Società / 50 anni fa l’assassinio di Martin Luther King segnò un brutale stop al processo di fratellanza e convivenza civile nel mondo

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Quei colpi di fucile che, nel tardo pomeriggio di quel lontano 4 aprile 1968 a Memphis, nel Tennessee, ferirono mortalmente il dottor Martin Luther King non costituirono in realtà soltanto un atto di violenza politica contro la persona del capo carismatico del movimento non violento per l’integrazione razziale negli Stati Uniti, un leader cioè dotato di eccezionali qualità morali, intellettuali e religiose, ma vollero allo stesso tempo essere anche un brutale, insensato e barbaro assassinio che sottrasse all’intera comunità civile il Pastore Battista, insigne e coraggioso e Premio Nobel per la Pace che, con profonda umiltà, spirito di servizio, mitezza e retta coscienza, aveva saputo indirizzare – facendone un esempio per la comunità intera dei popoli – la componente nera statunitense verso le ambite mete della tolleranza, della fratellanza umana, della civile convivenza e sempre, col pieno rispetto dei diritti di tutti.
Il modo poi in cui il Pastore integrazionista organizzò l’apostolato tra i discepoli della comunità nera americana per far accettare la lotta non violenta, ed in mezzo a mille difficoltà, ostacoli e pericoli di ogni genere, fece emergere, con esemplare chiarezza, l’intelligenza, la moderazione e l’onestà intellettuale del dottor King e mise anche in risalto la somma delle qualità positive del Pastore di Atlanta, qualità che i ricercatori e gli storici di oggi sono in grado di analizzare, in modo compiuto ed efficace, grazie anche alla rilevanza ed all’indubbio loro spessore.
Il dottor King si avviò poi a ripercorrere l’itinerario già in precedenza seguito per la sua attività di leader integrazionista ed abbracciò come fine la convergenza in un unico obiettivo verso un progetto di apertura a tutte le componenti etniche, presenti negli Stati Uniti, di nuovi orizzonti di comprensione e speranza e prendendo a cuore una azione civile che, all’interno degli Stati Uniti stessi, si rivelasse capace di debellare la povertà, la fame, il sottosviluppo e la guerra. Proprio mentre era intento a mettere a disposizione la sua persona per questo nuovo e nobilissimo traguardo, dai rilevanti contenuti religiosi e morali, rimase vittima dell’agguato mortale, spietato, malvagio e vile.
Sorge allora spontaneo l’interesse a rivisitare, attraverso la biografia, alcuni significativi episodi della formazione intellettuale del Pastore di Atlanta, affinché sia possibile, poi, cogliere le caratteristiche peculiari e specifiche che animarono la profonda fede religiosa ed il lungimirante impegno civile, cioè le due qualità che trasformarono Martin Luther King e lo inserirono tra gli uomini più rappresentativi della nostra epoca ed in particolare, tra quelli che seppero cogliere i segni dei tempi.
Nato il 15 Gennaio 1929 nella città di Atlanta in Georgia, località del profondo sud degli Stati Uniti, Martin Luther King proveniva da una famiglia nera borghese e benestante. Il padre, M. L. King sr., pure Pastore battista nella Ebenezer Baptist Church di Atlanta, Parrocchia trasmessa a lui dal suocero Alfred Daniel Williams, Pastore a sua volta, fu un leader del movimento per i diritti civili ed indubbiamente influenzò il figlio su questo aspetto della sua disponibilità verso gli altri, al punto che, alla fine, Martin Luther jr. scelse di abbracciare la stessa carriera ecclesiastica del genitore. La vivacità dell’oratoria colta, appassionata e trascinante, lo guidò nel corso del Ministero e ne illuminò costantemente ogni passo con i fondamenti di una cultura filosofica, religiosa e morale, molto estesa. Conseguite le lauree in teologia e filosofia, apprese dal nonno materno, il Pastore Williams appunto, che era stato a suo tempo uno dei fondatori della lega dei diritti civili, i metodi del boicottaggio non violento e della protesta ordinata. Il padre, a sua volta, era intervenuto con effetti costruttivi, nella contesa per la soluzione della controversia sull’applicazione della parità dei diritti tra gli insegnanti bianchi e quelli neri di Atlanta. Unitosi in matrimonio nel frattempo con Coretta Scott e completati gli studi, Martin integrò allora la sua cultura filosofica e morale e già formata su autori come Thoreau, Hegel, Kant, Marx e Sorel ed altri, con l’approfondimento dei metodi politici non violenti, propugnati da Gandhi. Il dottor King apprezzò ed approvò la dottrina del Mahatma al punto da farla divenire il fulcro su cui poter erigere la sua azione civile, con caratteri esclusivamente religiosi e morali. Il Vangelo di Gesù e l’insegnamento di dover “porgere all’offensore l’altra guancia” insieme con la stessa dottrina Gandhiana, fecero emergere a maturazione in Martin Luther King, il convincimento che non vi fosse altro necessario percorso se non quello di resistere all’impulso dell’odio verso l’aggressore, perché “la tua sofferenza aiuta in qualche modo l’altra persona a redimersi e tu ti purghi  dell’odio per questa persona. La catena dell’odio va spezzata e solo dopo che sarà stata spezzata potrà iniziare la fratellanza”.
Questo elevato ideale che fu la base della sua cultura ed ispirazione cristiana, sostenne il dottor King nel corso del suo apostolato e lo confortò in tutte le molte occasioni in cui singolarmente, ovvero insieme con la famiglia, fu fatto oggetto di atti di violenza che misero drammaticamente in pericolo la sua stessa vita e quella dei suoi familiari. Questa incrollabile fede lo accompagnò per tutto l’arco della sua pur breve esistenza. Accolse anche l’insegnamento di Papa Giovanni XXIII (“condannare sempre l’errore, mai l’errante”) con esemplari coerenza e coraggio, non ritirandosi mai né permettendo minimamente di rimanere paralizzato o bloccato dalla paura, dall’emozione o dalla tentazione di ritirarsi dal suo apostolato, pur di cercare di salvare la propria vita.
L’episodio dell’offesa e dell’arresto a Montgomery, in Alabama, di Rosa Parks, la quale nel “55, stava viaggiando su un mezzo pubblico di trasporto, ed aveva manifestato il chiaro rifiuto di cedere il proprio posto ad un altro utente dalla pelle bianca, costituì indubbiamente il fatto eclatante che convinse Martin Luther King ad intervenire a favore ed a sostegno di Rosa Parks ed iniziare così la verifica pratica della filosofia e della dottrina morale che costituivano da tempo l’oggetto dei suoi approfondimenti teorici. I suoi primi successi furono la decisione di un tribunale distrettuale a favore di Rosa Parks e la successiva conferma della sentenza stessa, ad opera della Corte Suprema di Washington. Era il 1956, e fu quello l’inizio del grande impegno anti-segregazionista del Pastore di Atlanta e l’inizio anche del sostegno istituzionale accordato dalla Casa Bianca di Ike Eisenhower, prima, e successivamente, da quella di John Kennedy. Il presidente Eisenhower inviò il 24 Settembre “57 le truppe federali a Little Rock, nell’Arkansas, e federalizzò anche la Guardia Nazionale dello Stato, per fare ammettere l’iscrizione di nove ragazzi negri nella segregata Scuola Centrale di Little Rock. Nel 1961, il leader integrazionista provò i sit-ins e gli scioperi, ed applicò in pieno la dottrina del Mahatma, in occasione dell’iniziativa a sostegno dell’integrazione nelle comunicazioni inter-statali. Quello fu un anno particolarmente importante per l’affermazione dell’attività del movimento non violento nero, mentre alla Casa Bianca il Presidente John Kennedy aveva già messo a punto il pieno sostegno politico a favore di Martin Luther King.
Nel 1963 avvennero poi i gravi scontri a Birmingham e Martin Luther King fu arrestato, mentre la polizia della città aggredì inermi dimostranti neri con cani-poliziotto ed idranti. Le foto di quei gravi disordini vennero diffuse in tutto il mondo; la Casa Bianca inviò subito le truppe federali in Alabama ed il mese successivo, a giugno del 1963, mentre il governatore Wallace cercava perfino d’impedire fisicamente l’ammissione di alcuni studenti neri all’Università di Tuscaloosa, scelse di predisporre allora alla fine il decreto che federalizzò una parte della Guardia Nazionale dell’Alabama, una volta esaurita ogni altra via od esplorazione diplomatica. In quel frangente, mentre si trovava in stato d’arresto e detenuto a Birmingham, il leader integrazionista elaborò il pensiero che fosse necessario essere estremisti per amore e per la causa della giustizia.
L’episodio delle violenze razziali a Birmingham costituì una svolta nella storia del movimento per i diritti civili e convinse l’Esecutivo della necessità che venisse accelerata la presentazione al Congresso del disegno di legge governativo sui diritti civili. Il Presidente Kennedy ed il Procuratore Generale Robert Kennedy furono risolutamente a fianco del Pastore battista e dichiararono formalmente la questione negra, la più importante questione morale per gli Stati Uniti. Il disegno di legge fu perciò approvato dal Parlamento statunitense nel luglio “64, quando John Kennedy non era più alla Casa Bianca, vittima dell’attentato di Dallas, dell’anno precedente, ma il mite apostolo della non violenza all’atto di ricevere ad ottobre di quell’anno stesso il Nobel per la Pace dall’Accademia di Svezia, fece il significativo ed assai deferente omaggio alla memoria dell’amatissimo Presidente affermando testualmente: “Debbo tutto al Presidente Kennedy”. Fu il momento più bello, più emozionante ed allo stesso tempo commovente della vita del leader integrazionista, che colse l’occasione per dedicare il Premio Nobel alla memoria dell’amico Presidente, forse per renderlo idealmente cointestatario della prestigiosa onorificenza ricevuta.
Martin Luther King fu un uomo profondamente ancorato alle tensioni ideali del suo tempo. Già Papa Giovanni XXIII nella Mater et Magistra aveva approfondito i problemi causati dallo sviluppo economico quando esso non fosse risultato pienamente corrispondente alle giuste aspettative sociali. Per esempio, la sfrenata spinta del liberismo economico, che poteva comprimere i diritti umani, il sottosviluppo di alcune zone del Globo, l’eccesso della spesa per la corsa agli armamenti, le conquiste del progresso ed il loro uso o carattere distruttivo. Lungo questo stesso percorso, morale e spirituale, si avviò il Pastore di Atlanta nel momento in cui, tra le pagine della sua opera letteraria “Forza di amare”, si soffermò sui “mezzi di cui viviamo (che) si sono lasciati indietro i fini per i quali viviamo”, oppure quando volle ricordare “le condizioni economiche che privano gli uomini di lavoro e di cibo, le follie del militarismo e gli effetti autodistruttivi della violenza fisica”. Ed a Papa Giovanni XXIII che, con riferimento al conformismo aveva meditato il 28/06/1961 “…occorrerà non lieve fatica a far cambiare mentalità, tendenze, pregiudizi di quanti hanno un passato dietro di sé…” sembrò far eco proprio il Pastore battista, quando tra gli argomenti della sua opera letteraria forse più importante, fece riferimento a S. Paolo, e riconobbe proprio che i cristiani “sono chiamati ad essere un popolo di convinzioni, non di conformità, di nobiltà morale, non di rispettabilità sociale”.
Tra il 1965 ed il 1968, Martin Luther King era riuscito ormai a coordinare attorno a sé ed al suo movimento non violento per i diritti civili una imponente, appassionata forza di bianchi e di neri, una moltitudine di fedeli pronta a seguirlo lungo ogni tema ed argomento proposti, finanche a coinvolgere, con decisione e puntiglio, la lotta alla povertà, all’interno degli Stati Uniti, e la lotta contro la guerra nel Vietnam.
La Costituzione Pastorale Gaudium et Spes – che risale a quel periodo – pose sotto i riflettori lo smisurato sviluppo economico che non era riuscito ad intervenire nel cuore profondo dello spirito e della natura umani, portando insieme col progresso e la libertà raggiunti quasi universalmente, quella netta vittoria sull’egoismo e sull’odio, sulla spietatezza ed inumanità di “nuove forme di schiavitù, sociale e psichica, delle sempre incombenti minacce di violenza e di guerra”.
Anche James Reston aveva puntualmente affermato all’indirizzo del proprio Paese che “mai come in quel periodo l’America ha avuto prosperità e povertà nello stesso tempo”, proprio mentre la guerra nel Vietnam stava costituendo sicuramente il più grave impedimento alla diffusione ed alla comprensione delle idee e degli ideali del grande Pastore battista. Come poteva egli parlare di non-violenza ai giovani mentre essi venivano coscritti e catapultati nel Vietnam e resi disponibili ad uccidere? Fu allora il momento in cui il grande apostolo della non-violenza venne preso di mira e sottoposto ad intensa attività intimidatoria, ed oggi è chiaramente dimostrato dal punto di vista storico, che il progetto del suo assassinio prese corpo in quel preciso periodo della vita del Leader integrazionista in cui, con coraggio e coerenza, egli aveva iniziato a criticare l’Amministrazione al potere tra il 1965 ed il 1968, contestando il rifiuto della lotta alla povertà, all’interno degli U.S.A. – lotta che era stata invece compresa tra le iniziative promosse dal Presidente Kennedy – e lo stesso imperversante conflitto in Asia – conflitto che invece non costituì affatto alcun programma della Nuova Frontiera.
E, con riferimento ai due temi sopra esposti, Martin Luther King aveva già predisposto al momento del mortale attentato, manifestazioni e marce non violente che avrebbero interessato le diverse componenti etniche degli Stati Uniti.

Sebastiano Catalano

 

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