Società / Innovare non basta, se non si fa squadra e non si inseriscono i giovani nella produzione

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C’è uno stretto legame tra realtà sociale e mondo locale della produzione anche al tempo dei flussi 268x187xImagoMundi_15336-268x187.jpg.pagespeed.ic.asekv1VsJNeconomici globalizzati. Le fatiche dell’Italia a riprendere il ritmo, adeguato ai tempi degli altri Paesi, dipende in gran parte dall’apporto dello sviluppo che nasce dal territorio.
In questo periodo anche le piccole e medie imprese mostrano segnali di ripresa e hanno iniziato a sostenere la competizione internazionale soprattutto per merito delle innovazioni tecnologiche che sono state applicate sia nel campo del sistema manifatturiero che in quello variegato del mondo agroalimentare, mentre rimane attardato il settore dei servizi che sembra distinguersi in due sottogruppi: uno legato alle realtà digitali, ai software informatici e alle attività scientifiche e professionali, che mostrano una crescita; l’altro sottogruppo legato al commercio e agli altri settori tradizionali che subiscono un calo. Lo segnala una ricerca del Censis: “Lo sviluppo dal basso guidato dai soggetti dell’economia reale”. Nel rapporto si evidenzia che la dimensione innovativa premia le realtà, perché da una parte porta a una migliore efficienza organizzativa, dall’altra facilita i rapporti tra imprese e utenti finali di prodotti o servizi.
Nel report si sottolineano anche le difficoltà di integrare le innovazioni e di rendere le realtà esistenti capaci di recepirle. In primo luogo si sottolinea la difficoltà di fare “squadra in Italia”: dove ci sono imprese che funzionano, ma non sempre reti organizzate e filiere logistiche in grado di essere moltiplicatrici di ricchezza per il territorio non si riesce a coinvolgere gli altri soggetti delle comunità nei processi di crescita. Questo, sottolinea il Censis, lo si nota in particolare nel confronto tra Nord e Sud del Paese: se nel periodo di crisi è aumentata la distanza tra le due macro regioni, il problema non è nella produttività tra occupati che è rimasta simile nel tempo, ma nel numero complessivo delle persone che partecipano ai processi produttivi. Questo significa, ribadisce l’ente di ricerca, che in Italia è la crescita della produzione a favorire la produttività e non viceversa, come raccontano le teorie economiche.
In secondo luogo si evidenzia la difficoltà di coinvolgere e di valorizzare i giovani nei processi produttivi. Il Censis sottolinea da una parte il calo degli under 30 titolari di imprese che nel 2015 sono circa 192mila il 14,8% in meno di quanti erano imprenditori nel 2010; diminuisce anche il tasso di occupazione tra i laureati tra i 30 e 34 anni, se nel 2005 era al 79,5% e nel 2015 arriva al 73,7%. Dall’altra parte si sottolinea il fenomeno della sottooccupazione: quattro giovani su dieci svolgono un lavoro per il quale è richiesto un titolo di studio più basso di quello posseduto.
Insomma, senza giovani e con un tessuto sociale frammentato, per le imprese l’arma dell’innovazione risulta un po’ spuntata.

Andrea Casavecchia

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