Diocesi / Don Coco: “45 anni di sacerdozio per farmi portavoce della misericordia di Dio”

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Il prossimo 5 giugno la comunità parrocchiale di Aci Platani si stringerà attorno al suo parroco don Salvatore Coco in occasione del 45° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Un momento particolare che la comunità desidera vivere nella preghiera e nel ringraziamento al Signore per aver donato alla Comunità diocesana di Acireale un sacerdote buono e generoso, sempre pronto al servizio di Dio e dei fratelli.

Due sono i momenti previsti dal programma allestito per l’occasione dal Consiglio pastorale parrocchiale. Venerdì 4 giugno, alle ore 19.30, nella chiesa Madre, la comunità si riunirà per una veglia di preghiera e di adorazione eucaristica. Sabato 5 giugno, alle ore 19, solenne concelebrazione liturgica di ringraziamento, presieduta dal parroco e animata dai cori parrocchiali. Saranno presenti il Consiglio pastorale parrocchiale e i rappresentanti delle parrocchie dove don Salvatore è stato chiamato a svolgere il suo ministero pastorale.

Il cammino sacerdotale di don Salvatore Coco

Ordinato sacerdote il 5 giugno del 1976 da  mons. Giuseppe Costanzo, don Salvatore comincia l’intensa attività pastorale come assistente nel Seminario vescovile di Acireale.
Il primo gennaio 1978 viene nominato parroco della parrocchia Maria SS. del Rosario in Cosentini e dal 1980 è contemporaneamente vicario della parrocchia S. Antonio Abate in Aci S. Antonio. Servizio che è costretto a lasciare nel 1985, quando sarà nominato parroco della parrocchia Santa Maria del Lume in Linera.

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Don Salvatore Coco e due giovani parrocchiani

Il 10 gennaio 1980 viene nominato canonico della Basilica Collegiata di San Sebastiano in Acireale. Dal 1992 è parroco nella parrocchia San Giovanni Battista di Aci Trezza e successivamente sarà chiamato a guidare contemporaneamente la vicina parrocchia di Santa Maria la Nova.
Dal 2001 svolge il delicato servizio di direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi.
E’ parroco della parrocchia di Santa Maria la Stella in Aci S. Antonio dal 7 settembre 2009 e  parroco di Aci Platani dal 2019.

Don Salvatore Coco scrittore

La vita sacerdotale di don Salvatore è stata caratterizzata anche dall’intensa opera di scrittore. L’ultima sua fatica letteraria, presente in tutte le librerie d’Italia, è “Malabotta”: un romanzo straordinario ed appassionante che, grazie alla scrittura fluida dell’autore, permette di immedesimarsi con naturalezza nei sentimenti narrati, nelle situazioni vissute dal protagonista, partecipando sempre più alla storia man mano che ci si addentra nella lettura.

Certo quarantacinque anni di vita sacerdotale non sono pochi. Ed è quasi naturale il bisogno di voltarsi indietro per un momento e valutare il tratto di strada percorso da quando si è sentita forte ed esigente la chiamata del Signore. Siamo andati a trovarlo e, con la semplicità e la disponibilità che lo hanno sempre contraddistinto, ha risposto con sincerità alle nostre domande.

Don Coco, in questi particolari momenti è forte l’esigenza di ringraziare il Signore per il prezioso dono del sacerdozio. Quali sono i sentimenti che in questi giorni abitano il suo cuore?

La vita di un prete è una vita “espropriata”  perché interamente dedicata al Vangelo, al servizio di una comunità sia in termini di tempo e sia di investimento di tutte le energie di mente, di cuore, di operatività. Mi sovviene quanto dice l’apostolo Paolo: tutto faccio per il Vangelo.

 Ogni giorno è pieno di gratitudine a Colui che mi ha chiamato e non è lecito parlare nel suo Nome se prima non ci si è intrattenuti alla sua presenza per percorrere i suoi medesimi sentieri senza anteporre nulla al suo amore.

Certo ogni giorno chiede di stare con Colui che ha dato tutto se stesso per noi per andare ad annunziare. Ma l’anniversario dell’Ordinazione costituisce un particolare momento in cui lo stare alla presenza del “Padrone della vigna” diventa anzitutto lode e ringraziamento. E conseguentemente momento di grazia, perché risaltano maggiormente le incrostazioni che si sono accumulati negli anni e dalle quali è necessario liberarsi.

Tengo ben presente quanto è scritto nell’Apocalisse: “Ho da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima” (Ap 2, 4). Non è lecito invecchiare, non si può indurire il cuore, non si possono percorrere sentieri solitari.

Don Coco,  quarantacinque anni di sacerdozio sono un bel tratto di strada. Si sente di tracciare un breve bilancio del suo intenso cammino sacerdotale?

Non riesco a fare bilanci ma solo posso affermare con la celebre frase di Bernanos: “Tutto è grazia”. Solo in questa dimensione ogni gesto compiuto nel ministero acquista un senso. In verità il ministero presbiterale è impastato di ogni realtà umana. Ma ciò che dà forma e vita è solo il soffio dello Spirito e noi presbiteri siamo chiamati ad essere animati dal suo Spirito.

 Negli Atti degli apostoli questo è messo ben in risalto: “Ora avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà” (Atti 16). Il punto nevralgico è proprio quello di essere vela che si apre allo spirare dello Spirito e non muoversi a partire dai calcoli umani della convenienza, dell’opportunità o dal ritorno di immagine. Si chiede ad un ministro del vangelo di porre gesti di discontinuità e non di assuefazione. Se devo rivedere per un attimo il cammino dei quarantacinque anni di ministero desidero raffigurarli con l’immagine evangelica dei discepoli inviati da Gesù. “Ed essi, partitisi, andavano attorno di villaggio in villaggio, evangelizzando.
Essendo ritornati, raccontarono a Gesù tutte le cose che avevano fatte; ed egli, presili con sé, si ritirò in disparte verso una città chiamata Betsaida” (Lc 9,10).don salvatore coco 2

Sono andato da Cosentini e Linera ad Acitrezza, da S. Maria la Stella ad Aci Platani per annunciare e rendere presente la misericordia di Dio. Ma c’è la seconda parte che attende ad ogni operaio della vigna: il ritorno dei discepoli che raccontano a Gesù quanto avevano fatto ed è davvero consolante “e presili con sé si ritirò con loro in disparte”. Che attendersi? L’essere accolto dal Signore Gesù e restare nel suo amore.

Don Coco, quali parole di speranza si sente di dire alla sua comunità che ancora oggi porta i segni del doloroso evento sismico del dicembre 2018, con tante famiglie costrette a rimanere fuori dalle proprie abitazioni dichiarate inagibili?

La situazione che vive oggi la comunità di Aci Platani assomiglia molto a quella condizione in cui Gesù dice agli apostoli: “Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare” (Mc 8,2).

Questa è la lieta notizia che mi rasserena davanti alle tante urgenze che si stanno sperimentando.. Non siamo soli, non siamo anonime pedine in balia di potenti senza scrupoli, siamo figli di un Dio che si preoccupa per noi e non ci fa mancare l’essenziale. È in nome di questa certezza che dobbiamo rialzarci e metterci in cammino, Quei sentimenti di Gesù davanti a quella folla ora li dobbiamo avere noi in questo preciso momento: dobbiamo fremere da sconvolgere le nostre viscere, cioè bisogna immedesimarsi nella situazione dell’altro.

Aci Platani è una comunità che ha una lunga e gloriosa storia ma ora, per svariate cause, avverte un senso di sfaldamento, rileva una sorta di caduta di desiderio, ma nello stesso tempo fa percepisce il grido del povero: “Signore salvaci”. È tempo di mangiare, di nutrirci e non essere atterrati. Sono diversi motivi e segni che lo fanno avvertire e ritengo che non possiamo fermarci alla semplice costatazione. Ora è venuto il momento di intraprendere un percorso, un vero cambiamento di rotta che faccia uscire dalle secchie in cui si è caduti. Più che elencare i segni di abbattimento preferisco individuare un percorso comune.

Recuperare la propria identità

Recuperare la nostra identità senza alcuna perplessità. È la cosa che è a fondamento di tutto. Ascoltarci reciprocamente e avere a cuore la nostra realtà di comunità di Aci Platani. Era scritto nella scuola di Barbiana: I Care, mi impegno, mi sta a cuore! Quello che coltivo dentro il mio cuore devo riconoscerlo e promuoverlo ovunque.

Porre dei gesti nuovi e concreti. Bisogna scommettersi, dedicare anche del tempo e non estraniarsi. Non è concepibile la fuga del proprio ambiente per rifugiarsi nel privato o rimanere intenti a coltivare degli hobbies.

Non chiudere gli occhi davanti a difficoltà che disgregano. Il terremoto del 2018 ha rivelato tante crepe oltre quelle lasciate negli edifici. E nessuno può rimanere indifferente davanti alle problematiche che ancora si trascinano a discapito di tanti che hanno perso la casa e la loro serenità. Non si può sorvolare sulla viabilità tortuosa a causa del sisma e che tuttora non trova soluzione.

Se questi sono gli effetti immediati che saltano agli occhi, bisognerebbe volgere pure l’attenzione al decrescere degli abitanti con conseguente aumento delle case sfitte e disabitate. Da qui nasce la difficoltà di avere tra noi nuove generazioni e un ricambio generazionale. Possiamo tutti insieme uscire da questo tunnel. Ci attende un futuro esaltante, non perdiamo questa opportunità per mettere in campo tutta la nostra creatività e vivacità.

                                                                                                          Giovanni Centamore

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