Esteri / Zaki e Regeni misteri d’Egitto

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Egitto Zaki

Dopo l’omicidio Regeni, ritornano i misteri dolorosi d’Egitto con un nuovo capitolo della vicenda Patrick Zaki, rilasciato l’8 dicembre scorso. Erano passati 22 mesi dalla sua detenzione e, per adesso, sembra esserci un lieto fine. Zaki, studente egiziano dell’università di Bologna, lavorava come ricercatore presso un’ONG egiziana. Attivista politico, fu arrestato il 7 febbraio 2020 dalle autorità egiziane mentre rientrava da Bologna al Cairo. Per lui, il governo egiziano aveva emanato un mandato d’arresto, accusandolo di essere un terrorista, di aver sostenuto il rovesciamento del regime di al-Sisi (presidente egiziano) e aver quindi incitato proteste contro l’autorità pubblica.

Zaki e Regeni misteri d’Egitto: l’autoritarismo di al-Sisi

In Egitto la scomparsa di persone è la quotidianità, insieme all’attuale detenzione di circa 60.000 prigionieri politici, accusati di essere avversi al regime. Un sistema tentacolare di controllo dove al vertice di tutto vi è il Mukhabarat, il corpo di servizi segreti che risponde direttamente ad al-Sisi. La vicenda Zaki non è altro che l’ennesimo atto di persecuzione da parte di un governo autoritario verso un attivista civile. Dato che le autorità egiziane hanno arrestato Zaki al suo arrivo presso l’aeroporto del Cairo, viene curiosamente da chiedersi come sia stata possibile l’esistenza di un mandato d’arresto nei confronti di una persona che non era fisicamente presente nel territorio che ha emesso lo stesso mandato.

Zaki era monitorato durante la sua permanenza in Italia, un paese sovrano e con leggi diverse da quelle egiziane? Si può giudicare un ragazzo per “crimini” compiuti in un altro paese? Zaki potrebbe ancora rischiare il carcere, dato che ci sarà un processo nei suoi confronti nel febbraio 2022. Come riportano i colleghi dell’Espresso, “la giustizia egiziana lo ha scarcerato ma non lo ha assolto. Perché il regime vuole ricordarci che può cancellare la punizione e lasciare la colpa”.

L’omicidio di Giulio RegeniRegeni Egitto

Giulio Regeni scomparve invece improvvisamente al Cairo il 25 gennaio 2016, essendo sorvegliato da tempo dal governo egiziano. Era nota alle autorità egiziane la sua simpatia verso i sindacati locali. Soltanto dopo diversi giorni dalla sua scomparsa, si scoprì che fu trattenuto sotto sequestro dalla sicurezza nazionale egiziana, sottoposto a torture e brutalmente ucciso. Scopo delle torture sarebbe stato far confessare a Regeni di essere una spia al servizio degli inglesi. La storia della sua uccisione è ricca di messe in scena e depistaggi da parte del governo egiziano, per chiudere al più presto il caso nell’indifferenza. Al-Sisi fece subito sapere che si trattò soltanto di uno “spiacevole inconveniente”.

A queste vuote parole furono accompagnati incontri inconcludenti tra le squadre investigative italiane e quelle egiziane, che cercarono addirittura di trovare un capro espiatorio da “consegnare alla giustizia”, mettendo in scena una rissa che sarebbe finita male. La verità è che Regeni era un semplice dottorando con una borsa di studio che, per gravi colpe altrui, si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Il governo italiano ritirò fino al 2017 il proprio ambasciatore dal Cairo, tipico gesto compiuto in segno di dimostranza. Tuttavia, dopo qualche mese, Roma riallacciò i contatti con gli egiziani, senza però ottenere progressi sulla vicenda Regeni.

Zaki e Regeni misteri d’Egitto: l’ambiguità dei rapporti con Il Cairo

Armamenti, petrolio e gas naturale non guardano in faccia alla morale e, spesso, neanche al minimo rispetto umano. Per la stessa NATO, l’Egitto è sempre stato un paese amico e con cui fare affari. Eppure, l’omicidio di Regeni è stato una vera e propria estorsione compiuta dall’Egitto ai danni dell’Italia, incapace di reagire a dovere. I profitti in gioco erano evidentemente troppi per interrompere bruscamente i rapporti economici, tra cui i contratti petroliferi dell’Eni con il governo egiziano. Questi fattori hanno spinto la politica italiana a trattenersi dall’esprimere il proprio dissenso verso il Cairo. Il caso Regeni ha posto sotto i riflettori tutto il perbenismo e l’ipocrisia della nostra classe politica di fronte ai propri interessi. Nonostante le continue richieste di verità, quanto è disposto a perdere il nostro Stato per difendere i principi di libertà che gli sono così tanto cari?

Zaki EgittoTutti i governi che si sono susseguiti dalla scomparsa di Regeni si sono impegnati a chiedere giustizia, ma non a rompere i rapporti con l’Egitto. Come sempre, a subire le conseguenze di tutto ciò sono i cittadini. Quello di Zaki è poi un altro capitolo della tormentata storia delle relazioni tra Italia ed Egitto. Per adesso, grazie alla parziale libertà concessa dal governo egiziano a Zaki, sembrerebbe essere scongiurato il peggio. Con un paese poco curante del rispetto dei diritti umani come l’Egitto, la sorpresa potrebbe però essere sempre dietro l’angolo. In questo caso, fortunatamente, gli sforzi diplomatici da parte del presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro degli esteri Luigi Di Maio sembrano essere stati proficui.

Michele Garro

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