Europa / Se non si attiva la solidarietà cade il fondamento della Casa comune

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“Sappiamo, e sempre più duramente verremo a sapere, quanto paurosamente l’Europa ha infuriato contro sé stessa e quanto profondamente ha tradito il suo spirito. Ovunque sono state distrutte città e sono imbarbariti linguaggi e non si può misurare quanto è accaduto nell’anima vivente”. Era da poco finito il secondo conflitto mondiale e così scriveva il “pensatore europeo” Romano Guardini.

Non ci sono state da allora stragi compiute da uomini e di così spaventosa portata, ma un’altra strage sta rendendo molte regioni europee terre di desolazione, di sofferenza, di morte. Scenario diverso ma le parole di Guardini non sono fuori dal tempo.
Da una parte il grido alla vita dell’Europa nel tempo della pandemia, dall’altro un vuoto culturale e spirituale che sgretola il senso di una comunità, di un’unità di persone e di popoli nata sulle macerie e aperta al futuro.
A ricordarlo sono l’umanità e la solidarietà di quanti rischiando la propria per salvare l’altrui vita si pongono come silenziosi e severi interlocutori di una politica senza lungimiranza. Una politica incapace di guardare con onestà intellettuale, dentro l’Europa, intorno all’Europa, oltre i diversi confini imposti da un uomo a un altro uomo.

E’ questa assenza di pensiero a lasciare nell’oblio quelli che Romano Guardini chiamava “compito e destino” dell’Europa. In due parole riassumeva il magistero dell’Europa sull’uomo, sul suo vivere di relazioni, di libertà e responsabilità, di corpo e di anima. Nulla in contrapposizione, tutto in armonia a fondamento imprescindibile di una cultura e di una politica tese al bene comune.
A partire dalla riscoperta del suo “compito e destino” l’Europa può ritrovare la direzione della sua storia. Può superare l’ottica del nemico-amico che ha inquinato, anche nel tempo del virus, il confronto politico e spesso ha deluso e disorientato l’opinione pubblica.
Il futuro all’Europa esige a partire dai Paesi che appartengono all’Unione europea uno sforzo per ripensare la loro storia in relazione al costituirsi dell’esperienza comunitaria europea. L’assenza o la carenza di questa memoria rende difficile la strada della speranza.
Il cammino, indicato e iniziato dai padri al termine della seconda guerra mondiale, si è fermato come confermano in questi giorni le diffidenze tra il Nord e il Sud europei. Se crolla il fondamento della solidarietà di fatto, cade la casa comune, il compito e il destino dell’Europa si dissolvono. Occorre evitarlo, non c’è tempo da perdere, nessuno si può chiamare fuori.

Forse è inutile, se non retorico, ripeterlo ma in una notte piena di rumori, questo è il grido dell’Europa, un grido che scuote la coscienza di chi pensa al futuro, di chi pensa alle generazioni che salgono.

Paolo Bustaffa

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