Tra le molte parole che circolano in tempi di guerra e tensione, colpisce l’articolo di Lorenzo Rosoli su Avvenire. Vi si introduce l’appello accorato di Papa Leone XIV per la pace in Medio Oriente e, come riporta Pira, per la necessità di costruire ponti dove oggi sorgono muri. In un mondo attraversato da gravi tensioni, soprattutto tra Iran e Israele, la voce del Papa propone una strada alternativa. Parla di responsabilità, dialogo e speranza. Da una prospettiva sociologica, ciò evidenzia il bisogno urgente di un’etica della relazione.
Papa Leone XIV ha lanciato il suo appello al termine dell’udienza giubilare in San Pietro. Le sue parole denunciano il peggioramento della crisi: “In questi giorni giungono notizie che destano molta preoccupazione… Desidero rinnovare un appello alla responsabilità e alla ragione”. Il Papa sottolinea che la pace deve essere costruita con dialogo e giustizia. Questo impegno non è astratto, ma concreto. “Nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro”, ha affermato, invitando i Paesi a promuovere riconciliazione e dignità.
Ireneo di Lione e la teologia delle relazioni
Durante la catechesi, Leone XIV ha ricordato Ireneo di Lione. La sua figura unisce Oriente e Occidente e simboleggia una speranza che collega i popoli.
Il Papa ha detto: “Sperare è collegare”. Un messaggio che supera la teologia, toccando le basi del vivere comune. Costruire ponti tra persone e culture diventa, così, un atto di fede ma anche una scelta politica e civile.
Il Pontefice ha criticato duramente le ideologie divisive. Ha affermato: “Gesù non è un muro che separa, ma una porta che unisce”.
Le ideologie, oggi come allora, rischiano di disumanizzare. Le parole possono uccidere, ma la carne – ciò che ci accomuna – ci ricorda che siamo tutti vulnerabili e legati alla stessa terra. “Ireneo ci insegna a non contrapporre, ma a collegare”, ha spiegato Papa Leone XIV.
Collegare è un atto intelligente, sociale e spirituale. Questa idea è centrale anche nelle scienze sociali. La coesione e l’interdipendenza sono essenziali per la resilienza delle comunità.
Pira, ponti invece che muri: una speranza attiva
Il messaggio del Papa, come riportato da Rosoli, è forte e attuale. La speranza non è passività. È un’azione resistente e costruttiva. Significa creare legami dove c’è isolamento. In un mondo segnato dalla paura, sperare è un atto rivoluzionario e sociale. L’espressione “sperare è collegare” ha un chiaro significato sociologico. Pira lo evidenzia bene. La società contemporanea è segnata da insicurezza e fratture. Individualismo, digitalizzazione esasperata e disuguaglianze minano i legami sociali. In questo contesto, la speranza è una risorsa per rigenerare senso, fiducia e cooperazione.
Essere “pellegrini di speranza” vuol dire ricostruire relazioni e capitale sociale.
Vuol dire scegliere di vedere nell’altro una possibilità, non una minaccia. È un cammino verso la comunione, contro l’isolamento che finge di proteggerci. La speranza, quindi, è anche una responsabilità culturale e civica. È la scelta consapevole di chi non accetta il muro, ma costruisce il ponte. L’articolo di Rosoli, nel riportare le parole di Papa Leone XIV, è un invito potente: riscoprire l’uomo come essere relazionale.
Un gesto che diventa cultura
Pira ci ricorda che la sociologia insegna: i legami sociali sono fondamentali. Quando vengono meno, la società si sgretola. Il Papa ci propone una visione alternativa: quella di una società che si rigenera con la connessione. La speranza diventa un motore sociale.
“Muoversi verso la comunione”, dice il Pontefice. È da lì che nasce ogni cambiamento.
Costruire ponti oggi è generare futuro. E se la speranza è condivisa, diventa cultura. Una cultura che può davvero cambiare il nostro modo di vivere insieme.
Francesco Pira, delegato del Rettore alla Comunicazione all’Università di Messina, dove insegna comunicazione e giornalismo ed è coordinatore didattico del master in social media.