Giovani e pandemia / Una ritrovata libertà che si fatica a disciplinare: e se gli adulti dessero il buon esempio?

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E’ tanto un gran parlare, nelle ultime settimane, a causa dell’aumento, ormai anche in Italia, dei contagi del Covid-19; contagi spesso attribuiti ai giovani ed al loro continuo assembrarsi senza alcun rispetto per le regole. E forse hanno realmente una parte di colpa perché, messi in guardia e coscienti dei rischi che si corrono, fanno ugualmente orecchio da mercante o prendono con leggerezza le indicazioni impartite.
Questo è vero soprattutto per chi, raggiunta ormai l’età della consapevolezza e della razionalità, ci si aspetta che agisca con saggezza e buon senso e, soprattutto, dando l’esempio a chi si muove, invece, secondo l’ardore giovanile che sorvola sulla riflessione e si lascia vincere dagli impulsi.
Stiamo parlando di quella fascia di età che comprende l’adolescenza ed il suo strascico fino a ben oltre la maggiore età: gli anni della pubertà in cui si è tutti un guazzabuglio di emozioni, un’esplosione di ormoni impazziti, una categoria di animali sociali che, senza doverli giustificare, meriterebbero forse maggiore comprensione piuttosto che il nostro accanimento.
Questi ragazzi stanno vivendo un momento storico davvero particolare, fortemente in contrasto con le troppe libertà di cui si erano appropriate e soffrono, anche inconsapevolmente, forse più di tutti.
I giovanissimi, finalmente fuori dal bozzolo, alle prese con le prime amicizie e i primi confronti, alla ricerca di affinità e complicità ma anche alle prese con i primi atti di coraggio e i primi scontri, perché ci si è scoperti tutti un po’ di diversi, ciascuno a modo suo. Ragazzi che si stavano approcciando ai primi batticuori, alle prime ambizioni sportive; chi finalmente aveva conquistato la propria indipendenza con un semplice e malandato mezzo a due ruote.
Improvvisamente: il mondo si è fermato. Per un periodo ch’è parso infinitamente più lungo di quanto lo fosse realmente, questi ragazzi sono stati intrappolati nelle gabbie delle loro stesse camerette. Niente più uscite di gruppo, niente più giochi di squadra, niente momenti di aggregazione scolastica che rendeva quell’obbligo civile quasi sopportabile.
Molti diplomanti avevano fantasticato sulla buona riuscita della cena di fine anno, altri sul vestito e sul catering del diciottesimo compleanno; d’un tratto lo stop: l’isolamento, l’incertezza, la paura. Sono sopravvissuti a malapena grazie a qualche escamotage e anche qualche trasgressione ogni tanto.
E adesso? Adesso che sembrava possibile riappropriarsi delle proprie libertà, adesso che hanno riaperto le gabbie, che ci hanno permesso pure di goderci la stagione estiva; come si fa a tenere a freno l’entusiasmo giovanile di chi vuol ritrovarsi, di chi vuol riprendere da dove si era lasciato, di chi vuol continuare a sognare e fare progetti? Loro ci provano a mantenere una distanza che si dimostra poi troppo elastica e si accorcia con la stessa intensità con cui si è provata ad allungarla.
E provano pure ad usare le mascherine: certo, come paragomito, come sottomento o facendola ciondolare dall’orecchio come spesso si sentono autorizzati a fare gli adulti.
Sono davvero da biasimare questi piccoli grandi uomini che hanno tanta sete di socialità? Che, dopo l’esperienza del lockdown, hanno persino trovato la forza di superare l’isolamento indotto dai dispositivi elettronici e dai social, per riconquistare una “ri-apprezzata” libertà di aggregazione?
Nei loro sorrisi e nei loro schiamazzi c’è tutta la voglia di sopravvivere a qualunque emergenza sociale e sanitaria. Forse bisognerebbe dialogare con loro, forse andrebbero solo guidati un po’ di più o forse avrebbero solo bisogno di esempi migliori da seguire.

Cristiana Zingarino

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