“True crime”/ Quando la cronaca diventa intrattenimento online

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true crime scene nastro

“True crime” è l’espressione utilizzata per indicare i contenuti online che hanno trasformato la cronaca nera in prodotti per l’intrattenimento. Se fino a qualche anno fa le storie di crimini erano qualcosa di cui sentivamo parlare solo in tv al telegiornale, oggi milioni sono le visualizzazioni di podcast e video che si occupano di questi contenuti.

True crime / Dall’informazione all’infotainment online

Risalgono al 1800 i primi phamplet che si occupavano di storie di cronaca e crimini reali, storie che in questo modo raggiungevano il grande pubblico. Se dovessimo descrivere quello che fanno i contenuti online dedicati al true crime in una parola, quella sarebbe “infotainment”. Il neologismo è nato per descrivere contenuti che mirano ad informare lo spettatore intrattenendolo. Quello che fanno molti di questi contenuti, infatti, è trasformare questi eventi in dei racconti in cui si descrivono in maniera dettagliata gli eventi e si analizzano le motivazioni dietro a tali efferatezze. Tutto questo, in alcuni casi, viene accompagnato da riflessioni da parte di chi crea questi contenuti.

True crime / Tutti pazzi per la cronaca 

true crime podcast

Se andiamo a guardare le classifiche podcast di Spotify troveremo già alla seconda posizione il podcast di “Elisa true crime” seguito, qualche posizione dopo, da “Demoni urbani” di Francesco Migliaccio (nella foto). I numeri parlano chiaro, ma perché siamo così interessati a queste storie? Freud diceva che tutti noi siamo provvisti di un Io dal quale provengono tutti i nostri impulsi primari, compresa la violenza, e un Super io che serve a limitare questi impulsi. Ovviamente questo non significa che siamo tutti dei potenziali criminali ma ci fa riflettere sul perché siamo attratti da storie di violenza. Che sia esso un modo per poter soddisfare quegli istinti primordiali?

Possiamo, inoltre, evincere dai dati di ascolto che la maggioranza del pubblico di true crime è formato da donne. Secondo uno studio fatto dall’Università dell’Illinois nel 2010, infatti, le donne sono appassionate di true crime perché da esse possono trarre informazioni da utilizzare in situazioni di pericolo. Le vittime di queste storie sono per lo più donne in cui le spettatrici si immedesimano. Questo spiega il senso di pericolo maggiore percepito dalle donne rispetto agli uomini.

“True crime”/ Quando la cronaca diventa intrattenimento online: per amore dello share

Molto spesso queste serie tv analizzano in maniera dettagliata le vite dei criminali arrivando a desensibilizzare gli utenti. Si tratta del cosiddetto “effetto CSI” che porta a una manipolazione delle aspettative del pubblico in materia di giustizia. Un altro dei rischi è la vittimizzazione dei carnefici in virtù del loro passato difficile, basta fare un giro sul web per notare le numerose fanpage dedicate a questi. In molti casi, inoltre, ci si concentra sugli eventi più cruenti delle vicende avviando una vera e propria spettacolarizzazione del dolore. Tutto questo, ovviamente, con l’obiettivo di ottenere sempre più visibilità.

Qual è il limite?

“Non capisco come possano usare i nostri nomi”, dice Shirley Hughes al “The Guardian”. La madre di una delle vittime, nell’intervista, si schiera contro Netflix per la pubblicazione della serie tv dedicata al serial killer Jeffrey Dahmer. A seguito di queste parole sul web si è aperto un dibattito riguardo la correttezza di questi prodotti dal punto di vista etico e morale. Trasformare storie reali di persone reali in semplici prodotti di intrattenimento è un rischio molto elevato.

Milioni sono gli utenti di twitter che si sono schierati contro il colosso dello streaming per il poco rispetto mostrato nei confronti dei genitori delle vittime. In molti, inoltre, accusano la piattaforma di aver romanticizzato la vicenda. Bisogna quindi abolire questo genere di prodotti? Qual è il confine tra cronaca e sfruttamento del dolore altrui? È questo quello che ci si chiede online, ed è proprio questa seconda domanda quella che, secondo il web, dovrebbe farsi chiunque si occupi di creare questo genere di contenuti.

                                                                                               Francesco Guglielmino      

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