Violenza sulle donne / La “Dichiarazione di Dublino” per promuovere la parità di genere

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CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Una delegazione del ministero della Giustizia ha partecipato alla ministeriale giustizia del Consiglio d’Europa tenutasi a Dublino, il 29 e 30 settembre 2022, nell’ambito del semestre di presidenza irlandese. All’incontro dal titolo “No Safe Haven. Integrated prevention measures to end domestic, sexual & gender-based violence”, 38 Stati membri hanno appoggiato la “Dichiarazione di Dublino”. Con questa, si impegnano ad adottare una serie di misure volte a promuovere la parità di genere contro la violenza sulle donne, in modo da prevenire la violenza sessuale e di genere.

Violenza sulle donne / Il Consiglio D’Europa adotta “La Dichiarazione di Dublino”

Ispirandosi alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla violenza contro le donne, la dichiarazione impegna a diverse azioni. In primis promuovere attivamente, al più alto livello, una cultura istituzionale e politica che rifiuti la discriminazione e la violenza di genere. Ma anche il sessismo, gli stereotipi di genere e le dinamiche di potere di genere nel settore pubblico e privato per adottare misure per includere nel curriculum ufficiale. Impegna a una verifica di tutti i livelli di istruzione e del materiale didattico su questioni come il principio di uguaglianza tra donne e uomini. Auspica ruoli di genere non stereotipati e richiede la risoluzione non violenta dei conflitti nelle relazioni interpersonali e il diritto all’integrità personale.

Violenza sulle donne nel mondo 

Nel mondo, oggi, l’ispirazione per la lotta contro la violenza sulle donne e per la loro liberazione è diffusa e ingente in tutto il mondo. In prima fila vi sono nomi come quelli di Masih Alinejad e dell’instancabile attivista autrice del libro Il vento fra i capelli, di Maryam Namazie, che dal 2014 anima la Secular Conference. E’ lei ad avere ispirato le potenti manifestazioni a Londra in appoggio alla lotta delle sorelle iraniane. E come dimenticare la giovane afgana Malala e la tragica esperienza di tante donne curde. Tutte accumunate dall’esperienza di vivere, o aver vissuto, in un regime teocratico e totalitario.

Le democrazie possono dirsi tali solo se nel loro dna hanno ben saldi i diritti delle donne come diritti universali e la laicità delle istituzioni. Dopo l’assassinio di Mahsa Amini, la giovane di origine curda il cui nome è ormai diventato un hashtag planetario, è stata uccisa dalla polizia durante le manifestazioni di piazza del martoriato paese Hadis Najafi, 20 anni, abbattuta con sei colpi di arma da fuoco. Hadis resterà per sempre nella memoria collettiva come quella ragazza che si lega i capelli biondi in una coda e si incammina verso la protesta. Andando a morire perché desidera essere libera dal velo.

I flash mob giunti fino in Italia

Dopo Mahsa, sono state decine le vittime in Iran provocate dalla repressione armata. Una violenza che fa rabbrividire e che è arrivata a ferire anche l’Italia, con l’arresto della trentenne romana Alessia Piperno. La solidarietà con il movimento, che dalle piazze di Teheran si è diffuso rapidamente a livello globale, è stata espressa in Italia la scorsa settimana a Bologna in piazza XX settembre. Con un messaggio semplice e forte allo stesso tempo: Donne, vita e libertà. In altre parole, le donne iraniane chiedono di essere libere di scegliere e rifiutano il controllo delle autorità sul proprio corpo. Quest’anno infatti la ministeriale giustizia di Dublino segue quella di Venezia organizzata nel dicembre 2021 dall’Italia e presieduta dalla Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che trattava come argomento la giustizia riparativa.

VIOLENZA SULLE DONNE La Dichiarazione di Dublino contro gli stereotipi di genere

La Giustizia riparativa a favore delle donne: sostegno e solidarietà

Il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa delle violenza subita (68,6%).
In particolare, per il 41,7% è stata la causa principale per interrompere la relazione.

Per il 26,8% è stato un elemento importante della decisione. La giustizia riparativa è la diffusione di una nuova cultura della giustizia. L’impegno che Marta Cartabia ha assunto per il futuro, parlando a Milano al Festival della missione nel 2021, è far conoscere di più le buone pratiche della giustizia riparativa. Resta da ricordare, infine, come le attuali proteste in Italia e nel mondo non siano certo contro l’Islam, ma abbiano una matrice antipatriarcale e riguardano la libertà di scelta e di autodeterminazione. Anche e soprattutto per scongiurare la strage di innocenti che sta già avvenendo.

Giuliana Aglio 

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