Coronavirus e dintorni / Tra fatica e speranza, nella grande tragedia, si afferma il sentimento del dono

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Con il passare dei giorni le notizie ci comunicano il sempre crescente numero di contagi e le difficoltà di trovare risorse capaci di affrontare le cura adeguate per ciascun paziente.
I più fragili per età, per le patologie pregresse, per l’assenza di difese immunitarie cedono anche se aumenta il numero dei guariti, l’Italia è sconvolta, il mondo intero è sotto l’incubo di un contagio devastante e senza tregua.
Anche se si sta facendo di tutto per affrontare con realismo e cercando ovunque nuove risorse per combattere questa difficile situazione sanitaria ed economica, restano molte incompiute e sorgono molti interrogativi. Ognuno affronta il problema come sa e come può e questo aiuta a riflettere sulle modalità migliori per gestire questo tempo difficile e nuovo e come affrontare il futuro che seguirà al terribile morbo che ci ha flagellati nel corpo e nello spirito.
Siamo invitati da ogni parte ad avere coraggio, a non perdere la speranza, abbiamo anche esempi luminosi di generosità da parte di operatori a tutti i livelli e delle varie professionalità e di volontariato organizzato. Cogliamo in loro la grande dedizione alla solidarietà e mettere a disposizione tutte le loro risorse pur sapendo del grande rischio di contagio, confermato da quanto accade tra gli operatori e perfino dei tanti morti sul campo.
Ci commuove questa donazione di vite e questo impegno generale da parte di tutti gli operatori e non smettiamo di dire grazie e di sostenerli con affetto, stima e con la forza della fede che esprimiamo con tanta preghiera a Colui che è il Signore della Vita, certi che ce la custodisce e ci sostiene nel volerla spendere bene. Spendere bene la vita in fondo è quello dello spendere bene tutte le proprie energie (intelligenza, professionalità, conoscenze, talenti, risorse di ogni tipo ) per il bene comune, per rendere gli altri felici.

In casa bisogna intrattenere i bambini

Questo tempo che ci obbliga a stare in casa ci favorisce la riflessione, ci interroga, ci induce a pensare come saremo dopo un lungo isolamento, cosa avremo maturato sul senso della vita, sui nostri sacrifici, sul cammino verso la felicità per cui ogni giorno lottiamo.
Ho pensato molto in questi giorni alla gara di solidarietà che stanno mostrando tutte le persone impegnate a curare, a vigilare, ad aiutare lo svolgimento di compiti così delicati e anche rischiosi per il possibile contagio e trovo che in molti c’è tanta generosità che nasce dal bisogno collettivo che si è creato, come se l’uomo avvertisse il senso del suo limite e si accorgesse del bisogno dell’altro.
Un uomo che guarda con occhi nuovi il suo compagno di avventura e si fida, si affida, gli porge il suo aiuto e si fa solidale con lui. Così si riscopre il valore della collaborazione, il valore del dono, la reciprocità dell’aiuto, l’amicizia tra i popoli, tanto auspicata e tanto a lungo maltrattata e respinta. Un virus ci rende tutti bisognosi, tutti impotenti, tutti uguali … non più sgambetti, non più il primato, non più il disinteresse, perché la salute è a rischio e nessuno vuole perderla, spaventa il primato dei morti e dei colpiti dal male. Spaventa tutti.
Di quante risorse abbiamo bisogno: personale qualificato, presidi, locali, materiale d’uso, attrezzature, medicine … Si ricorre agli aiuti da qualunque parte vengano, anche quelli di tipo economico e si scopre che tutti i Paesi del mondo, da qualunque continente si scambiamo e si offrono le risorse di cui dispongono come tra amici.
Ciò è certamente di grande conforto e ci fa guardare al futuro con speranza. Si, la speranza che l’uomo impari a guardare l’altro come amico, come un compagno di viaggio a cui porgere la mano e chiedere aiuto.

Teresa Scaravilli

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