L’importanza delle cure palliative per accompagnare il malato a fine vita

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cura della persona e fine vita

Sperimentando il senso del limite, la fragilità, la malattia, abbiamo bisogno di avere accanto chi ci guardi negli occhi, ci tenga la mano e si prenda cura di noi. E quando la malattia fosse inguaribile può essere però curabile.
Un incontro sul tema “Cura della persona e fine vita”, si è tenuto ad Acireale presso il salone dell’associazione Nuova Galatea. Ad organizzarlo l’associazione ospite,  Scienza e Vita, Ditelo sui tetti, e Alleanza cattolica. L’evento ha messo al centro l’informazione su questi argomenti troppo spesso presentati emotivamente e a senso unico.

Ha introdotto Alessandro Coco, che ha preannunciato per aprile un prossimo  convegno sulla carriera alias e la disforia di genere. Ferdinando Raffaele ha invece moderato e presentato i relatori: Antonello Leone, avvocato e presidente provinciale del Forum delle Associazioni Familiari e la dottoressa Ninni Decembrino, neonatologa e coordinatrice regionale di “Ditelo sui tetti”. Network, questo, di un centinaio di associazioni che da anni si battono per le cure palliative e la cura della persona.
Punti di vista giuridico e medico, in ideale continuità con un convegno dall’analogo tema tenutosi il 18 gennaio a Palermo. Incontro organizzato dalla Conferenza Episcopale siciliana, a cui era presente anche il nostro vescovo mons. Antonino Raspanti.incontro su fine vita

L’intervento di Ninni Decembrino

L’intervento di Ninni Decembrino prende avvio da un’analisi culturale. Viviamo in un’epoca in cui due modi differenti di vedere l’uomo si riflettono sull’agire medico e sulle scelte giuridiche. Si contrappongono due fronti, uno dei quali è visto come retrogrado, l’altro come progressista. Da una parte, l’idea dell’uomo creatura, che merita rispetto e dignità, trasmessaci dalla tradizione giuridica e cristiana e che si ritrova nella nostra Costituzione. Dall’altra, la nuova idea dell’uomo che deve perseguire il successo e vuole disporre del proprio corpo, decidendo quando vivere e quando morire.

In nome di questa volontà di autodeterminazione si parte da casi umani per creare battaglie legislative con valore emblematico, presentando nuovi eroi della libera scelta.
Non considerando le stesse leggi sui diritti e sulla dignità della persona già in vigore in Italia. Leggi che permettono a chi sta male di essere accompagnato al fine vita in modo degno e decoroso.
Per i sostenitori di eutanasia e suicidio assistito – le due cose non coincidono – chi non ha il corpo efficiente, indipendente, senza dolore, diventa un peso per sè stesso e per gli altri. Per chi invece vede la vita come dono, l’integrità fisica è bene indisponibile sia da parte del singolo che della società. Non posso vendere un mio organo, sfruttare la prostituzione o decidere di diventare schiavo di nessuno, e l’ingiustizia non è giustificata neanche quando richiesta dallo stesso uomo.

Il fine vita ha ricadute vaste. Anche economiche. Perché chi è assunto in carico dal sistema sanitario diventa per esso un onere. Ma potrebbe divenire un’opportunità di guadagno nel settore privato in un eventuale tariffario di scelta su come morire. Come successo più volte nei casi dei “viaggi di sola andata” all’estero.

Antonello Leone, Ninni Decembrini e Ferdinando Raffaele
Antonello Leone a sin. Ninni Decembrini e Ferdinando Raffaele

L’importanza delle cure palliative

Un bel modello di impegno civile è invece quello rappresentato da Cicely Saunders, infermiera, medico e filosofa britannica. La Saunders diede vita alla diffusione degli “hospice”, strutture nelle quali in piccoli appartamenti i malati terminali possono essere assistiti dai familiari e da personale sanitario altamente specializzato. In essi sono applicate le cure palliative e si assistono i malati portandoli a fine vita in modo confortevole e dignitoso. Dichiarava a chi era malato “Sei importante perché sei tu e noi faremo fino alla fine quello che è necessario per sostenerti”.

Si dovrebbe potenziare questa assistenza, insieme a quella domiciliare, invece di trovare soluzioni eutanasiche. Le cure palliative infatti possono essere somministrate a carico del Servizio sanitario a domicilio da personale sanitario altamente specializzato in collaborazione coi familiari o in alternativa presso gli hospice. Il sistema siciliano, ad esempio, è sottodimensionato, contando 12.000 interventi annui di cure palliative al posto degli almeno 50.000 che dovrebbe avere.

Uno degli hospice della nostra zona è quello situato presso il Garibaldi di Nesima, con 12 posti. Nell’isola sarebbero 11 gli hospice per un totale di 120 posti. In Sicilia l’unico hospice pediatrico si trova presso l’ospedale Garibaldi di Catania, con 5 posti letto per ospitare piccoli provenienti da tutta la regione. L’ assessorato regionale alla Salute aveva prospettato l’ipotesi di un hospice pediatrico a Palermo, con altri 5 posti letto: realizzazione di cui non si hanno notizie.

L’intervento di Antonello Leone

Segue l’intervento di Antonello Leone, che affronta il tema dal punto di vista giuridico. Si chiede perché si debba legiferare sull’eutanasia anziché investire nell’attenzione alla cura a fine vita. Nella nostra tradizione giuridica e nella nostra Costituzione infatti è centrale la dignità della persona umana e già nei primi articoli della nostra Carta fondamentale, come il 2, i diritti umani e la vita sono visti come inviolabili. Non esiste nel nostro ordinamento il diritto alla morte, semmai alla qualità della vita.

Le cure palliative sono entrate a far parte del sistema sanitario italiano con  la legge 38/2010, legge quadro tra le prime adottate in Europa che ha sancito il diritto a ciascuno alle cure palliative e alla terapia del dolore. Ad essa fa seguito la legge 219 del 2017, conosciuta come “legge sul testamento biologico”, che “tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona”, stabilendo che nessun trattamento sanitario può essere avviato senza il consenso informato della persona interessata.

Rendere legale l’eutanasia, come richiesto da Cappato e dall’associazione Coscioni, potrebbe far cadere il terreno sotto i piedi ai malati che si sentirebbero in dovere di ricorrervi quando invece nessuno dovrebbe essere lasciato solo di fronte alla sofferenza. La vita ha un grande valore e lo conserva in qualsiasi condizione, anche di precarietà e fragilità.

 

Maria Ortolani
Giuseppe Lagona

 

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