La Chiesa in campo / La scuola “bene di tutti”, il 10 maggio sarà una festa di popolo

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Un bene di tutti da rilanciare con il contributo di tutti, per cui “come credenti e come cittadini non possiamo disinteressarcene”, ma anzi in qualche 060306-104modo prendere l’iniziativa, un’iniziativa aperta a tutti. Le parole dei vescovi: “Non faremo rivendicazioni di nessun genere. Non chiediamo nulla. Andiamo in piazza per ascoltare ciò che il Papa ha da dirci”

In tempi di crisi bisogna investire. Di più: l’Italia deve ritornare a investire. Anche per fuggire il pericolo, sempre ricorrente, di fermarsi a contemplare le proprie divisioni e i troppi piccoli interessi in conflitto. E così decadere.

Ma l’investimento deve essere trasversale, cioè deve servire a tutti. Fenomeni di larghissima portata, globalizzati, accentuano il divaricarsi delle divisioni sociali, per cui “si distanziano non soltanto i redditi, ma due parti della società”. Due parti molto diseguali, per consistenza numerica e per consistenza patrimoniale. Dove pochi hanno sempre di più e molti sempre di meno.

È un cambiamento rapidissimo che disorienta e lascia un senso di impotenza. Per questo bisogna investire. Ecco allora la scuola – e più ampiamente l’educazione – come luogo strategico.

È il senso dell’iniziativa “La Chiesa per la scuola”, il prossimo 10 maggio, in piazza San Pietro, con Papa Francesco. Sarà, si legge nell’invito lanciato durante il consiglio permanente della Cei, il giorno di San Tommaso d’Aquino, “un’occasione privilegiata di mobilitazione popolare nella forma di una festa insieme. Essa manifesterà a tutti, una volta di più, l’interesse e l’azione della Chiesa per il mondo della scuola, che da Roma ripartirà con rinnovate motivazioni ed energie. La scuola, infatti, è un bene di tutti”.

Appunto: un bene di tutti da rilanciare con il contributo di tutti, per cui “come credenti e come cittadini non possiamo disinteressarcene”, ma anzi in qualche modo prendere l’iniziativa, un’iniziativa aperta.

Certo il campo è immenso. Ha detto il segretario generale della Cei, presentando i lavori del consiglio permanente: “la scuola deve imparare a recuperare il suo ruolo fondamentale, che non è quello di chi dà risposte, ma di chi mette in mano agli studenti gli strumenti critici per stare in maniera consapevole in questo mondo”. “Quando, invece, la scuola si limita a dare risposte a buon mercato, allora scatta la visione ideologica”, ha ammonito.

C’è insomma molto da fare e questo è il senso della convocazione intorno al Papa, semplicemente per ascoltare la sua parola. Che è capace di esprimersi, come abbiamo potuto vedere, a tutto campo e per tutti.

Partiamo dalla realtà di un sistema di scuola pubblica che è sia statale che non statale e dalla consapevolezza di una situazione di crisi, sui cui riflettere senza pregiudizi e senza indulgere alle mode e alle ideologie. “La crisi della scuola non dipende da fattori soltanto economici. È una crisi più profonda che chiama in causa la responsabilità di ogni cittadino che si sente convocato e obbligato a contribuire al bene comune, tanto più urgente quanto meno avvertito”, si legge nella lettera di convocazione.

Bisogna dunque entrare in questa linea dell’investimento. Senza steccati. Monsignor Nunzio Galantino ha ribadito che “non faremo rivendicazioni di nessun genere. Non chiediamo nulla. Andiamo in piazza per ascoltare ciò che il Papa ha da dirci”.

Per muoversi, tutti, con rinnovata lena.

Francesco Bonini

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