Acireale / Alla Zelantea reinterpretazione del mito di Aci e Galatea

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Nella Biblioteca e Pinacoteca Zelantea di Acireale, si è svolto un breve spettacolo sul mito di Aci e Galatea. Si deve al maestro Ezio Donato, per onorare la città nel suo giorno, la realizzazione di uno spettacolo sulla propria leggenda declinata in una veste mai vista prima. Una serata all’insegna dell’arte e della cultura offerta dall’associazione culturale Sajamastra. Il regista si è avvalso non solo dell’aiuto dell’attore Pippo Pattavina nel ruolo di Polifemo, ma anche della direzione musicale di Carmen Failla. Il ruolo di Galatea è stato invece ricoperto dal soprano Francesca Laganà. Ma è bene menzionare anche i musicisti Angela Minuta, Loredana Sollima e Filippo Fasanaro, rispettivamente all’arpa, al flauto e alle percussioni. Il regista stesso interpretava, invece, Tèlemo. 

Il testo originale è tratto dai classici della letteratura greca e latina, per esattezza dalle opere di Callimaco e Ovidio. Ma per onorare la città di Acireale è nato lo spettacolo “Aci e Galatea ma fu colpa di Polifemo”. Il ciclope, nell’immaginario collettivo da sempre descritto come un mostro cattivo ed assetato di vendetta, nella rappresentazione teatrale di Donato e Pattavina appare diverso. Non è il Polifemo descritto nei poemi omerici: un gigante brutale che Odisseo accecherà nell’opera. Polifemo, nella rappresentazione teatrale, è innamorato e si dispera per quest’amore non corrisposto. A delineare, per la prima volta, Polifemo in quest’ottica è il poeta greco Teocrito nei suoi Idilli. Quest’ottica di declinare così Polifemo è stata successivamente ripresa dal poeta latino Ovidio nella sua opera “Metamorfosi”.  

Uno spettacolo in onore di Acireale 

La locandina dell’evento.

Come afferma il Enzo Donato, la leggenda non è stata solo ispiratrice di opere per autori classici. Persino un poeta barocco, di origine spagnola, Luis de Góngora y Argote scrive sul mito di Aci e Galatea: Fábula de Polifemo y Galatea”E non è il solo. Basti pensare al Polifemo cantato da Salvatore Quasimodo nella sua opera lirica “L’amore di Galatea” andata in scena al Teatro Massimo di Palermo nel 1964. Anche qui, l’autore siciliano, narra le gesta di un ciclope primitivo ed ingenuo. Il ciclope non è cattivo, solo non riesce per amore a governare i propri istinti.

Questo perchè, secondo gli antichi mitografi, sulle sponde siciliane del mare Jonio, nel tratto di costa fra Acicastello e l’attuale Acireale, sarebbe esistita una grande città chiamata Xiphonia. Gli storici antichi tramandano come il nome sarebbe derivato dall’antica parola greca composta che significa “promontorio dove scorre il sangue”. In base a questa versione, il sangue sarebbe quello del pastorello Akis, in latino Aci, ucciso per gelosia da Polifemo che lo considerava un rivale in amore nei confronti della ninfa Galatea. Per volontà degli Dei, il sangue di Aci sarebbe diventato un fiume che forse ancora oggi scorre in forma sotterranea sotto il territorio di Acireale fino ad arrivare al mare.

Acireale / Lo spettacolo va in scena alla Biblioteca Zelantea

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Lo spettacolo, durato circa un’ora e mezza, si è sviluppato in modo colto, profondo, con alcuni momenti ironici e drammatici, punteggiato di volta in volta da musiche delicate, struggenti, disperanti o incalzanti a cura C. Failla ed alcune di G.F. Handel. 

Recita un breve estratto a cura del narratore: “Galatea non era una ragazza, era una ninfa del Simeto, una divinità del mare, di cui, Polifemo era innamorato. E tu, Telemo, lo sai bene, sei un veggente e sei amato dalle nove muse. I coloni greci che arrivarono in Sicilia la chiamarono Galatea, perchè aveva la carnagione come il latte e dolce come il primo alimento dato ai uomini che nascono dal corpo di una femmina. Ma lei, non ricambiava l’amore di Polifemo. Amava il pastorello Aci, figlio del dio Pan, il dio dei pastori. Era giovane, bello e vigoroso.  In Sicilia si era unito da una ninfa del Simeto, come poteva il frutto di questo amore, Aci, non  innamorarsi anch’egli di una ninfa? Il destino è nelle origini! Anche se, a causa del destino andrò in contro alla morte”. 

Come afferma Enzo Donato “Comunque siano andate le cose, in questa triste vicenda narrata dai poeti, una cosa è certa: il nome di Aci, con la sua prodigiosa trasformazione in fiume, vive nel racconto da quasi 3000 anni ed ancora oggi rappresenta il mito fondativo della città di Acireale e quale luogo migliore, per poter celebrare la cultura, se non usare la Biblioteca Zelantea?”

Giorgia Fichera

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