Vangelo dell’accoglienza / Con Francesco e i migranti

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Vangelo accoglienza

“Ero forestiero e mi avete accolto”. Le parole di Gesù che il Vangelo nei secoli ha riproposto, risuonano oggi in tutta la loro forza. E a nulla valgono le polemiche degli uomini dinanzi alla nuda verità del Vangelo. A questo insegnamento si ispira Papa Francesco e quanti con lui chiedono accoglienza per i forestieri di oggi che premono alle porte di un Occidente spaventato. In fuga dalle guerre, dalle violenze, dalla povertà e da un presente senza futuro, uomini, donne e bambini stanno attraversando il Mediterraneo nella speranza di cominciare una nuova vita. È un moto inarrestabile della Storia dinanzi al quale l’Europa si è trovata impreparata. Non solo l’Europa politica, ma anche quella dei cittadini. Da qui paure, diffidenze, speculazioni, incomprensioni, se non addirittura la tentazione di innalzare nuovi Muri.
Dinanzi a tutto questo svolgersi della cronaca, spesso drammatica con la sua conta di morti, la voce del Papa si è levata a proporre il Vangelo dell’accoglienza. E con lui, senza tentennamenti, la Chiesa italiana. Tanti vescovi (con le loro comunità) hanno già testimoniato con i fatti la loro adesione a questa richiesta e tanti altri hanno operato nel silenzio. In uno stile di Chiesa che non ha bisogno di contabilizzare la carità, ma non ha neppure il dovere di giustificarsi agli occhi di chi considera i migranti un problema di ordine pubblico. Difficile non reagire dinanzi a chi chiede agli altri, con la propria pancia sazia, di dimostrare di aver fatto prima di pronunciare parole di accoglienza. L’onere della prova è a carico di chi accusa. E forse una semplice ricognizione senza pregiudizi, farebbe emergere con facilità quanto le comunità cristiane, in ogni angolo del Paese, con i loro vescovi e con le loro Caritas stanno facendo (senza clamori) per offrire un futuro a migliaia di uomini, donne e bambini provati dalla vita.
Poi c’è la politica. Quella alta e quella bassa, quella che progetta il futuro e quella che si barcamena nel presente, quella che sa guardare lontano e quella che non solleva il suo sguardo dall’asfalto, quella che sa accogliere le parole di un vescovo come uno stimolo a migliorarsi e quella che subito si indigna per l’invasione di campo. Noi non sappiamo se invocare l’accoglienza per il forestiero sia “politica”, di sicuro sappiamo che è Vangelo. Perciò stiamo con Francesco e con i migranti. Con i nostri vescovi e con le nostre comunità. Anche a costo di qualche incomprensione e di qualche alzata di sopracciglio.
Nella lunga estate torrida e turbolenta del 2015.

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