in un’epoca carica proprio di incertezze, la strada della coerenza tra fede e vita.

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