Ai bordi della cronaca / Una notizia mancante… L’assenza delle bandiere arcobaleno di fronte a guerre, muri e indifferenze

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268x174x060508-005-268x174-jpg-pagespeed-ic-vwqmezqvgiC’è una notizia che, sfogliando i giornali e seguendo i video, non si trova più.
Non si trovano tracce, o se ne trovano solo alcune, di quel movimento pacifista che scendeva in piazza con le bandiere arcobaleno per gridare no alla guerra, no alle armi, no all’ingiustizia.
Quelle bandiere, a volte incomprese e a volte strumentalizzate, non sventolano come negli anni scorsi e sembrano entrate nei racconti di un libro fatto più di ricordi che di memoria.
Qualcuno potrà essere contento che questo movimento sia finito o che si esprima con modalità che non disturbano il sonno.
Certamente non tutto era condivisibile di quelle manifestazioni, non tutto era condivisibile di quei messaggi ma a nessuno sfuggiva il vigore con il quale si chiedeva la pace, si denunciava la violenza sull’uomo e la sua dignità.
Ora un silenzio, peraltro sconcertante, sembra regnare in Occidente sulle stragi in corso in Siria e in altri Paesi di quell’area e in altri dell’Africa.
Forse i social, con la loro voracità e la loro velocità, hanno contribuito alla scomparsa dalle piazze delle città delle bandiere arcobaleno e le hanno riportate nelle piazze virtuali?
Non sembra però essere questa la risposta visto la forza dei social per far scendere sulle piazze, dai nomi diventati famosi, migliaia e migliaia di persone per chiedere pace, giustizia e libertà.
Le bandiere ripiegate e riposte, tranne qualche caso, non rivelano allora qualcosa di più preoccupante?
Non dicono forse che del dissolversi dei movimenti pacifisti non si può essere contenti perché sempre più coincide con la dissolvenza di una opinione pubblica capace di farsi popolo in piazza per dire sì alla pace e no alla guerra?
La fine delle marce, dei sit-in e delle pagine di giornale comprate dagli intellettuali per dar voce alla denuncia della violenza e alla richiesta di pace non significa forse che si è spenta una scintilla nella coscienza dell’Occidente?
Non si tratta dunque di puntare oggi il dito contro i pacifisti assenti, magari dopo averli più o meno giustamente contestati ieri quando erano presenti, ma si tratta di capire se questa assenza non sia soprattutto un effetto della globalizzazione dell’indifferenza che ha colpito o rischia di colpire indistintamente tutti.
A ricordarlo è papa Francesco, una delle poche voci autorevoli nel mondo, che non si stanca di richiamare le responsabilità di chi potrebbe fermare le guerre e di chi sta alla finestra mentre muoiono decine di migliaia di innocenti.
Una voce, pur forte che sia, ha però sempre bisogno di essere accompagnata da una pressione forte dell’opinione pubblica, anche cristiana, per essere efficace.
A sua volta una pressione su questi temi ha bisogno di avere contenuti credibili ed ecco che ritorna il tema dell’educazione alla pace che non può fare a meno di testimoni di pace.
Tra questi Shimon Perez, Nobel per la pace, “ultimo grande uomo di Israele” morto lo scorso 27 settembre e di cui Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale palestinese, presente ai funerali, ha detto: “Ha fatto sforzi continui per raggiungere la pace”.
Un uomo che ha camminato sul “sentiero di Isaia” anche quando il muro tra Israele e Palestina non lasciava spazio ad alcun spiraglio di dialogo.
Oggi di fronte alla tragedia che, ad esempio, si sta consumando ad Aleppo, l’assenza di questi testimoni è tra le cause del ripiegamento delle bandiere arcobaleno che non potevano e non possono vivere di slogan, ideologia e utopia.
È soprattutto l’Occidente, in particolare l’Europa, ad essere chiamato in causa perché il suo silenzio è il segnale di un’educazione assente o debole alla tutela e alla promozione dei diritti umani.
E senza questo impegno culturale ed educativo non c’è bandiera arcobaleno che tenga ma neppure c’è alcuna giustificazione al torpore della coscienza.

Paolo Bustaffa

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