DDL Zan / Mario Draghi, Concordato e Stato laico

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Sul DDL Zan e i riferimenti al Concordato, anche il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, è intervenuto in replica al Senato. Mi sembra di grande valore e rispetto quanto egli abbia sottolineato: “questo è il momento del Parlamento, non del governo”. Ha posto la questione del comunicato della diplomazia vaticana sul ddl Zan nella normale dialettica diplomatica e normativa. Di fatto, senza entrare nel merito della questione, egli ha ribadito che l’Italia “è uno Stato laico, non confessionale”, rispettoso del diritto costituzionale e del diritto internazionale. E il Parlamento è il luogo privilegiato dove si è liberi di discutere e di confrontarsi.

DDL Zan / Draghi tra Concordato, laicità e Corte Costituzionale

Considerazioni all’apparenza ovvie, ma di grande spessore politico se integrate ad una citazione di una sentenza della Corte Costituzionale del 1989. Questa mette in evidenza come “la laicità non è indifferenza dello Stato rispetto alla religione, bensì tutela del pluralismo e delle diversità culturali”. Ritengo particolarmente rilevante quanto citato da Draghi. Di fatto, il Presidente del Consiglio risponde alla nota della segreteria dello stato Vaticano che palesava una potenziale violazione delle norme del Concordato rilevabile nel DDL Zan. Nel tentativo di porsi da “buon cittadino e da buon cristiano” e senza la pretesa di avere la verità o peggio di avere una chiara risposta. Comunque rispettosa delle varie sensibilità e della pluralità di pensiero che il nostro sistema democratico tutela a differenza dei regimi “autocratici”.

Cultura e confronto, per unire le generazioni

Partendo da un presupposto molto semplice che mi è sorto da quando sono diventato nonno, mi sento responsabile nei confronti dei figli dei miei figli di testimoniare e tutelare una memoria e una cultura che a sua volta mi è stata trasferita dai miei genitori, dai miei nonni. Per dirla con le parole di papa Francesco, ovviamente fatte le dovute differenze e con grande umiltà,  sento il bisogno di fare da “anello di unione tra le generazioni. Nel caso specifico, il ddl Zan integra quanto già sancito da due articoli del nostro codice penale rispettivamente il 604 bis e il 604 ter. Queste norme, di fatto, permettono di sanzionare penalmente quanti, come individui e/o come gruppi, fanno propaganda a idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico. Ovvero istigano a commettere o commettono atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Mario Draghi DDL Zan

Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti, gruppi o presta assistenza alla loro attività, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni. Si applica una pena maggiore, da due a sei anni, se la propaganda o l’istigazione e l’incitamento sono commessi e si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7, e 8 dello statuto della corte penale internazionale.

Le definizioni del ddl Zan

Ebbene, fatta questa precisazione, il ddl Zan è una proposta di legge approvata a maggioranza alla Camera e attualmente ferma in Senato. Intende colmare un vuoto legislativo apportando una specifica integrazione ai due articoli del codice penale, prima esplicitati. Allargando così i provvedimenti sanzionatori alla prevenzione e al contrasto delle discriminazioni correlati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere o sulla disabilità. All’articolo 1, si sofferma in modo particolare su alcune definizioni chiave. Vediamo quali:

Sessointeso come biologico o anagrafico.

Genereinteso come qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali.

Orientamento sessualeinteso come attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi.

Identità di genere – intesa come identificazione percepita e manifesta di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso.

Un articolo estremamente importante è il numero 4 che, a mio avviso, va opportunamente esplicitato e approfondito. Ai fini di tutelare al massimo la libertà di opinione degli individui, dei gruppi e delle comunità civili e religiose.

L’articolo 4, da esplicitare e approfondire, senza ingerenze

Questo articolo, nel testo attuale, sottolinea che “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Ebbene, questo è il vero nodo da “rimodulare”. Come sottolineato da autorevoli esponenti del mondo giuridico tra cui Giovanni Maria Flick, già ministro di grazia e giustizia nel governo Prodi e presidente della Corte costituzionale dal 14 novembre 2008 al 18 febbraio 2009). Il testo, così come è formulato dà adito ad un ampio spettro di interpretazioni e di relative valutazioni soggettive. Queste fanno sorgere il dubbio di potenziale rischio di riduzione della libertà di opinione personale e di gruppo. Una ragione in più pertanto per discuterne e dibatterne liberamente in Parlamento e senza ombre di ingerenze varie.

Carmelo Agostino Carmelo Agostino

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