Storica visita / Più di una stretta di mano. Cuba avvolge Francesco, il Papa del disgelo

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A commentare in tv sono stati chiamati due sacerdoti e una religiosa, evento che la Chiesa cubana giudica “senza precedenti”. Anche il sito del quotidiano nazionale “Granma” segue “minuto per minuto”. In 200mila alla Messa. Allontanati alcuni dissidenti e alle “Damas de blanco”, mogli e madri dei detenuti politici, sembra sia stato impedito di avvicinare il Papa. Gli incontri con Fidel e Raul Castro

Dalle antiche palazzine “art decó” che cadono a pezzi, perché moltissimi “habaneros” non hanno i soldi perpapaCubaFidelCastrop ristrutturare “la vivienda”, alle zone più remote dell’isola caraibica più famosa al mondo, sta risuonando la voce di Papa Francesco trasmessa dalle tv e radio di Stato. A commentare la visita in tv sono stati chiamati due sacerdoti e una religiosa, evento che la Chiesa cubana giudica “un fatto senza precedenti”. Anche il sito del quotidiano nazionale “Granma” (dal nome della nave utilizzata nel 1952 da Fidel Castro e dagli 81 ribelli per compiere la rivoluzione) sta seguendo “minuto per minuto” la visita in corso fino al 22 settembre sul suolo cubano, perfino sui social network, segno di piccoli-grandi cambiamenti in atto. Nel più lungo viaggio di Papa Francesco, che lo porterà fino negli Stati Uniti, è in gioco il futuro delle relazioni tra Usa e Cuba, con la fase del disgelo già a buon punto grazie al suo intervento e una velata richiesta per una maggiore libertà nell’uso di “mezzi e spazi necessari” all’attività pastorale della Chiesa cubana. Anche qui i passi in avanti sono stati notevoli, e Papa Francesco ha lodato, appena atterrato, gli 80 anni di buone relazioni diplomatiche tra Cuba e Santa Sede. Come pure eccezionale è la costruzione, dopo 50 anni, all’Avana della prima chiesa autorizzata dal governo cubano, dedicata a San Giovanni Paolo II e la concessione di un maxi indulto a 3.522 detenuti politici in occasione della visita. Tanti i momenti importanti dei primi due giorni: l’incontro riservatissimo con l’89enne Fidel Castro nella sua casa-clinica e lo scambio di libri sulla religione, la messa a Plaza de la Revolucion, la visita di cortesia al presidente Raoul Castro, i vespri in cattedrale e l’incontro con i giovani al centro culturale “Felix Varela”. In questi due ultimi appuntamenti il Papa ha messo da parte il testo scritto e ha parlato completamente a braccio. Tanti i messaggi che il Papa ha lanciato al popolo cubano e al mondo: l’urgenza della pace e la salvaguardia dell’ambiente, l’appello per la riconciliazione in Colombia (Cuba ospita i colloqui di pace tra governo e rivoluzionari delle Farc), il monito a “non servire le ideologie ma le persone”, l’invito ad una Chiesa povera e misericordiosa, l’esortazione ai giovani a coltivare la speranza, il sogno di grandi ideali, l’amicizia sociale e la cultura dell’incontro.
Con Fidel Castro. Appena atterrato all’Avana, dopo l’abbraccio con i bambini e l’onore delle armi, Papa Francesco si è rivolto al presidente Raoul Castro, in carica da sette anni, chiedendogli di salutare il fratello Fidel. L’incontro è avvenuto dopo la messa, in presenza della moglie dell’anziano leader, dei figli e nipoti e del nunzio apostolico a Cuba, mons. Giorgio Lingua. Hanno parlato per 30-40 minuti della salvaguardia dell’ambiente e dei grandi problemi di oggi, in un clima familiare, informale. Poi si sono scambiati i doni: Papa Francesco si è ricordato che nel 2012, al termine dell’incontro con Benedetto XVI, Fidel aveva chiesto al Pontefice qualche libro da leggere. Così ha portato due libri dell’esperto di catechesi don Alessandro Pronzato, sull’umorismo nella vita spirituale e sui temi evangelici; un libro e due cd con le omelie di padre Armando Llorente, il gesuita che Castro aveva avuto come insegnante nel collegio di Belén, oltre all’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” e all’enciclica “Laudato si”. Castro ha invece regalato al Papa il libro di Frei Betto “Fidel y la Religión” con una dedica personale: “Per Papa Francesco in occasione della sua fraterna visita a Cuba, con ammirazione e rispetto dal popolo cubano”.
La messa in Plaza de la Revolucion e l’Angelus. Il manifesto alto 20 piani con l’immagine del Cristo della Misericordia accanto alle storiche gigantografie di Fidel e di Che Guevara saranno le immagini più ricordate della messa. Anche nei negozi dell’Avana i manifesti del Papa e degli autori della Revolucion sono spesso accostati, come pure le due bandiere vaticana e cubana. Oltre 200mila cubani – è il dato ufficiale dato in serata da padre Federico Lombardi – hanno partecipato alla celebrazione. Un popolo “che ama la festa, l’amicizia, le cose belle”, che “cammina, canta e loda” nonostante abbia delle “ferite, come ogni popolo”: così si è rivolto il Papa alle folle, presenti Raoul Castro e la presidente argentina Cristina Kirchner. Nell’omelia l’invito è stato chiaro: “Il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone”. “Chi non vive per servire, non serve per vivere”, ha scandito. “Dobbiamo guardarci dallo sguardo che giudica – ha detto – e incoraggiarci a credere nello sguardo che trasforma, al quale ci invita Gesù”, che non è “servilismo” ma sentire la prossimità del fratello “fino in alcuni casi a soffrirla”, e a cercare “la sua promozione”. Il cardinale Jaime Ortega Ortiz, arcivescovo dell’Avana, lo ha ringraziato “per aver favorito il processo di riapertura nelle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti”, augurandosi “che il suo richiamo alla pace si estenda non solo agli alti livelli politici, ma che arrivi ai popoli di entrambe le nazioni” per raggiungere anche “l’agognata riconciliazione tra tutti i cubani, quelli che vivono a Cuba e quelli lontano da Cuba”. A margine della celebrazione la polizia ha allontanato alcuni dissidenti che cercavano di distribuire volantini di protesta per il mancato incontro con il Pontefice. E sembra che anche alle “Damas de blanco”, mogli e madri dei detenuti politici, sia stato impedito di avvicinarlo. Infine, all’Angelus, l’appello per la pace in Colombia: “Non possiamo permetterci un altro fallimento in questo cammino di pace e riconciliazione”.
I vespri in cattedrale. Dopo l’incontro con Raoul nel Palazzo della Revolucion e lo scambio di doni (un mosaico vaticano e un Cristo morto del famoso artista cubano che aveva già donato al Vaticano una croce con i legni delle barche dei migranti), il Papa aveva appuntamento nella bella cattedrale barocca nell’Avana vecchia, costruita dai gesuiti. Qui si è commosso per la testimonianza di una giovane religiosa che lavora con disabili gravissimi e ha improvvisato, finalmente a suo agio e con grande humour. Come quando ha fatto l’esempio di una congregazione religiosa che mette i soldi da parte “ma Dio gli manda un economo disastroso che la rende povera: questa è una benedizione di Dio”, ha esclamato. “La Chiesa è povera, Dio la vuole povera”. Non cedere alle lamentele, non aver paura delle discussioni, essere sempre attenti agli ultimi, ma soprattutto non essere troppo duri nel confessionale, questi gli altri inviti del Papa: “Non stancatevi di perdonare – ha ribadito -. Pensate che quella persona potreste essere voi o che potreste cadere ancora più in basso”.
Con i giovani al centro “Varela”. È con i giovani, come spesso accade, che il Papa è stato più spontaneo e allegro. Nella piazza davanti al centro “Varela”, dopo aver ascoltato Leonardo, studente di storia, ha parlato seduto, chiedendo loro di sognare in grande, coltivare l’amicizia sociale, di essere uniti nonostante le differenze, credendo nella cultura dell’incontro. Con un riferimento amaro alla disoccupazione dei giovani in Europa: “Ci sono Paesi con il 40, il 47, il 50% di giovani sotto i 25 anni senza lavoro. Se un popolo non si preoccupa di dare lavoro ai giovani non ha futuro, e i giovani diventano parte della cultura dello scarto in questo impero del dio denaro”. Consapevole di rivolgersi anche a giovani atei o praticanti di altri riti – come l’umbanda e la santeria -, oltre alla consueta richiesta di pregare per lui ha aggiunto: “Se qualcuno di voi non è credente che almeno mi auguri cose buone”.
dall’inviata Sir a L’Avana, Patrizia Caiffa
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