Uganda / 345 donne ogni 100mila muoiono di parto. L’appello della candidata al Nobel Madudu: “Servono ostetriche”

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La testimonianza di Esther Madudu, ostetrica in un dispensario governativo in una zona rurale nel distretto di Katine. In Italia per sensibilizzare sul dramma della mortalità materno-infantile in Africa

Dall’Uganda che si prepara alla visita di Papa Francesco dal 27 al 29 novembre (prima andrà in Kenya e poi nella20151110_172630-268x201 Repubblica Centrafricana) è in Italia in questi giorni una testimone delle difficoltà che vivono le madri e i bambini in tutta l’Africa sub-sahariana, dove una donna su 40 rischia di morire in gravidanza o durante il parto, soprattutto nelle zone rurali più povere: è la regione del mondo con i più alti tassi di mortalità materno-infantile.Esther Madudu, 35 anni, lavora come ostetrica in un dispensario governativo in una zona rurale nel distretto di Katine. Candidata da Amref al Premio nobel per la pace, è oggi una delle testimonial, insieme alla cantante Fiorella Mannoia, della campagna “Mai più senza mamma”. La incontriamo a Roma, avvolta in un caldo giaccone nero che copre anche i colori dell’abito tradizionale africano. Nonostante le strane giornate romane quasi primaverili sente freddo, come spesso accade a chi è abituato a climi torridi. La sua missione è chiara: far conoscere le condizioni drammatiche in cui le donne africane, soprattutto nelle zone più isolate, sono costrette a partorire, spesso senza supporto di ostetriche, rischiando di morire. Chiede oggi di sostenere la cura della salute materno-infantile e la formazione di personale sanitario per aiutare le donne di tutta l’Africa.

In Uganda 345 donne su 100mila muoiono mentre danno la vita. 265 bambini ogni 100mila non ce la fanno a sopravvivere, a causa della mancanza di infrastrutture e di personale. Esther lo sa bene, dolorosamente. Lei stessa ha perso il suo bambino nel 2007, durante il parto, perché non c’erano ostetriche ad assisterla. Oggi ha due figli, di 11 e 6 anni e si occupa di altri tre orfani. Purtroppo ha poco tempo per seguirli perché è costretta a lavorare dall’alba fino a notte inoltrata, per salvare la vita di altre donne e bambini.

La salute materno-infantile. “Questo aspetto è la chiave per risolvere molti altri problemi – sottolinea -. Senza la madre nessuno di noi può stare al mondo. Esther si sveglia alle 5 del mattino, va al dispensario governativo e ogni giorno visita i bambini e le mamme, tiene pulita la sala parto per prevenire le infezioni, parla con le donne spiegando quali precauzioni adottare, effettua analisi, test Hiv, distribuisce la profilassi anti-Aids per prevenire la trasmissione del virus da madre a bambino. Incontra ogni giorno 45/50 donne, ogni mese ne assiste altrettante durante il parto. “L’ostetrica in Africa lavora ininterrottamente, perché siamo poche. Spesso non abbiamo il tempo di mangiare, a malapena riusciamo a bere una tazza di thè – racconta -. Nel nostro centro non c’è elettricità, i pannelli solari non funzionano, a volte usiamo la luce dei telefonini per assistere le partorienti. Oppure le candele”.

Le difficili sfide delle donne africane. “Le donne africane devono affrontare tante sfide – spiega -: la povertà e la mancanza di lavoro, il sostentamento della famiglia, l’educazione dei figli. L’accesso ai servizi sanitari è difficile nelle zone più isolate. Così spesso partoriscono nelle loro case rischiando la vita, oppure sono costrette a percorrere a piedi distanze lunghissime per raggiungere i servizi”. In Sud Sudan, ad esempio, il tasso di mortalità materna è il più alto di tutta l’Africa: 500 ogni 100mila donne. Fondamentale è dunque la presenza di ostetriche, come sta facendo Amref, che ha intenzione di formarne 50mila. Come pure i progetti per ristrutturare ed equipaggiare le strutture sanitarie. Amref collabora con il ministero della Sanità ugandese, seguendo i protocolli dell’Organizzazione mondiale della sanità.

L’attesa del Papa. Intanto l’Uganda, con almeno 15 milioni di fedeli e una Chiesa impegnata a dare il suo contributo con scuole, ospedali e programmi di promozione umana, sta aspettando Papa Francesco, preparandosi ad accoglierlo con canti e danze festose: “Mi piacerebbe che il Papa facesse qualche riferimento al problema della salute materno-infantile – confida -. E ci desse una mano a sostenere la formazione delle ostetriche e del personale sanitario”.

Patrizia Caiffa

 

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