Singapore / Il vertice tra Usa e Corea del Nord tra le attese e le speranze del mondo

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Kim Jong-un e Donald Trump

Il giorno prima del vertice di Singapore. Esaurite dunque le ultime formalità della diplomazia e composta anche l’improvvisa emersione di qualche inevitabile incomprensione dell’ultima ora, fatto comprensibile, dopo la lunga Guerra Fredda tra i due Paesi, durata ben 65 anni, tutto è pronto a Singapore per lo storico incontro tra i due Capi di Stato, Donald Trump per gli Stati Uniti e Kim Jong-un per la Corea del Nord.
Possiamo credere davvero al miracolo “diplomatico”, dopo l’arcigna “esibizione dei muscoli” di entrambi i Paesi, il teatrale e forse anche un po’ provocatorio episodio delle prove missilistiche di Pyongyang ed il contemporaneo posizionamento della flotta statunitense del Pacifico, come iniziativa di risposta di Washington con devoluzione della controversia all’O.N.U. per proporre sanzioni all’indirizzo dello Stato asiatico? Certo la tensione verbale sussistente tra i due Paesi, alcune roboanti dichiarazioni avevano incanalato una sorta di inappropriato dibattito, ma soprattutto le conseguenti, serpeggianti preoccupazioni delle diverse Cancellerie dell’Estremo Oriente ed il proposto ruolo di mediazione della Cina – in ottimi rapporti diplomatici  con entrambi i due Paesi disputanti – hanno fatto sì che la controversia potesse approdare alla fine al Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. comunque priva di buona parte di quella vis alimento di rivalità ed antagonismi . Le Cancellerie che, al momento più opportuno si sono mosse per fare da “cuscinetto” tra i due paesi restano gli organi detentori del merito di avere reso possibile questo passo verso la Pace – .

Kim Jong-un e Donald Trump

D’altro canto, la mera, semplice esposizione della forza militare, al solo scopo dimostrativo e soprattutto dissuasivo, rientra tutto sommato nel ragionevole approccio verso una qualche disponibilità alla soluzione politica. Altra cosa sarebbe  invece  l’esibizione di forza “muscolare” accompagnata anche da quelle rigide  fierezza e chiusura a soluzioni politiche, a cui abbiamo assistito in altre occasioni. Gli Stati Uniti hanno già dimostrato di sapere  ben fondere, riunire e collegare insieme le due forze, quella militare e la diplomatica, per esempio nel 1961, durante la crisi del Laos.  In quella occasione   – John Kennedy era alla Casa Bianca – fu proprio il modo in cui si disposero la Marina Militare americana ed i Marines, pronti all’intervento nel Mar cinese meridionale, a  dirigere con sollecitudine la contesa di quel tempo verso l’accordo, trovato a Ginevra, accordo che produsse infatti il Laos indipendente, neutrale e pacificato, con soddisfazione degli Stati Uniti, dell’Unione Sovietica e della stessa Cina -. Si giungerà anche ora ad un accordo per una Corea neutrale e generalmente pacificata, come è nelle attese dell’opinione pubblica mondiale? Sussistono le premesse affinché si arrivi ad un traguardo tanto ambizioso – .
Il Presidente sudcoreano Moon Jae-in, cioè l’alleato forse più forte degli Stati Uniti nell’Estremo Oriente, insieme con il Giappone, le Filippine e l’Australia, è stato l’uomo che più di tutti si è impegnato perché questo processo di pace raggiungesse il Vertice di Singapore e tale fatto è estremamente significativo, soprattutto per due ordini di motivi. In primo luogo, la separazione delle due Coree è oggi veramente l’ anacronistica sopravvivenza di un epoca ormai tramontata; una divisione innaturale perché  dovuta esclusivamente a motivi politici ed ideologici. I popoli divisi in modo artificiale,prima o poi si riuniscono per legge naturale ed anche perché in politica le divisioni e le contrapposizioni non hanno mai una durata illimitata. In secondo luogo perché a questa innaturale separazione – dimostrata in tutta la sua evidenza dall’incontro tra i due Presidenti di entrambe le Coree si può aggiungere un altro elemento, tutto politico anche esso che ha fatto muovere gli eventi perché avvenisse questo Vertice: la forza dell’economia democratica di Seul, che ha potuto attrarre Pyongyang. La Corea del Nord colpita o comunque minacciata anche dalle sanzioni dell’O.N.U. si è trovata nella necessità di dover chiedere aiuto allo stato “fratello” da cui è stata separata non per motivi naturali. E Seul è apparsa subito pronta nell’intento di appianare le difficoltà economiche e politiche del regime di Pyongyang, proprio con questo atto quasi a voler dimostrare la superiore forza (politica e morale) delle forme di governo democratiche, rispetto ai regimi a partito unico. – Sembra di assistere alla caduta di nuovo di un muro, questa volta solo politico ed ideologico, ma idealmente presente in Estremo Oriente, come lo fu a Berlino-. Ed in quel caso – come possiamo ancora ricordare – fu proprio la forza economica della Germania Occidentale che attrasse a sé l’altra parte dello Stato tedesco, anche in quel caso innaturalmente diviso da confini ideologici dettati soprattutto più da stato di necessità, che da qualunque altra pur apprezzabile motivazione. È il valore morale che unisce, inevitabilmente in ogni caso, chi chiede il soccorso e chi dà il soccorso.
La forza di attrazione della democrazia è, ovunque nel Mondo, una formidabile ed inarrestabile energia che unisce i popoli e li aiuta a cooperare e collaborare in nome dei valori della pace e della solidarietà. Tutte queste premesse storiche sono certamente utili, per spiegare come si è potuto pervenire a questo storico incontro. Ma c’è anche di più.  Le due parti sono pronte per il meeting al più alto livello e per l’avvio di un negoziato e  tutto questo avviene anche in nome di un importante principio, ormai consolidato nelle relazioni internazionali. Esso richiede che siano presenti  i massimi protagonisti a dibattere le questioni fondamentali dei rapporti  che dividono  le loro nazioni. Tale principio – come si ricorderà – prese origine dal Presidente John Kennedy, perché fu proprio l’indimenticato Capo dell’Esecutivo statunitense che lo pose come importante veicolo della conduzione della politica estera americana e lo applicò proprio mentre realizzò quel quasi immediato faccia a faccia col Primo Ministro Khrushchew a Vienna nel giugno 1961. Il vertice gli fece formare argomenti e motivazioni che poi furono oggetto degli accordi maturati nei due anni successivi siglati da Washington e Mosca.

L’opinione pubblica mondiale attende quindi con prudente fiducia l’esito di questo incontro di Singapore, dal momento che il primo argomento in agenda è certamente le de-nuclearizzazione dell’intera penisola coreana.
Ma, con quale spirito si snoderà il negoziato ed a quali possibili risultati approderà? Già Papa Roncalli nell’Enciclica Mater et Magistra del 15 maggio 1961 aveva posto la riflessione sullo spirito di collaborazione che deve affermarsi sul piano mondiale in campo politico come in quello economico e che deve essere talmente diffuso da dover condurre necessariamente alla pace. Uno spirito legato quindi a sentimenti di giustizia e di carità, non più di prestigio o di potenza. Questo sembra in effetti essere stato  lo spirito che ha spinto forse alcuni attori o tutti gli attori dell’incontro di Singapore in vista di una collaborazione e di obiettivi comuni.
E, sempre Papa Giovanni, nella “Pacem in Terris”, non risparmiò l’incoraggiamento “a quanti sono investiti di responsabilità pubbliche….  a ricomporre i rapporti internazionali sulla mutua fiducia, sulla sincerità delle trattative, sulla fedeltà degli impegni assunti”: i Capi delle due Nazioni che sono convenuti a Singapore, hanno quindi allora già tracciato il sentiero su cui programmare il corso del negoziato, affinché esso dia i suoi frutti.

A quale degli accordi precedenti fare riferimento? La storia delle relazioni internazionali tra le super-potenze degli ultimi 50-55 anni ha fatto registrare diverse intese, sempre al fine di ottenere forme di riduzione bilanciate di armamenti. Nel 1963 il progetto della MLF prevedeva la creazione di zone smilitarizzate nella Europa centrale e l’accentramento di tutte le armi nucleari, in seno alla NATO. Sarà possibile erigere una qualche zona, nel settore del Pacifico e nell’ambito della SEATO, libera da armi nucleari, analoga a quella, almeno ideata, anche se non attuata, per la NATO nel 1963? Sarebbe veramente un obiettivo ambizioso da raggiungere, ma qualunque accordo tra i due Paesi che s’impegni a diminuire i materiali missilistici strategici sarà comunque positivo, come lo fu per esempio il Trattato START, del 30-31 Luglio 1991, al Vertice di Mosca, tra Bush e Gorbaciov. – La proposta intanto di non ingrandire ancor più – fermandolo alla posizione attuale – il consistente complesso degli arsenali presenti nelle due Coree, in attesa di definire più specifici e meticolosi accordi di smilitarizzazione, potrebbe essere solo un incoraggiante inizio.

                                                                                                          Sebastiano Catalano

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