Hamas – Israele / Guerra infinita se non si comincia a parlare dello Stato palestinese

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tregua nel conflitto tra Hams e Israele

L’incerta ed esile tregua tra Hamas ed Israele si è dissolta nel brevissimo spazio di un baleno. Non è stato dunque neppure possibile mettere in campo quella minima organizzazione di aiuti materiali e di soccorsi che la popolazione di Gaza attendeva con drammatica ansia. Il conflitto si è quindi di nuovo impadronito del terreno di Gaza. Continuerà allora ad infierire impietosamente e con barbara crudeltà sulla popolazione civile già a lungo martoriata.

Nonostante tutto, i Palestinesi non hanno perso la speranza

Questo conflitto allora non ha nessuna giustificazione logica né politica. Gaza ha da sempre sia l’aspirazione,  come pure la forte volontà di un ritorno alla normalità. Gaza per prima si augura di poter condurre – sia pure tra le solite mille difficoltà – una vita normale. La soluzione del problema della Palestina passa necessariamente attraverso il negoziato. Senza di esso, rimarrebbero sempre le solite illusioni. Esse sono oggi presenti, sopravvissute da troppo tempo. Almeno dalla guerra del ‘67, per non dire perfino dal 1948. Cioé, da ben 75 anni.

Conflitto Hamas-Israele, le contraddizioni della comunità internazionale

Il popolo della Palestina – che é fiero ed orgoglioso – sa di avere dalla sua parte il sostegno della larga maggioranza dell’opinione pubblica internazionale. E sa di poter contare anche sul diritto internazionale, che è saldamente ancorato alla sua posizione. Il popolo di Gaza (e della Palestina in genere) non deve cedere pertanto allo scoraggiamento, allo sconforto o all’abbattimento morale. Deve continuare la giusta battaglia politica, fino a raggiungere il sacrosanto scopo a cui aspira: la comunità, come Nazione.conflitto tra Hamas e Israele

I Palestinesi non devono cedere neppure alla lusinga costituita dal richiamo di quelle forze negative (lupi, travestiti de agnelli) che contano sulla strumentalizzazione della loro condizione, per propri fini egoistici e terroristici. Fini, che nulla hanno a che fare con le giuste rivendicazioni di una vita normale, serena ed alla piena opportunità per le generazioni future. Sotto quell’aspetto o profilo, almeno a parole, il consesso internazionale e l’ONU sembrano essere concordi. Fanno dunque il tifo per i profughi della Striscia di Gaza. Tutti cercano di dimostrarsi dalla parte delle giuste richieste della Comunità palestinese.
Ma la realtà è che la condizione di vivibilità nella Striscia é insostenibile. Essa si tramanda identica nel corso degli anni. Senza soluzione di continuità e nell’assoluto disinteresse. In primo luogo, proprio dei Paesi Arabi, là confinanti.

Poi c’è pure l’immobilismo della Comunità internazionale, nel suo insieme. Esso si desta solo quando giunge alla ribalta qualche fatto grave. Ma a Gaza scarseggia tutto. Dai viveri di prima necessità alle medicine, dall’energia elettrica all’acqua. Una realtà che genera dunque malessere, esasperazione, come minimo. È stata paragonata all’apartheid del Sudafrica dei tempi di Nelson Mandela. Cioè, ad un vero e proprio enorme ghetto, con problemi di vita quotidiana davvero di considerevole gravità. Con isolamento e degrado sociali, mai risolti e neppure presi in esame per essere risolti.

Conflitto Hamas-Israele: lo Stato Palestinese attende la fondazione da ben 75 anni

Dunque tutto conduce alla questione, mai risolta, dello Stato della Palestina. A tutt’oggi, bloccata là, dall’inerzia internazionale. E da ben 75 anni. Ed è proprio da lì,infatti, che muove Hamas quando cinicamente sfrutta, con estrema spregiudicatezza le frustrazioni e le insoddisfazioni dei profughi senza Patria. Ammassati o accampati nella Striscia di Gaza.

L’ONU dovrebbe garantire la fondazione dello Stato palestinese
La politica errata di Gerusalemme ha alimentato Hamas ed il terrorismo islamico in genere

I profughi palestinesi dunque costretti a far fronte all’emarginazione ed alla povertà. Vere e proprie piaghe sociali. E come se quello non bastasse, anche alla violenza ed alla guerra. Violenza da Hamas e guerra da Israele. Presi sempre in mezzo. Tra una sequenza di Azioni-Reazioni. Tutto sembra non debba mai giungere ad una conclusione. Cioè alla speranza di una pacifica e civile convivenza. Anche per colpa dei governi di Gerusalemme. Il fanatismo e l’estremismo non potranno mai essere estirpati con strumenti militari. Mai. Solo proposte ed iniziative politiche potranno servire a calmare gli animi più accesi ed infiammati. Ma diversi governi israeliani non hanno fatto altro che seguire esattamente la politica opposta. Alla base dell’esplosiva situazione palestinese, restano persistenti clamorosi, ed evidenti errori politici ebraici.

Conflitto Hamas-Israele: le violazioni del diritto internazionale

La politica dei due popoli-due Stati era già scolpita, in verità, sin dalla prima risoluzione Onu, la nº181 del 29/11/1947. La risoluzione Onu sancì infatti la divisione della Palestina in due territori distinti: il 56,47% del territorio, allo Stato ebraico ed il 43,53% di esso, al Popolo palestinese. Da lì occorre partire, se si vuol dare seguito agli accordi di Oslo. E far sì che si formi lo Stato della Palestina. Invece, Israele ha tenuto un atteggiamento ostile verso l’ineludibile realtà del nuovo Stato. Come Nazione ammessa all’ONU (Ris.273/1949) Israele é tenuta a seguire g1i obblighi internazionali, derivanti dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La risoluzione nº242/1967 ingiunse ad Israele di ritirarsi dai territori occupati nel corso della Guerra dei sei giorni. Tale risoluzione fu poi trasferita in quella n° 338/1973.

Con essa venne di nuovo confermato l’obbligo allo Stato ebraico del ritiro dai territori arabi occupati. Ritiro che avvenne solo parzialmente, e con riferimento soltanto alla penisola del Sinai. Mentre rimasero comprese nell’ occupazione (e lo sono a tutt’oggi) la Cisgiordania e le alture del Golan. È chiaro che la persistente occupazione della Cisgiordania confligge apertamente con la  sistemazione della condizione dei profughi palestinesi. Ed ostacola la fondazione del nuovo Stato. Addirittura Gerusalemme ha autorizzato, o incoraggiato, o comunque tollerato, la colonizzazione del territorio occupato della Cisgiordania.
La politica di occupazione dei territori è stata dunque ripetutamente condannata in sede ONU. Ed inoltre Gerusalemme non ha collaborato affatto con le Commissioni d’inchiesta che l’ONU ha inviato sul posto. Per accertare l’esatta posizione dello Stato ebraico.

Conflitto Hamas-Israele: come arrivare alla pace?

Allora la domanda rimane sempre la solita: come arrivare alla pace? Come arrivare anche alla fondazione dello Stato Palestinese, fino al tracciamento dei confini? Sul primo punto, dovranno provvedere gli elettori: dovranno eleggere nuovi governi a Gerusalemme che si dimostrino capaci di dialogare con i rappresentanti della Palestina. E capaci di iniziare a smussare gli angoli.

La politica del muro contro muro ha dimostrato che non aumenta affatto la sicurezza, ma anzi la indebolisce.  Almeno questo dovrebbe essere chiaro. Quanto alla formazione dello Stato Palestinese, solo una Commissione di saggi, nominata e garantita dall’ONU, potrà essere in grado, per autorevolezza e prestigio, di superare tutti gli ostacoli creati e che si frappongono notevolmente all’erezione del nuovo Stato.
Ripartire dunque dalle risoluzioni del 1967 e del 1973. E soprattutto ripartire da Oslo. Se c’è la volontà  politica internazionale, non potrà rimanere solo utopia.

 

Sebastiano Catalano
                                     Giovanna Fortunato 

 

 

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