Consulta nazionale / Solo tredici donne tra quattrocentotrenta membri

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Consulta nazionale

Era il 1° ottobre 1945 quando Angela Maria Guidi Cingolani pronunzia il suo discorso, intervenendo nell’aula di Montecitorio.  Prima donna a prendere la parola in un’aula istituzionale, scelta tra le 13 donne nominate alla Consulta Nazionale, esordisce con un discorso politico d’insieme mettendo in evidenza l’insoddisfazione per uno spazio politico ristretto lasciato alle donne.

Con il decreto luogotenenziale del 5 aprile 1945 n°146 si istituì la Consulta Nazionale, con lo scopo di dare pareri su problemi generali e legislativi da sottoporre al governo. Per assolvere a questi compiti la Consulta, oltre a riunirsi in assemblea plenaria, era suddivisa in dieci Commissioni.
Si trattava delle prime prove generali della nascente democrazia parlamentare e per le donne il primo banco di prova, un vero e proprio battesimo politico.

Dagli interventi al femminile veniva fuori il grande sentimento che univa tutte le italiane: sentirsi vive e coinvolte nella ricostruzione morale e materiale del paese. Cercando di non far notare la loro assenza precedente nell’attività della politica italiana dove non erano state mai protagoniste attive.
I consultori erano stati nominati dal Governo che si era avvalso per la designazione dell’ascolto dei maggiori partiti politici. La convocazione per lo più riguardava ex parlamentari, partigiani, antifascisti e appartenenti ad organizzazioni sindacali professionali, culturali, reduci e mutilati di guerra.

membri governo Parri
Membri del governo Parri

Consulta nazionale:il presidente Parri presenta il programma di governo

Il 26 giugno 1945 il presidente del Consiglio Ferruccio Parri presentò il programma di governo per la sovranità dello Stato. Sul superamento della monarchia e sulla proclamazione della Repubblica, sul ricordo della Resistenza, su un antifascismo radicale e dei martiri per la libertà, su una profonda giustizia sociale, sulla laicità e la separazione tra Stato e Chiesa.
E proponeva di avviare la ricostruzione del Paese, materialmente e moralmente.
Infatti la Consulta Nazionale convocata dal governo Parri, affidata al vicepresidente del Consiglio dei Ministri Manlio Brosio (PLI) e presieduta da Carlo Sforza, comprendeva 430 membri, dei quali solo tredici erano donne.

Tredici le deputate che condividono una cultura antifascista e l’esperienza partigiana. Cioè le democristiane Laura Bianchini e Angela Guidi Cingolani. Le comuniste Adele Bei, Teresa Noce, Gisella Floreanini Della Porta, Rina Picolato, Rita Montagnana, Ofelia Garoia, Elettra Pollastrini. Le socialiste Jole Lombardi Tagliacozzo, Claudia Maffioli, Clementina Caligaris. La liberale Virginia Quarello Minoletti e l’azionista Ada Prospero Marchesini Gobetti, subentrata a Bastianina Musu dopo la sua morte.

Le consultrici erano, tutte del Centro-Nord, ad eccezione della Tagliacozzo Lombardi, che era di Napoli. Solo cinque di esse arriveranno all’Assemblea Costituente. Nonostante tutte si fossero candidate ed avessero preso parte attivamente alla campagna elettorale per le elezioni della Costituente. Solo sei proseguirono la carriera politica mentre tutte le altre, esaurito l’incarico nella Consulta, tornarono a vita privata.

Donne istruite alla Consulta

Il livello d’istruzione delle donne alla Consulta era rappresentato di una varietà di cultura e di esperienze lavorative e politiche diverse. Tra di esse sei erano laureate, tre diplomate, quattro risultavano non avere nessun titolo di studio superiore. Tutte provenivano dal mondo agricolo ed operaio e dal mondo della scuola.
L’esperienza partigiana ormai era passata nel dimenticatoio. I Partiti prevalentemente maschili furono molto restii a riconoscere il ruolo e il valore che il mondo femminile aveva dato alla causa per la liberazione e alla successiva fase della transizione. Superate queste, si affievolì sempre  più l’interesse e la promozione della donna nei processi decisionali e nelle aule istituzionali.

Angela Guidi Cingolani
Angela Guidi Cingolani

Era già avviata su proposta congiunta di De Gasperi e Togliatti la determinazione di un ampliamento della base elettorale e il conseguente diritto di voto per le donne. Il 31 gennaio del 1945 con decreto legislativo luogotenenziale, l’interesse e l’attenzione per le donne, come nuovo soggetto politico e sociale, avevano prevalso sulle perplessità e sulle preoccupazioni che venivano legate ai timori e alle incertezze dei possibili effetti elettorali e alla imprevedibilità del voto femminile.

Proprio queste motivazioni videro il dibattito nelle aule della Consulta sempre più vivace ed acceso, quando si iniziò a parlare dell’obbligatorietà del voto. Fu allora che si aprì il primo vero scontro tra due opposti fronti politici. Scontro che portò alla risoluzione con l’approvazione, il 23 dicembre del 1945, del voto obbligatorio. Risoluzione osteggiata da comunisti, socialisti e azionisti, e appoggiato invece dai democristiani (che avevano presentato il provvedimento) e dai liberali.

Angela Guidi Cingolani portavoce dell’insoddisfazione delle donne

Angela Maria Guidi nel suo discorso inaugurale del 1° ottobre metteva già subito in evidenza l’insoddisfazione per gli spazi politici lasciati alle donne. Evidenziando quanti timori, scetticismo e perplessità per le attese ci fossero sia all’interno sia al di fuori dell’aula di Montecitorio nei confronti delle donne. Nonostante queste fossero state inserite nella Consulta.
Con fermezza precisava il ruolo attivo che le donne intendevano avere e il forte spirito di coesione democratico che le animava.
“Noi dunque vogliamo essere forza viva di ricostruzione morale e materiale: possiamo farlo, perché siamo tutte lavoratrici per la stessa dignità di donne, noi siamo contro le dittature di ieri, e contro qualsiasi ritorno alle dittature di domani”.

Poiché la malavita politica che ha fatto mostra di forza di sé nelle adunate oceaniche non ha fatto altro che alimentare la malavita privata. La donna è un istinto in marcia. E’ quell’istinto che le fa essere a guardia e a tutela della pace. Prima di tutto pace serena delle coscienze dalla quale deriva la pace feconda delle famiglie e la pace operosa del lavoro. Questa ricerca di pace e la finalità che l’Italia avrebbe raggiunto nella sua ricostruzione se le donne avessero saputo essere l’anima, la poesia, la sorgente della vita nuova del risorto popolo italiano.

La Guidi ancora incitava ed esaltava le donne italiane ad una intrepida operosità, fonte di illuminato ottimismo nel rispetto della libertà per i diritti e i doveri di quante donne erano in attesa dei risultati della Consulta, invitando a trarre fuori il capo e a uscire in campo a lottare quanti avrebbero tentato di osteggiare la libertà e il rispetto della dignità dell’uomo. A combattere per la libertà nel momento in cui si era aperto quello spiraglio: “Venite, venite e non andate ad aspettare il tempo, che il tempo non aspetta noi!”.

                                             Giuseppe Lagona

 

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