Gli immigrati “non sono numeri”, ma una grande e “numerosa” risorsa

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Mentre dall’Africa continuano a partire dei migranti diretti verso le coste siciliane (ed in particolare verso l’isola di Lampedusa), talvolta con conseguenze fatali per via dei tanti morti lungo la traversata, il 30 ottobre scorso è stato presentato a Roma il Dossier statistico 2012 sull’immigrazione, curato dalla Caritas e dalla fondazione Migrantes della CEI (Conferenza Episcopale Italiana).

Il rapporto, realizzato dalla cooperativa Idos, utilizza quest’anno – in occasione della sua 22^ edizione – lo slogan significativo “Non sono numeri”, tratto dal messaggio pronunciato da Papa Benedetto XVI il 15 gennaio 2012 in occasione della 98^ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Il Papa disse infatti quel giorno in piazza San Pietro, all’Angelus domenicale, le seguenti  parole: “Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri! Sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace”.

La presentazione del dossier a Roma

Il dossier contiene soprattutto dati statistici, ma dà la possibilità di ricavare anche delle altre informazioni, messe in risalto durante la presentazione dagli ospiti presenti, tutti altamente qualificati: mons. Giancarlo Perego, direttore della fondazione Migrantes, e mons. Paolo Schiavon, presidente ad interim della medesima fondazione; Franco Pittau, coordinatore del dossier; Andrea Riccardi, ministro per la cooperazione internazionale; e  Shqiponja Dosti, mediatrice culturale albanese. Tutti hanno puntualizzato, con riferimento allo slogan del dossier, la necessità di considerare gli immigrati come persone dotate di dignità umana, e non solo numeri: l’immigrazione va vista come “un fattore di opportunità e non un limite per il paese ospitante” (Perego); gli immigrati “percepiti non come un problema, ma come un’opportunità” (Riccardi); gli immigrati vanno considerati come “persone disposte a impegnarsi, ma bisognose di essere riconosciute nella loro dignità dagli italiani e sollecitate a lavorare insieme” (Pittau). Parlando poi del dossier, il vescovo Schiavon lo ha definito “uno strumento per recepire la prospettiva conciliare, per valorizzare la diversità, per costruire una nuova cittadinanza, per superare paure e discriminazioni, per promuovere la libertà e la dignità delle persone migranti”.

Ospiti del centro Sprar di Acireale (foto d’archivio)

E’ stato pure affrontato l’argomento della normativa italiana in merito alla cittadinanza degli extracomunitari, tra cui anche i tanti provenienti da località interessate da focolai di guerra o perseguitati per motivi politici, religiosi o umanitari, che  hanno diritto al riconoscimento dell’asilo e che fanno capo al Servizio per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) del Ministero dell’Interno. Allo stato attuale,  viene rilasciato ogni anno in Italia un numero limitato di cittadinanze, anche se la cittadinanza rappresenta il prerequisito indispensabile per ottenere integrazione e stabilità nel nostro Paese. Significativa è stata la testimonianza di Shqiponja Dosti, mediatrice culturale di origine albanese, ma sposata con un italiano e  cittadina italiana da 15 anni. Shqiponja ha parlato del “profondo attaccamento degli immigrati al paese che ci ha accolto”, che va al di là di tutti i pregiudizi che spesso incontrano nei loro confronti, e del desiderio di volersi sentire “sempre più italiani”. Dopo avere auspicato, per il futuro, che il governo italiano possa “riprendere in mano il discorso della cittadinanza e, specialmente, pensare a soluzioni più soddisfacenti per favorire nelle seconde generazioni dei nati in Italia il senso di appartenenza all’Italia”, ha concluso il suo intervento con un appello: “Sentiteci vicini. E noi immigrati saremo con voi perché l’Italia è la nostra terra e la nostra casa è qui, tra di voi.”

Gruppo di immigrati

Dal dossier emerge che gli immigrati in Italia sono arrivati a quota 5 milioni, cioè l’8,2% della popolazione secondo l’ultimo censimento del 2011 (1 ogni 12 residenti). E se fino al 2010 la maggior parte degli immigrati era di provenienza extracomunitaria, dopo tale data è notevolmente aumentato il numero dei comunitari (che non sono più inclusi nell’archivio dei permessi di soggiorno), soprattutto provenienti dai 12 nuovi stati membri dell’Unione Europea. I principali paesi d’origine sono risultati la Romania, la Polonia e la Bulgaria, ma – stranamente – gli immigrati provengono anche da Germania, Francia, Gran Bretagna e Paesi Bassi. Tanto che, a livello continentale, le maggiori provenienze sono adesso proprio dall’Europa, che tra comunitari (27,4%) e non comunitari (23,4%) supera il 50%, mentre l’Africa si trova al secondo posto con il 22,1%, seguita dall’Asia (18,8%) e dall’America (8,3%).

La distribuzione del dossier

Dati interessanti si riscontrano anche a livello occupazionale, perché a fronte di un milione di posti di lavoro persi in Italia tra il 2010 e il 2011, si registrano 750mila assunzioni di stranieri, in quella tipologia di lavori a forte manovalanza che non sono più ambìti dagli italiani, nemmeno dai disoccupati: operai e operatori nel campo agricolo, dell’edilizia, dei trasporti, delle pulizie, della movimentazione merci, a cui potremmo aggiungere i collaboratori familiari e i numerosi badanti per anziani. Tutte attività per le quali gli immigrati, spinti dal bisogno, non guardano tanto per il sottile, pur di poter lavorare.

Il rapporto sottolinea inoltre la rilevanza assunta anche da altre categorie di immigrati, quali, in particolare, i marittimi, gli studenti universitari ed i calciatori.

Nino De Maria

 

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