Viaggio apostolico / Il Papa in Georgia. Mons. Pasotto: “Piccoli passi” che smuovono la storia

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Monsignor Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso, racconta i retroscena del viaggio di papa Francesco in Georgia. “Quando il Papa è partito, sono andato a salutare il Patriarca Elia II e gli ho chiesto se era stato contento della visita del Papa. E lui mi ha risposto, a fatica, ma mi ha detto: ‘Non contento. Contentissimo, contentissimo che sia stato qui. Adesso preghiamo l’uno per l’altro’”.

755x491xsfo92801-755x491-jpg-pagespeed-ic-qg9t3qz0ixI colloqui “a tu per tu” con il Papa in macchina, il rapporto con il Patriarca Elia II, la mancata partecipazione di una delegazione ortodossa alla messa nello stadio, e anche le proteste dei manifestanti ai bordi delle strade. Il viaggio di Papa Francesco in Georgia visto con gli occhi di chi lo ha vissuto nel dietro le quinte. A raccontarcelo è monsignor Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico dei cattolici latini del Caucaso.

Per la comunità cattolica, qual è stato il messaggio più forte che il Papa ha lasciato?
Più di uno. C’è il discorso sul ruolo della donna, il messaggio legato alla famiglia e poi allo stadio quando lui ci ha detto:

questa è la Chiesa che mi piace, una Chiesa che non è potente ma che sia capace di consolare.

E questo è un tratto che ci ha colpito molto perché va al di là di quello che siamo, della nostra presenza. Il Papa ci ha indicato una Chiesa che non si lascia cadere nel pessimismo ma che si spende e va verso gli altri, che non sta ferma. Non essere pessimisti: qualche volta corriamo questo rischio perché siamo pochi, siamo minoranza. Ma il Papa ci ha chiesto di essere una Chiesa che non si abitua al tran tran ma ha capacità di guardare il futuro.

I media hanno parlato di persone che hanno protestato contro la visita del Papa. Chi erano?
C’era un gruppo di persone, sempre lo stesso con gli stessi cartelli. Si sono messi all’aeroporto, davanti ai camilliani, agli assiro-caldei, alla cattedrale ortodossa. Le stesse persone che ripetevano le stesse cose: no all’espansionismo vaticano. No al proselitismo.

E il Papa se n’è accorto. Cosa ha detto?
Il Papa si è accorto delle nostre difficoltà. Io ero in macchina con lui quando ha visto i manifesti e diceva di non capire come sia possibile pensare queste cose. Lui ha sentito la nostra fatica, però diceva anche che dobbiamo andare incontro a tutti.

E così si è messo a benedirli. Loro guardavano con sorpresa che il Papa si metteva davanti a loro e li benediva.

Questo suo modo di fare mi ha dato il segno che il Papa ci stesse dicendo di fare tutti i passi possibili. Lui si è reso conto delle difficoltà nostre, ma ci ha detto che l’ecumenismo è fatto di piccoli passi: cercare i contatti e non fare battaglie. Ci ha detto chiaro: non dichiarate guerra.

Che cosa ci può dire del rapporto con il Patriarca Elia II?
Con il Patriarca ha avuto un bellissimo momento e me lo ha detto. Mi ha detto quanto sia buono il Patriarca. Il Papa lo ha sentito vicino. E posso dire che è stato ciò anche per il Patriarca. Quando il Papa è partito, sono andato a salutarlo e gli ho chiesto se era stato contento della visita del Papa. E lui mi ha risposto, a fatica, ma mi ha detto:

“Non contento. Contentissimo, contentissimo che sia stato qui. Adesso preghiamo l’uno per l’altro”.

Sa, queste sono le cose che a livello umano non danno alcun risultato, però credo che siano passi che daranno frutti in futuro.

I giornalisti hanno parlato molto della non presenza di una delegazione ortodossa allo stadio per la Messa. Lei ci è rimasto male?
Da una parte sì, sono rimasto deluso perché fino a tre giorni prima avevo avuto delle assicurazioni. Da una parte no, perché ero sorpreso che ci fosse una delegazione. Io consideravo la presenza di una delegazione come il passo ecumenico più importante di questi anni. Non c’è stata, ma ci sono stati tanti ortodossi che erano allo stadio. E mi è dispiaciuto un po’ che la stampa non lo abbia sottolineato. Noi sapevamo che lo stadio non poteva essere pieno. Era grandissimo per noi. Quando ce lo hanno proposto, io non volevo andare allo stadio ma poi abbiamo accettato. È stata una scommessa. Abbiamo diffuso 10mila biglietti sui 15mila a disposizione. Ed eravamo su quella cifra lì. Una bella presenza e molti erano ortodossi e ortodossi entusiasti di questa visita.

Come si ritrova oggi la comunità cattolica di Georgia?
Siamo pieni di gioia per questa cosa che ci è successa e non ne siamo degni. Ma ne siamo responsabili. Un dono anche per i messaggi che il Papa ci ha lasciato. Dobbiamo adesso rivederli, studiarli per non perdere nulla di quello che abbiamo ricevuto. Il Papa ha entusiasmato. L’immagine che ha dato è quella di essere un uomo sereno e libero. Che non ha dentro remore. Libero e sereno. Ed è questa l’impressione che ho avuto stando con lui.

M. Chiara Biagioni

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