Niente funerali ecclesiastici per i mafiosi. Il contributo del vescovo Raspanti per sensibilizzare e scuotere le coscienze

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(22-6-2013) Chiesa e istituzioni civili unite per promuovere un’autentica cultura della legalità: è lo scopo della conversazione pubblica che si terrà oggi alle CONVER~118:30 nella chiesa di San Rocco ad Acireale. L’incontro prende spunto dal volume “Cultura della legalità e società multireligiosa” (Il pozzo di Giacobbe), curato dal vescovo della diocesi monsignor Antonino Raspanti. Il libro, già presentato al salone internazionale di Torino, raccoglie gli atti della tappa palermitana del “Cortile dei Gentili”, soffermandosi su temi quali il diritto divino e la giustizia umana, la libertà, la legalità e i diritti umani, il pluralismo e le religioni. Alla discussione pubblica interverranno, oltre al vescovo Raspanti, il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, il procuratore della Repubblica di Catania Giovanni Salvi e il direttore del Cortile dei Gentili Laurent Mazas. “Si metteranno in evidenza – spiegano gli organizzatori – affinità e divergenze di fenomeni solo apparentemente considerati simili, come quello del pentitismo mafioso e religioso”. Ci si chiederà “in che senso il pentito di mafia, riconosciuto come tale nelle aule giudiziarie, lo è anche per la Chiesa, e viceversa”, cercando di capire “in che rapporto si collocano tra loro la giustizia umana e quella divina”.

Mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale
Mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale

Nel corso dell’incontro, organizzato dal Pontificio Consiglio della cultura e dall’associazione Sant’Anselmo, il vescovo della diocesi di Acireale promulgherà un decreto di privazione delle esequie ecclesiastiche per i condannati per reati di mafia in via definitiva. “Sulla scia della beatificazione di padre Puglisi e dell’invito rivolto dagli ultimi pontefici – sottolinea mons. Raspanti – mi è sembrato opportuno concretizzare, in un piccolo territorio come quello della diocesi, un gesto dall’alto valore simbolico”. Il segnale ai fedeli è chiaro: “Essere cristiani e legarsi alle associazioni mafiose è incompatibile”. Il decreto, che “mira ad aumentare la sensibilità sul tema e a scuotere le coscienze”, prevede due condizioni: “che sia stata emessa una sentenza in via definitiva per reati di mafia e che non ci siano stati segni di pentimento in vita”. Il provvedimento si inserisce fra le iniziative prese dall’episcopato siculo per condannare atteggiamenti e strutture mafiose, mentre ancora riecheggia l’appello lanciato da Giovanni Paolo II il 9 maggio del 1993 nella Valle dei Templi di Agrigento: “La fede esige una chiara riprovazione della cultura della mafia, che è una cultura di morte, profondamente disumana, antievangelica, nemica della dignità della persona e della convivenza civile”.

(Fonte: SIR)

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